Le nostre voci alle star che spiamo negli occhi

Le nostre voci alle star che spiamo negli occhi Vita da doppiatore, il lavoro sconosciuto al grande pubblico è raccontato da Barbetti Le nostre voci alle star che spiamo negli occhi ROMA. Per Cesare Barbetti, la «voce» italiana di Robert Redford, Jean-Louis Trintignant e Steve McQueen il doppiatore deve essere «un attore di teatro che parla guardando negli occhi il personaggio, per meglio seguire le varie espressioni: timidezza, entusiasmo, delusione. Indispensabile è recitare attraverso lo sguardo dell'attore a cui si presta la voce. Solo così si può dare l'intonazione giusta, non è importante guardare la bocca». Adesso, appena si concluderà lo sciopero del settore, Barbetti sarà impegnato nella direzione del doppiaggio del nuovo film di Giuseppe Tornatore, «La leggenda del pianista sull'Oceano» che vede protagonista l'americano Tim Roth. «Sarebbe un peccato - dice Barbetti - che questo film di Tornatore dovesse uscire sottotitolato. E' un'opera stupenda, girata molto bene». Chi doppiere Tim Roth, il protagonista de «La leggenda del pianista sull'Oceano»? «Non è stato ancora scelto e non sarà una decisione semplice, perché la voce del pianista-protagonista deve avere molte sfumature. Sono comprensibili le incertezze di Tornatore». Chi è professionalmente il doppiatore? «Io sono un figlio d'arte ed ho cominciato a lavorare in teatro, con Zacconi e Ruggeri, quando avevo 13 anni e mi sono allontanato dal palcoscenico a 28 dopo aver recitato con molta soddisfazione per due stagioni nelle compagnie di Garinei, Giovannini e Kramer. Oggi molti ragazzi, senza alcuna esperienza, ipotizzano di diventare doppiatori, e non sanno che è una professione per attori d'esperienza che hanno scelto una specializzazione non facile. Si tratta di una professione per attori non presuntuosi che sappiano mettere a disposizione del mezzo la loro abilità. Quando ho cominciato lavoravano nel doppiaggio grandi attori di prosa. Non posso dimenticare Gazzolo e Romano, che per imparare seguivo per ore in sala di registrazione. Negfi anni successivi mi è capitato di doppiare attori italiani, che allora non erano bravi, e che adesso sono primi attori. E' anche l'applicazione che conta». Lei è legato soprattutto a tre attori. Come si fa ad adattare la propria voce a Steve McQueen, Jean-Louis Trintignant e a Robert Redford? ((Adesso faccio soprattutto il direttore del doppiaggio, ma nelle stagioni d'oro della mia carriera di doppiatore ho prestato la voce nella stessa annata a una sessantina di interpreti stranieri. Steve McQueen era soprattutto un grande attore brillante e si rendevano indispensabili le pause e le battute. Prima di tutto c'è da dire che la recitazione, sia in teatro sia nel doppiaggio, è fatta soprattutto di colori vocali, di tonalità e di ritmo. E imponendo impulsi sempre diversi la voce cambia. Per Ferruccio Amendola la voce di Stallone è naturale, perché lui ha sempre avuto una voce grossa. Da noi, purtroppo, mancano le scuole di recitazione e di conseguenza il ricambio generazionale nel doppiaggio è lento. C'è poi da considerare che nella maggior parte delle case che ci affidano i loro film da doppiare c'è poca gente che dà importanza al nostro lavoro. Non parliamo poi della "considerazione" che ci riservano le tv». Qua! è il compito del direttore del doppiaggio? «Dipende dalla professionalità: io, per esempio, quando posso seguo anche il mixaggio delle voci, e qualche volta questo "straordinario" lo faccio gratis. C'è chi lavora molto sulla sceneggiatura e chi sulle voci, ma la cosa essenziale è il gusto. Il compito principale del "direttore" è quello di scegliere le voci per i vari personaggi da sottoporre poi al giudizio del committente. Oggi sono pochissimi i grandi direttori del doppiaggio e si contano sulle dita delle mani i dialoghisti bravi. Basta vedere i dialoghi delle telenovele. Il segreto del direttore del doppiaggio è quello di andare molto al cinema per essere sempre aggiornato sulle nuove voci». Come giudica lo sciopero attualmente dei doppiatori? «La stipulazione del contratto che finora non esisteva perché si andava avanti con degli accordi quasi privati, è difficile da concretizzare. Lo ostacolano le grandi case cinematografiche e televisive. Per un contratto non rispettato si può ricorrere al pretore. Finora invece tutto si cercava di risolvere in famiglia, dal momento che le grandi case di produzione delegavano amministrativamente la responsabilità della realizzazione di certi film a società appaltatola, per cui era facile aggirare gli accordi. E' invece più difficile quando si tratta di contratto nazionale, che oltre ad essere più oneroso va rispettato». Ernesto Baldo «Faccio parlare in italiano Redford, Trintignant e un tempo anche McQueen. Il nostro segreto è l'umiltà e l'intelligenza: dallo sguardo si capisce l'anima di un attore straniero» , Robert Redford: la sua voce italiana è quella di Cesare Barbetti

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