Cara Bindi, lasciaci la libertà di clonare

Cara Bindi, lasciaci la libertà di clonare iscussione. In una lettera aperta tre ricercatori chiedono al ministro di rivedere la legge Cara Bindi, lasciaci la libertà di clonare I L fax del ministro della Sanità Rosy Bindi nella tarda mattinata di ieri ha ricevuto una lettera firmata Carlo Alberto Redi. Il cognome non è di quelli oscuri. Francesco Redi, vissuto dal 1626 al 1698, fu medico, biologo, e letterato dell'Arcadia, autore dei memorabili versi di «Bacco in Toscana». In effetti tra i due Redi un collegamento c'è, sia pure mediato da tredici generazioni. Il Redi contemporaneo segue le orme dell'antenato. Non è poeta, ma medico sì. Dirige a Pavia, in piazza Botta 9, il Laboratorio di biologia dello sviluppo dell'Università, un antico e glorioso istituto nel cui giardino biancheggia la statua di Lazzaro Spallanzani, altro naturalista insigne. Che cosa scrive il Redi contemporaneo al ministro Bindi? «Scrivo che i ricercatori italiani hanno bisogno della libertà di clonazione. Altrimenti saremo tagliati fuori dalla competizione scientifica internazionale. Naturalmente con tutte le dovute garanzie: bisogna proibire e punire duramente esperimenti di clonazione sull'uomo e anche sulle scimmie. Ma consentirla sui topi. Una legge che la impedisce, come succede oggi, priva gli scienziati italiani di uno strumento di ricerca prezioso, che può aiutarci, per esempio, a trovare una cura radicale per il cancro. Noi studiamo la regolazione fine dei meccanismi molecolari negli embrioni di topo: una ricaduta di questa ricerca di base potrebbe essere la scoperta di un sistema per bloccare la riproduzione delle cellule cancerose». Il Laboratorio di biologia dello sviluppo dell'Università di Pavia è all'altezza delle tradizioni, che risalgono non solo a Spallanzani e ai suoi famosi lavori per dimostrare l'impossibilità della generazione spontanea ma anche a Camillo Golgi, premio Nobel per la medicina nel 1906. Sotto la guida di Redi lavorano Silvia Garagna, che nel dicembre scorso ha scoperto a Seveso un topo mutante, e Maurizio Zuccotti, che poche settimane fa, su «Nature», ha pubblicato una nuova tecnica di clonazione di mammiferi ad alta efficienza, messa a punto con ricercatori di Cambridge (Regno Unito), dell'Università delle Hawaii e dell'Università di Tokyo. «Se volessimo ora applicare questa tecnica - spiega Redi non potremmo. Invece negli Stati Uniti, dove pure il governo federale sta esaminando due progetti per regolamentare la clonazione, queste ricerche sono consentite, e così pure in Giappone e in vari Paesi europei». La lettera a Rosy Bindi non è lunga. Sono 22 righe in tutto, firmate anche da Silvia Garagna e Maurizio Zuccotti. Il discorso parte proprio dalla tecnica di clonazione presentata nell'articolo su Nature, particolarmente adatta allo studio della differenziazione cellulare, cioè di quel fenomeno per cui nell'embrione si passa da cellule tutte dello stesso tipo a cellule specializzate per formare i diversi tipi di tessuto e i vari organi. «Giustamente - scrivono i tre alla Bindi - ella ha posto un divieto alla pratica di tecniche di clonazione nel timore che personaggi alieni da qualunque seria pratica di ricerca si cimentassero con reagente biologico umano. Oggi però lo scenario è mutato: i ricercatori hanno la necessità di poter sperimentare e di impiegare la tecnica messa a punto, anche con i nostri sforzi, per acquisire conoscenze fondamentali allo sviluppo di nuove terapie. Un divieto totale, così come è oggi in vigore, penalizza quella parte dell'Accademia italiana che onora la nostra tradizione scientifica nel campo della manipolazione delle cellule germinali, non permettendo di competere in campo internazionale. Le chiediamo (...) di considerare l'opportunità di permettere l'impiego della tecnica di clonazione limitatamente agli animali da sperimentazione, fermo restando il divieto (e l'introduzione di sanzioni rigorosamente applicate) per i primati e per l'uomo». Nella clonazione, come si sa, in un uovo privato dei cromosomi materni viene introdotto il patrimonio genetico completo di una cellula somatica proveniente da un individuo adulto. L'ovulo sviluppa così un individuo identico a quello da cui proviene il genoma impiantato. Una fotocopia. Questa tecnica, inizialmente applicata con successo sulle rane, nei mammiferi - che sono animali più complessi degli anfibi - incontra ardue difficoltà: c'è persino chi dubita che la famosa pecora Dolly, ottenuta in un laboratorio inglese, sia frutto di una vera clonazione. Ora però gli esperimenti sui topi compiuti dal gruppo pavese aprono nuove prospettive, con applicazioni che vanno dalla medicina alla farmacologia, all'ingegneria genetica e all'allevamento di animali. Dunque anche con ricadute economiche. «Curiosamente - osserva Redi - Pavia rimane al centro di ricerche sulla riproduzione: il mio avo fu un precursore nel negare la generazione spontanea; Spallanzani ne sviluppò le tesi: lo chiamavano "l'abate delle mutande" perché per le sue ricerche metteva dei pannolini ai cani da esperimento. Golgi ha dato contributi fondamentali di biologia cellulare. Vorremmo continuare...». Vedremo se Rosy Bindi, dopo aver capitolato davanti al furore del popolo di Di Bella, sarà sensibile a istanze non supportate, questa volta, da talk show, pretori d'assalto e malati pronti a incatenarsi nelle piazze pur di non rinunciare a un'ultima illusione. Piero Bianucci «E'giusto proibire gli esperimenti su uomini e scimmie, non quelli sugli embrioni di topo» «Rischiamo di essere tagliati fuori dalla competizione scientifica internazionale» cietà e Cultura hiedono al ministro di rivedere la legge prospettive, con applicazioni che vanno dalla medicina alla farmacologia all'in Qui accanto il ministro Rosy Bindi Sotto una copertina della rivista Nature dedicata alla clonazione con i risultati delle ricerche dell'equipe pavese

Luoghi citati: Cambridge, Giappone, Pavia, Regno Unito, Seveso, Stati Uniti, Toscana