La giustizia, spettacolo «conteso» di Raffaella Silipo

La giustizia, spettacolo «conteso» Borrelli: lo show è inevitabile per tutti. I politici: no, solo per chi viene eletto La giustizia, spettacolo «conteso» LA giustizia spettacolo non è cosa poi tanto grave, e comunque è inevitabile. Parola di Francesco Saverio Borrelli, per cui «è tutto il nostro mondo che va verso lo spettacolo. La politica non è forse una politica spettacolo? Non assistiamo tutti i santi giorni a questa specie di teatrino? La spettacolarizzazione diffusa - argomenta il procuratore milanese in un'intervista all'«Unità» - è inevitabile, perché, con un'opinione pubblica sempre più attenta e avvertita, è anche giusto che tutto accada sotto gli occhi della gente. Anche il processo penale nasce come rappresentazione da svolgersi davanti al popolo». «The show must go on», insomma. Affermazioni quantomeno inaspettate, che scuotono il clima sospeso di fine estate e non contribuiscono certo a rasserenare i rapporti tra giudici e politici «Non sono parole granché distensive», commenta infatti Rocco Buttiglione, leader Udr. E il popolare Dario Franceschi ni sottolinea il rischio «di riproporre lo schema di politica e magistratura come due eserciti che si fronteggia¬ no». Anche il diessino Giovanni Pellegrino è perplesso: «Quando lo vogliono davvero, i giudici hanno tutte le possibilità e le capacità di mantenere il riserbo di un'indagine, quindi la spettacolarizzazione è una scelta discrezionale. In Italia c'è questa strana tendenza dei pm a ritenersi criticabili solo se si muovono al di fuori della legge. Ma si può anche criticare una Procura per la scelta di una politica giudiziaria. Le critiche vanno accettate come controllo della pubblica opinione». Già. U controllo dell'opinione pubblica - e dunque la sostanziale differenza tra politico soggetto al giudizio dell'elettore e giudice soggetto solo alla legge - è un punto cruciale del dibattito. «Può piacere o meno - dice Franceschini - ma la politica per ragione sociale cerca il consenso, ha il dovere di confrontarsi con la gente. E tutto ciò passa attraverso l'immagine e la spettacolarizzazione. I magistrati invece non hanno bisogno del consenso per fare il loro lavoro, e quando lo cercano è spesso per protagonismo». «La politica non è spettacolo - di- stingue il forzitaliano Emesto Caccavale -, piuttosto responsabilità, impegno, passione. Ma se anche fosse spettacolo, i politici sarebbero giudicati dagli elettori col voto. Ciò non accade per la giustizia, dove taluni pm dimenticano di essere soggetti solo alla legge». «Proprio perché il nostro mondo tende alla spettacolarizzazione - aggiunge Buttiglione -, sarebbe augurabile che fossero i giudici i primi ad astenersi da ogni eccesso. Non si può fingere di non accorgersi che il pote¬ re giudiziario accompagnato ai riflettori ha un effetto politico. Ma si può esercitare un molo politico solo se eletti. E questo, al momento almeno, ancora non vale per i pm». Non vale ancora, ma il Polo spera che in futuro varrà: la ricetta della destra per la giustizia, si sa, prevede magistratura elettiva: «Quando Borrelli - dice Caccavale - sarà eletto direttamente dai rittadini, rispondendo dunque anche dei suoi "spettacoli", come negli Usa, le sue parole potranno avere ben altra fondatezza». E qui la distanza con l'Ulivo si fa veramente siderale. «E' una soluzione assurda - dice Franceschini - non farebbe altro che moltiplicare gli scontri politici in ogni Procura. Per scoraggiare certi protagonismi basterebbe una nonna per cui i media possono citare l'ufficio che compie gli atti e non la persona». Innegabile. Se le parole di Borrelli all'cUnità», invece che sotto forma di inr tervista fossero uscite come anonima «nota della Procura di Milano», chi le avrebbe lette? Raffaella Silipo II procuratore della Repubblica di Milano Francesco Saverio Borrelli

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