Un paradiso per tutti di Aldo Cazzullo

Un paradiso per tutti RCATI Un paradiso per tutti IL primo commento è stato quello indignato del settimanale «Marianne», il settimanale d'opinione fondato da Jean-Francois Kahn: «Questo libro prova che i paradisi fiscali dove si può fissare il domicilio senza pagare un franco di tasse non sono più riservati ai ricchissimi azionisti dell'indice CAC40, ma si stanno democratizzando». In effetti. A come Andorra, B come Bahamas, risalendo paralleli e ridiscendendo meridiani fino alla U di Uruguay, Claude Dauphin, laureato all'università della California, per dieci anni direttore delle operazioni speciali di un grande (e anonimo) gruppo finanziario francese, dichiara guerra a Strauss-Kahn, Visco e agli altri avidi ministri delle Finanze. E pubblica, presso le edizioni «First» di Parigi, la prima «Guide vraiment pratique des paradis fiscaux», 505 pagine di procedure, leggi, divieti (e soprattutto stratagemmi per aggirarli). Perché, come ammonisce Dauphin, «i paradisi fiscali non sono né il rifugio esclusivo dei grandi patrimoni, né quello del denaro sporco. Sono aperti a tutti, si trovano dappertutto sui cinque continenti. Basta conoscerli, e riconoscerli. Distinguere il vero dagli specchietti per le allodole, assicurarsi della stabilità della moneta, della riservatezza sui segreti, della labilità dei controlli sui cambi, e infine trovare un contatto sicuro...». Ma addentriamoci nell'Eden dell'evasore. Sapevate che ad Anguilla, nei Caraibi, non esistono imposte sul reddito né tasse di successione? Che il Belize, il Paese dove sul palazzo del governo una targa informa «qui nel 1882 non accadde nulla», ha invece varato di recente una legislazione che apre le porte alle banche offshore? Che alle Bermuda le assicurazioni non sono tenute a rendere pubblico il bilancio, e l'identità dei soci è coperta dal segreto? Dauphin giura (come dargli torto?) sulla «stabilità politica» di Campione d'Italia. Consiglia di far registrare la propria barca a Cipro, per evitare tasse e controlli. Talvolta, ammonisce, il paradiso fiscale può mutarsi in inferno. E' il caso di Montserrat, dov'è intervenuta Scotland Yard per mettere un freno alle «banche fantasma», e Hong Kong, da cui sono già fuggiti Jardine&Matheson e la potente Nanyang Cotton Mill Company. Finiti i tempi belli alle isole Vergini britanniche, dove dopo lo scandalo delle «paper banks» sono state addirittura introdotte le tasse (con mano leggera, però: aliquota massima 20 per cento). Resiste il Liechtenstein, dove famiglie francesi e tedesche trasferiscono i beni per evitare patrimoniali e tasse di successione. Per sottrarsi alle imposte sul valore aggiunto meglio spostare la sede della propria società a Madera. E per raccogliere fondi non c'è luogo al mondo migliore delle isole Caiman, dove «i grandi gruppi finanziari sono tutti rappresentati», anche perché il regime delle società permette semplicemente «tutto». Il brivido della trasgressione si estende dai caveau fino a tavola (Dauphin è prodigo di informazioni sulle abitudini locali): zuppa, bistecca e persino «hamburger e crocchette» di tartaruga, vietatissime altrove, si trovano regolarmente. Buon appetito. Se vi restano scrupoli morali, in appendice al libro ecco Adam Smith soccorrervi: «Ogni uomo, finché non viola la legge, ha perfettamente il diritto di occuparsi dei propri interessi nel modo che gli si confà». Aldo Cazzullo

Luoghi citati: Andorra, Bahamas, Belize, California, Cipro, Hong Kong, Italia, Marianne, Parigi, Uruguay