In Israele tornano le bombe di Aldo Baquis

In Israele tornano le bombe In Israele tornano le bombe Strage mancata a Tel Aviv, 21 feriti TEL AVIV NOSTRO SERVIZIO I terroristi sono tornati in azione ieri a Tel Aviv, dove hanno cercato di provocare una nuova strage deponendo in un cassonetto un ordigno riempito di chiodi che è esploso di prima mattina. Il bilancio delle vittime è stato meno pesante di quanto si poteva temere: 21 feriti, quasi tutti in condizioni non gravi. Ma si è sfiorato il massacro: pochi istanti prima della deflagrazione all'incrocio delle centralissime vie Allenby e Rothschild, accanto al cassonetto sostava un taxi pieno di viaggiatori. Malgrado non sia stato rivendicato, i servizi segreti israeliani ritengono che l'attentato sia da attribuire a Hamas, anche perché è avvenuto all'indomani di una accesa manifestazione anti-israeliana guidata a Gaza dallo sceicco Ahmed Yassin. «Vendicheremo in Palestina aveva minacciato il leader fondamentalista - i bombardamenti Usa in Sudan e in Afghanistan». Per un caso sfortunato, la bomba è esplosa poche ore dopo la conclusione di un lungo colloquio segreto fra il presidente dell'Anp Yasser Arafat e un emissario del premier Benyamin Netanyahu. Ancora una volta si tentava di rimuovere gli ultimi ostacoli che impediscono il raggiungimento di un accordo sul ritiro israeliano in Cisgiordania. La deflagrazione ha fatto compiere alle trattative nuovi passi indietro: ieri sera Netanyahu è tornato ad esigere pubblicamente da Arafat non solo una lotta a oltranza contro il terrorismo integralista (tre attentati in meno di un mese, più una strage sfiorata a Gerusalemme nel luglio scorso), ma anche una condanna politica della lotta armata palestinese in Israele e nei Territori. In una conversazione privata con un deputato israeliano, Arafat ha condannato l'attentato di Tel Aviv ma non si è espresso in alcun modo sull'uccisione a Hebron (Cisgiordania) del rabbino- colono Shlomo Raanan, avvenuta una settimana fa. Questa reticenza viene interpretata dai dirigenti israeliani come una legittimazione indiretta da parte dell'Autorità nazionale palestinese degli attentati contro i coloni. E da ieri i servizi di sicurezza israeliani sono in stato d'allerta nel timore che elementi eversivi di destra tentino di vendicare il rabbino Raanan a una settimana dalla sua uccisione. Nei giorni scorsi gli zeloti ultra-nazionah- sti hanno lanciato invettive contro i leader del Paese (il capo dello stato Ezer Weizman si è sentito accusare di spionaggio a favore dei palestinesi e il ministro della Difesa Yitzhak Mordechai è stato definito un "assassino") e hanno mostrato una crecente volontà di scontrarsi con la popolazione araba di Hebron, in Cisgiordania. In seguito alla uccisione del rabbino e di due studenti ebrei (il 5 luglio), da più parti fra i co- Ioni estremisti è stata invocata una «grande vendetta». Fonti dei servizi segreti, citate dalla rivista «Foreign Report», hanno precisato che questa vendetta potrebbe esprimersi non solo con attentati contro la popolazione araba ma anche con l'assassinio di Mordechai. Guidati da Yekotiel Ben Yaakov - un estremista già distintosi in violente manifestazioni contro il premier laborista Yitzhak Rabin - gli zeloti picchettano giorno e notte la sua abitazione, studiano i suoi spostamenti e in un caso lo hanno già aggredito. Da allora Mordechai si sposta solo a bordo di un mezzo blindato, protetto da un muro di agenti. Aldo Baquis E scatta un altro allarme: ultra ebrei progettano attentati anti-arabi e l'omicidio del ministro Mordechai Soccorsi a una donna ferita e in stato di choc dopo l'attentato di Tel Aviv