Conto del cardinale, giallo sullo firma

Conto del cardinale, giallo sullo firma I magistrati di Lagonegro: i colleghi che ci accusano senza conoscere le carte dovrebbero tacere Conto del cardinale, giallo sullo firma «E'falsificata». Ma la Finanza smentisce LAGONEGRO (Potenza) DAL NOSTRO INVIATO Il Palazzo di giustizia è diventato una fortezza. Sta appeso su un ponte, nel cuore del vecchio paese, assediato dai giornalisti, dalle denunce del cardinale, dalle note dell'Ansa. Gli uffici sono chiusi. Da qui, da questo paesino di Lucania aggrappato sui fianchi delle montagne, la situazione sembra capovolta, come se fosse il giudice a essere inseguito da un giudizio e controllato a ogni passo, come se fosse lui sotto l'occhio terribile del sospetto. L'ultima notizia dice che sul conto più importante del cardinale, la firma era apocrifa, cioè che qualcuno l'aveva falsificata (ma il tenente Fioravanti smentisce). In una settimana, è tutto cambiato. Anche il sorriso del procuratore. «Stiamo lavorando serenamente», dice Michelangelo Russo, e attorno gli fanno risolini, e spalancano gli occhi: serenamente? «E perché? Chi può dire che noi non lavoriamo serenamente? Invece, posso chiedere io una cosa a voi: in quale altra occasione c'era stata una reazione così dura del Vaticano?». E attorno, ci si guarda, ma nessuno risponde. «Guardate, noi vorremmo solo che si facesse un po' di silenzio su questa storia». Da parte di chi? «Da parte di tutti. Anche da parte nostra. Autorevoli colleghi, che non hanno visto le carte e non sanno niente, dovrebbero pensarci bene prima di parlare». A chi si riferisce? «A nessuno. Parlavo in generale». Il fatto è che nel fortino assediato, mentre le indagini avanzano, gli attacchi piovono un po' da tutte le parti, perché non c'è solo il cardinale, e non c'è solo il Vaticano. E se Magistratura democratica e l'Associazione nazionale magistrati di Potenza spediscono fax di solidarietà, il sostituto procuratore Nordio scrive su un giornale che bisognerebbe fare la visita psichiatrica ai magistrati. Altro che «lavorare serenamente». E basta un caffè, per cominciare un altro assedio. Ci sono tutt'e due, lì sotto al Palazzo, nella trattoria dei Puffi, il procuratore e Manuela Comodi. Avete prò- vocato un incidente internazionale, dice qualcuno. Lei: «Non mi pare che l'abbiamo provocato noi». E allora chi? Il cardinale? Lui: «No no». Vi accusano di aver cercato lo spettacolo. Russo: «Ma quale spettacolo? Non siamo noi. Sono i giornalisti che fanno spettacolo. E poi lo spettacolo l'avete visto bene chi l'ha fatto. E credo si sia visto bene in televisione chi ha chiamato i giornalisti». L'avvocato del cardinale? «Credo si sia visto». Ma loro ce l'hanno per le macchine della Finanza, per tutta quella parata. «E cosa dovevamo fare? Dovevo andare con la mia macchina personale?». Beh, il cardinale ha detto che se lei veniva confidenzialmente, le consegnava tutto tranquillamente. «E' una cosa impossibile, ve ne rendete conto? E non è vero che c'erano le sirene che urlavano, come ha scritto Montanelli. Quelle macchine non avevano nessuna sirena». E poi, per chiudere l'assedio, «noi crediamo davvero, dal punto di vista giuridico, di essere dalla parte della ragione», dice Russo. Ma l'assedio non si chiude. Da ieri mattina, i due magistrati ascoltano Francesco Cavallo e Stefano Briamonti, altre due vittime della Cooperativa del Credi¬ to di Sant'Arcangelo. Gli uffici sono chiusi, gli interrogatori continuano. Da Napoli, filtrano alcune intercettazioni telefoniche registrate sull'utenza del cardinale. Colloqui con sacerdoti, vescovi, esponenti del mondo politico e sociale. «Un fatto assolutamente normale e alquanto frequente», spiegano i collaboratori dell'arcivescovo Giordano. Una volta, Sua Eminenza avrebbe parlato di possibili candidati alla nomina vescovile in diocesi campane. Altre volte, avrebbe affrontato temi sociali come l'emergenza occupazionale, con preti, vescovi ed esponenti politici. Da Lagonegro ieri circolava voce che una telefonata sarebbe stata fatta pure con un generale dell'Esercito. «E' un equivoco», rispondono da Napoli: durante l'intercettazione, il cardinale parlava di un generale, ma era un titolo che indicava, «in gergo tipicamente ecclesiale, il superiore generale di una congregazione religiosa». Commento di Russo davanti alla tv: «Ma che dice! Ma che ne sanno quelli!». Il fatto è che, ormai, anche sugli atti segretari, si allarga la battaglia. E il giorno dell'assedio passa tutto così, mentre continuano gli interrogatori. L'Antimafia ha annunciato che verrà a Lagonegro. E una nota dell'Ansa da Roma dice che da una settimana l'Antimafia ha chiesto di vedere gli atti dell'inchiesta, senza averli ancora ricevuti. Bisogna bussare alla porta. Interrompere l'interrogatorio. «Ci lasciate in pace? Noi dobbiamo lavorare», protesta Russo. Gli raccontano l'Ansa. Questa volta si arrabbia: «Non rincorrete le notizie che non verificate. Create problemi a tutti. Anche a noi. Vorrei vedere questa nota». Gliela fanno leggere. Risposta: «La richiesta dell'Antimafia è del 25. Non di una settimana fa. L'abbiamo contattata e abbiamo segnalato che avevamo la fotocopiatrice rotta. Dovevano dare priorità al lavoro del tribunale. Abbiamo finito alle 11,30 di questa mattina, erano migliaia di fotocopie». Si fa sera, finiscono gli interrogatori. Monsignor Ardesini, il segretario del cardinale, ha appena denunciato i magistrati per: abuso d'ufficio; sequestro di persona; violenza privata. Russo ascolta, e sorride: «Non possiamo parlare». Il tenente della Finanza Fiorenzo Fioravanti commenta ironico: «Ci manca solo la violenza carnale». Monsignor Ardesini aveva raccontato che il magistrato gli ave¬ va detto di essere comunista figlio di comunisti: «Mi ha detto però che versava l'8 per mille alla Chiesa. Lei mi capisce, disse, se voglio vedere che fine fanno questi soldi». Il procuratore se ne va. Forse, l'assedio è finito. L'ultima domanda, mentre scende la sera e la trattoria si riempie di gente: ma perché non avete avvisato la nunziatura prima di fare la perquisizione nella curia? «E chi dice che lo dovevamo fare?». C'è scritto nei patti fra Stato e Chiesa. «Che c'è scritto?». Ad esempio, c'è scritto che se l'autorità giudiziaria compie un sequestro in una parrocchia deve avvertire il vescovo. Manuela Comodi: «Questo sì. Ma quella era la Curia. E non c'è scritto da nessuna parte quello che dice il cardinale. Che volete che vi dica? Si vede che a noi mancava quella pagina». Pierangelo Sapegno I due pm: «Lo spettacolo l'ha fatto qualcun altro dal punto di vista giuridico siamo dalla parte della ragione e non abbiamo provocato incidenti internazionali» A sinistra, l'ex direttore di agenzia del Banco di Napoli Filippo Lemma A destra, il procuratore di Lagonegro Michelangelo Russo In basso, Enrico Tuccillo, legale del cardinale Giordano