Laudadio
Laudadio Laudadio «Abbiamo scelto tutto il meglio» Felice Laudadio VENEZIA. Felice Laudadio stavolta è arrivato al Lido con calma. Mentre l'anno scorso s'era installato al Palazzo del Cinema il 28 luglio senza potersi muovere mai, quest'anno è solo dal 17 agosto che è in Laguna, dopo una vacanza ad Aixen-Provence fatta in automobile, un po' per il piacere di guidare lontano dal traffico romano, e un po' per sconfiggere l'astinenza d'auto dei venticinque giorni veneziani. Come mai una situazione tanto riposante? «Semplicissimo. Grazie al nuovo statuto della Biennale non ho più compiti organizzativi ma solo artistici. Per questo ho potuto vedere in giro per il mondo 595 film e, tranne un centinaio di loro di cui ho visto solo un paio di rulli perché non ne valeva la pena, gli altri li ho visti tutti per intero. Se sarà una buona Mostra si deve a questo». Ma se il suo compito è solo artistico perché s'è dato tanto da fare per le stanze degli ospiti, arrivando a litigare con gli albergatori? «Perché quelli che fanno cinema conoscono me e a me si sono rivolti non trovando posto in albergo. L'idea della nave è nata per questa ragione. Se la Mostra vuole crescere occorre potenziare la disponibilità alberghiera del Lido». La Mostra di quest'anno è attesa con grande interesse: merito degli americani che sono tornati in forza in laguna? «Non credo. E' che davvero è stato scelto tutto il cinema migliore al momento disponibile sul mercato mondiale. L'ho detto, e lo ripeto: quelb" che non ho potuto avere non erano pronti. Ho anche, scritto i titoli dei film inseguiti invano e ancora non finiti. Tra gli italiani "L'assedio" di Bertolucci, "La cena" di Scola, "La leggenda del pianista sull'oceano" di Tornatore, "I giarclini dell'Eden" di D'Alatri, "Il fantasma dell'Opera" di Argento, "Tempo d'amore" di Campiotti. E poi, fuori dall'Italia, "Il barbiere di Siviglia" di Michalkov, "The Assassins" di Chen Kaige, "Beloved" di Demme, "Splendor" di Greg Araki, "Pola X" di Carax, "The war zone" di Tim Roth, "Alice e Martin" di Techiné, e "The thin red line" di Terrence Malick. Ma il resto, credo, c'è tutte». Perché ripristinare gli abiti da sera per una manifestazione culturale come la Mostra? «Per rispetto al cinema. E poi una giacca scura o un vestitino un po' elegante non sono segni di lusso smodato». Cosa la inorgoglisce di più di questa edizione? «Aver ottenuto un mercato dei film già fatti e di quelli da fare: pareva impossibile, ci siamo riusciti». E cosa l'addolora? «L'assenza di Sofia Loren. Mi dispiace come direttore della Mostra, ma ancora di più mi dispiace per lei che avrebbe voluto esserci. L'ho sentita addoloratissima». [s. n.l Felice Laudadio
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