Mafia e disoccupazione. Maestri bravi anche senza laurea

Mafia e disoccupazione. Maestri bravi anche senza laurea LETTERE AL GIORNALE Mafia e disoccupazione. Maestri bravi anche senza laurea II lavoro al Sud La «sparata» del cantante De André secondo cui se al Sud non ci fossero le varie mafie ci sarebbero molti più disoccupati si è scontrata, come tutte le verità indigeste, con il virus più nocivo della società italiana: l'ipocrisia. Il cantante ha dovuto fare marcia indietro e quasi scusarsi; ma c'è ben poco da scusarsi. Al Sud anche i bambini sanno che la malavita organizzata dà lavoro a molti; e più ancora ne dava in passato. Tutti noi abbiamo visto in tv, in occasione di certe manifestazioni di disoccupati siciliani apparire e scomparire furtivamente qualche cartello su cui era chiaramente scritto: «Vogliamo la mafia». Perché, come diciamo qui da noi «meglio niru pani ca nira fami». Personalmente conosco molto bene la realtà di una grande città del Sud in cui la disoccupazione era a livelli accettabili finché la mafia fu forte e potente; da quando l'organizzazione criminale ha subito i colpi che ha subito la mancanza di lavoro è diventata un fattore di autentica disperazione sociale. Nessuno ovviamente auspica che la mafia torni ad essere onnipotente, ma constatare una realtà e chiamarla con il suo nome non è più produttivo della menzogna anche se la verità e spiacevole? Se lo Stato facesse la sua parte, quanti giovani troverebbero lavoro senza l'intercessione del boss? Giuseppe Sortino, Ragusa Chi insegna ai bambini Fino ad oggi è stato abbastanza agevole diventare maestri elementari. Dopo la scuola media, gli allievi si iscrivevano ad uno dei tanti Istituti magistrali (ve ne erano ovunque, anche in paesi e cittadine di provincia), e, dopo quattro anni di corso, superata la maturità magistrale, potevano ottenere supplenze e partecipare ai concorsi per posti di ruolo nelle scuole elementari. Con la riforma, il percorso degli studi è più che raddoppiato: sempre dopo la scuola media, la frequenza di un Istituto superiore quinquennale, il cui diploma consentirà l'accesso alla facoltà universitaria quadriennale di «Scienze della formazione». Del corso universitario, per cui è previsto il numero chiuso, ne funzionerà soltanto uno per ogni Regione. Abbiamo avuto ed abbiamo maestri professionalmente validi ed aggiornati. La nostra scuola elementare, nelle comparazioni internazionali, è valutata ai primi posti. Fornire una preparazione universitaria ai futuri maestri contribuirà a mantenerne e incrementarne l'efficienza. Ma, dopo tanti studi e sacrifici, potrà il nostro maestro laureato continuare a percepire l'attuale misero trattamento economico? Da un raffronto tra le retribuzioni dei maestri e 1 ementari nei Paesi più industrializzati, si rileva che quella del maestro italiano è di gran lunga la più bassa. A parità di anzianità, il nostro maestre guadagna poco più della metà di quanto guadagna il collega straniero. Alberto Marco Collodi, Lucca Il compito della Chiesa Intervengo a seguito dell'articolo di Gianni Vattimo pubblicato su La Stampa del 19/8/1998, dal quale emerge, in virtù di sondaggi, che «la Chiesa debba principalmente predicare e praticare la carità» Io sono cattolico praticante, ma non condivido questo concetto. Il compito primario della Chiesa è annunciare 1' Avvenimento del Dio fatto uomo: Cristo. In parrocchia, facendo la catechesi a giovani-adulti che si preparano a ricevere il sacramento della Cresima, spesso riscontro che quanto rileva e approva Vattimo fa ormai parte della «cultura» dei cristiani praticanti. Que- sta mentalità, formatasi nei secoli, è però la conseguenza di un cattivo uso della ragione che porta ad una serie di gravi riduzioni che influenzano i comportamenti umani. Nell'impatto con il reale tendiamo a leggere gli avvenimenti a partire da preconcetti, dall'ideologia che ci permea; i fatti che ci accadono, letti secondo una ideologia, non sono più un segno che rimanda ad altro, bensì mera apparenza e vengono percepiti solo nel loro aspetto immediato. Se un fatto è visto solo per quanto appare, l'uomo tende a far prevalere l'uso del sentimento sul cuore (biblicamente inteso come sede delle esigenze origina¬ li di ogni uomo; giustizia, bellezza, felicità, verità) e agisce in modo reattivo, istintivo e quasi animalesco. Questa serie di riduzioni ha reso l'Avvenimento di Cristo un puro sentimento («prego o faccio se mi sento», «credo in Dio, ma non accetto la Chiesa e soprattutto quanto dice sul mio «priva¬ to», etc.) e quindi spunto per norme moralistiche che rendono l'uomo, ultimamente, triste, solo e senza significato. La Chiesa non potrà mai ridursi a quanto auspicato da Vattimo e, per non tradire la missione affidatale da Cristo, continuerà primariamente sempre ad annunciare che Dio si è fatto carne e, dopo 2000 anni, ancora oggi l'uomo può incontrarlo, imbattendosi nella comunità dei credenti: la Chiesa. Questo incontro può cambiare la vita dell'uomo e farla diventare, secondo i tempi e i modi di Dio, più morale e permeata di carità verso gli altri. L'alternativa è il buonismo, il volontarismo, lo sforzo ad essere migliori, ma il tutto non regge di fronte al quotidiano dramma della vita e soprattutto davanti alla morte. L'uomo ha sete d'infinito e ha necessità di incontrare l'origine di questo desiderio innato del suo cuore. Compito della Chiesa è, primariamente, ricordargli che questa sete di infinito ha un nome: Cristo; poi, con la grazia di Dio, l'uomo potrà essere più buono e caritatevole. Gianfranco Baracco, Torino Il calcio in farmacia In questi giorni suscita notevole scalpore l'argomento «il calcio in farmacia», e se ne ha conferma dalla massiccia presenza dell'argomento su tutti gli organi di informazione. In questo mare di parole poco si è fatto notare del fatto che queste sostanze sono usate anche da persone comuni, che possono acquistarle in farmacia senza prescrizione medica. L'uso della creatina, secondo l'ultimo parere del Coni, sembra non sicuro in quanto alla lunga non se ne conoscono gli effetti su individui sani. Mi chiedo: dov'è finita la signora Bindi? Il ministero della Sanità non dovrebbe tutelare la salute di tutti i cittadini (già il fatto che le sigarette siano monopolio di Stato mi sembra un assurdo!) e non occuparsi solo, con i propri luminosi interventi, di coloro che avrebbero preferito adottare la cura del professor Di Bella? Perché non si è provveduto a una sperimentazione su queste sostanze che nonostante la definizione integratori alimentari, nel mondo professionistico sia di calcio sia di ciclismo, sono usati con cautela, e stretto controllo medico, cosa che i più, dilettanti, non fanno e magari non possono fare? Angelo Casolo, Torino Una lancia per Mameli Molti lettori della Stampa scrivono contro l'inno nazionale. Vorrei dire loro che prima di esprimersi contro il nostro inno, pensino che l'autore fu un «certo» Goffredo Mameli morto a soli 22 anni in combattimento per difendere la Repubblica Romana del 1849 e che proprio a lui, per le sue doti di poeta e di soldato, un «certo» Giuseppe Mazzini ha dedicato alte parole forse mai abbastanza note. Eccole: «A Goffredo Mameli... E Lira e Spada staranno - giusto simbolo della sua vita - sulla pietra che un dì gli ergeremo - in Roma - nel camposanto dei Martiri della Nazione». E voglio ancora, sommessamente, aggiungere che Goffredo Mameli era massone, come massone era Giuseppe Garibaldi e come lo erano i mille eroi che hanno fatto il Risorgimento. Aldo Chiarie Savona

Luoghi citati: Roma, Savona, Torino