«la Finanziaria non toccherà le pensioni»

«la Finanziaria non toccherà le pensioni» Anche i sindacati sono contrari a nuove revisioni, ma Cazzola (ex Cgil) plaude al leader del Ppi «la Finanziaria non toccherà le pensioni» Veltroni boccia Marini; il Polo sta con ipopolari Niente riforma-pensioni nella prossima Finanziaria. E' Walter Veltroni, vicepresidente del Consiglio nel governo Prodi, a bocciare la sortita di Franco Marini, leader ppi e «amico di cordata» nell'Ulivo: «Il governo ha già affrontato il tema nel '97 con le parti sociali ed in Parlamento - taglia corto il numero due dell'esecutivo -. In quell'occasione fu trovato un accordo il cui contenuto è diventato norma dello Stato per effetto della Finanziaria dell'anno scorso, il governo non intende affrontare nuovamente la questione nella prossima manovra». Partita subito chiusa? Non è detto. Perché le reazioni all'intervista di Marini dividono partiti e sindacati; ma, soprattutto, perché, senza nuove revisioni alle pensioni di anzianità, il mancato risparmio è di 5 mila miliardi, e bisognerà recuperarli in altro modo. Intanto, dall'occupazione alle pensioni, dalla scuola alla giustizia, si surriscalda il clima politico della ripresa settembrina; e, per il governo di Romano Prodi, s'addensano di giorno in giorno sempre più nubi all'orizzonte. Dopo la minaccia di sciopero generale a sostegno del lavoro ventilata da Sergio D'Antoni, segretario generale Cisl, è Franco Marini, già numero uno dello stesso sindacato e oggi leader ppi, a lanciare il nuovo guanto della sfida. «Bisogna rivedere le pensioni di anzianità - sostiene - si sta allargando il fossato tra le generazioni. I debiti che scarichiamo sui nostri nipoti rischiano di diventare enormi». Dalla pronta replica del numero due di Palazzo Chigi - che è anche un diessino «di peso» - pare di capire che ipotesi di nuove revisioni alle pensioni d'anzianità (che assorbono il 95 per cento della spesa) non siano in cantiere nell'immediato. Anche se, in fondo, sia Marini che Veltroni, dicono la stessa cosa: non nei prossimi quattro mesi, poi si vedrà... Perché, il nodo tornerà con prepotenza sul tappeto: «Marini ha rotto la congiura del silenzio ed ha sollevato un problema reale», incalza Giuliano Cazzola, esperto previdenziale e già sindacalista Cgil Ma, al momento, anche i sindacati bocciano a gran voce l'uscita del leader ppi. «Giudizio inopportuno», commenta Walter Cerfeda, Cgil. «Moda estiva», osserva Adriano Musi, numero due Uil. «Solo una boutade», sottolinea Natale Forlani, Cisl. E, dalla maggioranza che sostiene il governo, indicano «pollice verso» anche diessini e prc. «Il tema delle pensioni potrà essere affrontato quando si tornerà a parlare di Welfare», spiega Alfiero Grandi, responsabile lavoro per la Quercia di D'Alema. «Marini propone una svolta a destra», tuona Paolo Ferrerò, per Rifondazione. «E' vero che non bisogna danneggiare i figli, ma neppure si possono danneggiare i padri con la scusa dei figli», aggiunge Nerio Nesi, responsabile economico del partito di Bertinotti. E, mentre nella maggioranza si fa il vuoto intorno alla richiesta di Franco Marini, nel centrodestra c'è chi plaude al segretario ppi, invitandolo a passare dalle parole ai fatti. «Finalmente un po' di buon senso anche nell'Ulivo», dice il senatore Luigi Grillo, oggi di Forza Italia, ma nel '94 eletto nelle file del centrosinistra e subito dopo prota- gonista del «mini-ribaltone» che assicurò il voto necessario alla maggioranza al governo del Cavaliere. «Le dichiarazioni di Marini - spiega Grillo - sono giuste e in linea con quanto noi sosteniamo ormai da due anni. Non c'è tempo da perdere. Il prossimo anno le pensioni di anzianità, un privilegio tutto italiano, costeranno alle casse dello Stato migliaia di miliardi che potrebbero altrimenti sostenere l'occupazione giovanile, finanziare la contrattazione negoziata e dare liquidità alle migliaia di domande della legge sugli incentivi alle imprese». Ma l'Udr di Francesco Cossiga mette le mani avanti. «Una nuova revisione è possibile solo con un grande patto che coinvolga organizzazioni sindacali, imprenditori e gruppi politici nella loro interezza», sostiene Clemente Mastella, già ministro del Lavoro nell'esecutivo di Berlusconi. Buttigliene ò d'accordo. Auspica «il confronto con i sindacati» (ma non perde l'occasione per attaccare Bertinotti: «La maggior parte delle cose da fare di buon senso non piacciono al segretario comunista»). 11 no secco alla «concertazione» rilanciata con forza dal Superministro dell'Economia, Carlo Azeglio Ciampi, viene invece da Benedetto Della Vedova, Lista Palmella: «Marini ha ragione: la riforma è necessaria, ma il governo non ne sarà capace. Per questa via non si fa altro che consolidare il ruolo politico dei sindacati e dei loro oligarchi. Con buona pace della finanza pubblica e dei giovani». Mario Tortello Il vice presidente del Consiglio Walter Veltroni