Un Sos per la Legione straniera

Un Sos per la Legione straniera na riforma dell'esercito rischia di compromettere le caratteristiche del nostro corpo e di banalizzare il nostro lavoro» Un Sos per la Legione straniera // comandante insorge per i tagli a organici e missioni PARIGI DAL NOSTRO INVIATO La Legione straniera è in pericolo di vita. Peggio, rischia di perdere qualcosa che le preme più della vita: l'anima, l'identità («Legio nostra patria», è il suo motto). L'Sos viene da chi, per formazione e cultura, non è incline al lamento: il comandante in capo, generale Christian Piquemal. Dalle colonne del mensile della Legione, «Képi blanc», il generale lancia un grido d'allarme: di questo passo solo il copricapo bianco coloniale distinguerà un legionario da un fante qualsiasi. La Legione rischia di «venire banalizzata». Decimata dai tagli di bilancio, in ritirata da Gibuti, dalla Guyana, dalla Polinesia, da Mayotte, minacciata dalla professionalizzazione incombente dell'esercito francese, rischia di «perdere la sua specificità». La ristrutturazione dell'Ar- mée può rubarci l'anima, denuncia Piquemal. Che avverte: la mia truppa «conosce forti turbolenze». Alcuni dei dodici reggimenti saranno «radicalmente trasformati». Gli effettivi ridotti del 10 per cento. Tagliate le missioni d'oltremare, dove i legionari dovranno dividere le loro basi con altri corpi. Inoltre la Legione dovrà gestire direttamente per la prima volta i civili alle sue dipendenze. Ne verrà, scrive il generale, un «cambiamento di mentalità». C'è il rischio che i suoi 8600 uomini, di cui due terzi stranieri, non siano i più duri, decisi, addestrati, in una parola i migUori, ma alcuni dei tanti soldati professionisti francesi, condizionati dall'«ansia della razionalizzazione e dagli strumenti di formazione propri della fanteria». Piquemal si schiera con il suo grande rivale, il generale Michel Fruchard, comandante delle truppe di marina, storiche concorrenti della Legione: «La riforma dell'esercito rischia di compromettere direttamente la nostra specificità». Proprio ora che i rari vuoti che si aprono nelle file dei legionari trovano decine di candidati pronti a riempirli. Le nazionalità rappresentate sono 138, il triplo di dieci anni fa. Sempre più numerosi i volontari provenienti dall'Asia e dall'Europa dell'Est. Sensibile al grido di dolore che sale dai comandi della Legione, il primo ministro Lionol Jospin sta pensando di creare un nuovo reggimento del Genio, una unità di élite da un migliaio di uomini, che potrebbe installarsi l'anno prossimo nella piana di Albion, in Provenza, là dove negli Anni 70 furono dislocate testate nucleari. Ma la riforma dell'esercito, annunciata nel '96 da Jacques Chirac per motivi di bilancio e accelerata da Jospin, può compromettere equilibri e mansioni stratificati negli anni. A fianco del generale Pique- mal scende in campo anche uno sponsor illustre della Legione, Pierre Messmer, ex ministro dell'Esercito di Charles de Gaulle e primo ministro di Georges Pompidou. Sempre su «Képi blanc», Messmer si dice certo che la Legione saprà far fronte alle minacce che si profilano e a sopravvivere anche al prossimo secolo, grazie alla «qualità eccezionale dei suoi quadri»: «Nes¬ sun esercito, e non solo in Francia - scrive Messmer - ha sottufficiali all'altezza di quelli della Legione straniera». Messmer non scrive a caso: nel 1942 il futuro primo ministro servì nella Legione e combatté a Bir-Hakeim, nel deserto della Cirenaica, per coprire la ritirata britannica dall'avanzata di Kommel. AldoCazzullo La Legione straniera è in pericolo, i suoi 8600 uomini, di cui due terzi stranieri, potrebbero non essere più i meglio addestrati tra i soldati della Francia

Luoghi citati: Asia, Cirenaica, Europa Dell'est, Francia, Gibuti, Parigi, Provenza