« Il ribaltone Usa? E' realismo » di Franco Pantarelli
« Il ribaltone Usa? E' realismo » « Il ribaltone Usa? E' realismo » Webster, capo della Cia diReagan «Le ferite del passato vanno chiuse» WNEW YORK ILLIAM Webster era il capo della Cia all'epoca di Ronald Reagan, la cui unica «discussione» con la Libia di cui si sappia fu il bombardamento con l'obiettivo (mancato) di uccidere il colonnello Gheddafi. Ora c'è una Casa Bianca che, dopo anni di intransigenza, ha di colpo cambiato posizione ed ha accettato l'Olanda come sede neutra del processo ai due cittadini libici accusati dell'attentato di Lockerbie, in cambio della loro estradizione. Che cosa pensa di questo cambiamento repentino? «Intanto non mi pare che la soluzione sia vicina. La risposta libica, a quanto pare, è molto meno chiara di come era sembrata in un primo momento e non si sa ancora se ha davvero intenzione di consegnare quei due uomini». Il cambiamento di posizione della Casa Bianca, però, non è ambiguo. Invece di insistere sul processo negli Stati Uniti o in Inghilterra... «Sì, è stata accettata l'Olanda. Ma a condizioni molto precise e per di più definite chiaramente non negoziabili. Fra queste, la condizione essenziale mi pare quella che il giudice debba essere scozzese, il che è corretto, visto che l'aereo fu abbattutto nel cielo della Scozia». D'accordo, ma è pur sempre un cambiamento sostanziale. «Diciamo che si è voluta assumere una posizione costruttiva». E perché proprio ora? «Forse perché ci si è resi conto che l'intransigenza non portava a nulla. Questa è una storia di politica internazionale ma ancora di più è una storia di criminalità. Il tribunale è sicuramente il luogo più appropriato per fare giustizia». Non vede un contrasto nell'atteggiamento della Casa Bianca? Con il bombardamento in Afghanistan e in Sudan ha dichiarato al mondo intere la sua intransigenza contro il terrorismo e nello stesso tempo, sulla vicen- da Lockerbie, ha mostrato quella che lei definisce una posizione costruttiva. «Non mi sembra incoerente. La minaccia terroristica attuale va combattuta, le vicende del passato vanno risolte». Si è detto che l'espulsione di Abu Nidal dalla Libia sia entrata in qualche modo in questa storia. Le sembra possibile? «Mah. Mi pare che l'Egitto abbia smentito la presenza di Abu Nidal nel suo territorio». Suppongo che lei quando era capo della Cia abbia fatto di tutto per prendere Abu Nidal... «Ci può scommettere». Ha mai avuto la certezza che fosse in Libia? «La certezza assoluta no. Facevamo tante ipotesi su dove potesse essere e la Libia era ovviamente uno dei Paesi indiziati. Ma informazioni concrete su dove si nascondesse non le abbiamo mai avute». Un po' frustrante. «Un bel po'». Sulla lunga vicenda delle ispezioni all'Iraq oggi c'è la storia abbastanza sorprendente di William Ritter, uno degli ispettori americani, che accusa sia gli Stati Uniti sia l'Onu di non volere veramente la scoperta dei laboratori iracheni. Ha un'opinione in proposito? «Quella dell'Iraq è davvero una lunga storia. Non conosco esattamente i rimproveri che Ritter fa, ma non ho difficoltà a immaginare la sua rabbia di fronte all'impossibilità di compiere il suo lavoro come si deve. Lui è un professionista molto serio». Sta dicendo che probabilmente si è trovato incastrato fra il desiderio di agire professionalmente e la necessità di operare politicamente? «Detto così è un po' brutale, ma ho paura che la sostanza delle cose sia proprio questa». Franco Pantarelli William Webster nel 1991 quando era a capo della Cia
Persone citate: Abu Nidal, Gheddafi, Ritter, Ronald Reagan, Webster, William Ritter, William Webster
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