«La mia vita da brivido Ira azioni e miliardi »

«La mia vita da brivido Ira azioni e miliardi » INTERVISTA IL RE MIDA ITALIANO DELLA FINANZA Dopo il successo delle operazioni Cir e Coiìde, parla Luigi Giribaldi: «Alla mia età solo le Borse mi sanno emozionare» «La mia vita da brivido Ira azioni e miliardi » MONTECARLO DAL NOSTRO INVIATO «Dimmi che cosa c'è in denarissimo. Ancora? Fammene 50 mila. E altre 100 mila, se molla il prezzo. Non ti dimenticare che sono sull'indice di Tokyo». Luigi Giribaldi spegne il telefono e guarda: davanti a lui c'è il mare azzurrissimo di Montecarlo, ma lui «vede» solo titoL< da comprare, valute che corrono su e giù, prede da valorizzare, in Italia ma anche in Giappone o Sud America. Eccola la tana della più famosa volpe italiana della Borsa. Una terrazza sul porto affollato di yacht, un piccolo studio zeppo di orologi da favola («vede quella scatola dell'Omega? Ci sono i prototipi di tutti gli orologi delle missioni spaziali. Ne hanno fatti solo 40. Io l'ho pagato 90 milioni, ma l'altro ieri me ne hanno offerti 140). E un telefono, uno solo per collegarsi con il mondo più turbolento, quello della finanza globale. Luigi Giribaldi da Cavallermaggiore, classe 1925, la sua estate la trascorre così, impartendo ordini a raffica con il suo telefono. Da solo, davanti ad un panorama da favola mentre in ufficio (tre collaboratori, nulla di più) non risponde nessuno... «Ho mandato tutti in ferie spiega - e spero che ci stiano un bel po'... Così mi diverto di più, ancora in prima linea». L'arma di combattimento? Un telefonino, più la tv per seguire i prezzi che scorrono veloci. Il quartier generale è pochi metri sotto casa: la banca, dove Giribaldi è trattato come un piccolo principe... E il divertimento, al solito, consiste nel fare quattrini. «Che vuole - quasi si giustifica - alla mia età, almeno la Borsa mi dà qualche brivido». Ma nessuna malinconia, per carità. «Noi che non abbiamo avuto gioventù - aggiunge subito non possiamo invecchiare». E basta ricordargli l'avventura in Cu e Cofide, le centinaia di miliardi guadagnate in quella battaglia di nervi per veder brillare i suoi occhi dietro le spesse lenti. «E pensare che mi davano del matto tutti, ma proprio tutti quanti...». La voglia di giocare dopo una vita dura, al galoppo, e la sfida a non invecchiare mai, o il più tardi possibile. Una conversazione con il «re Micia» italiano lascia il sapore di una miscela di cose serie raccontate con semplicità da un finto ingenuo, furbo come una faina, condannato a divertirsi solo così, scalando le montagne del denaro, tra una telefonata a Milano, a Lugano e, più spesso ancora, a Parigi, Londra o New York. L'hobby preferito? Probabilmente g)i orologi, una collezione di almeno 500 pezzi, quasi tutti unici o quasi («E ne compro ancora. Valgono sempre di più, a Tokyo c'è gente che mi offre una fortuna...»). Oppure le auto: Ferrari, Bentley, Rolls Royce, Bmw e Jaguar. Per trovare una sistemazione adeguata al parco macchine ha comprato il piano di un albergo del Principato. E per tenerle pulite come vuole lui, ha comprato una società che produce un detersivo speciale. «Un affare - commenta - abbiamo buoni contratti in Francia per la pulizia degli aerei. Adesso pensiamo all'Italia». E si torna, insomma, a parlare di danaro. Soldi, soldi, ancora e sempre soldi. Mica male per quel tenentino della San Marco sbarcato, dopo un anno di prigionia a Porta Nuova, alla fine del '46. Il suo destino si sarebbe deciso un anno dopo, quando, in una balera di corso Giulio Cesare, conobbe Luigina, 17 anni, figlia di un piccolo autotrasportatore. Sabato prossimo fanno 50 anni di matrimonio: da via San Quintino a Montecarlo, dai camion ai listini di Borsa. Una sorta di Soros di casa nostra. «Per carità, non facciamo quel paragone, altrimenti non vivo più. Da quando ho concluso l'affare Cir, ho ricevuto anche 15-20 lettere e fax al giorno. E c'è gente che è arrivata qui in banca, a Montecarlo, per chiedere che cosa stavo facendo. Soros lasciamolo dov'è. Lui ha fatto la London School, la mia università è stata la Traco, in via San Quintino. Alle cinque del mattino partivo con il furgone per Milano. Scaricavo, lavoravo in ufficio, a mezzogiorno tornavo a Torino. Alle cinque di sera altro mezzo turno e poi in ufficio, fino a mezzanotte». Vita dura... «Nel '49 dovevo scortare i camion perché a Rondissone, tra Torino e Milano, eri costretto a rallentare e ti aspettavano i banditi. A Roma facevi fortuna, quando ci arrivavi, a vendere merce e camion assieme. La svolta? Nel '64 ho fatto la Traco, con lo slogan la merce in pullman. Il segreto del successo? Neanche un camion di proprietà, tutto affidato ai padroncini che lavoravano duro. Niente dirigenti in casa, solo impiegati di prima, al massimo. E il padre padrone, cioè io, a seguire tutto». Poi ha venduto tutto agli australiani... «Adesso sono falliti, la proprietà è delle poste olandesi. E han voluto chiamare tutto Tnt. Per me è stato un colpo durissimo. Quel nome, Traco, è parte della mia vita». Ma si è consolato in Borsa e fuori. Quante Ferrari ha? «Da collezione? Dodici. Poi ne ho qualcuna normale, per andarci su. Più le altre, Bentley, Rolls Royce, Jaguar». E si ferma qui? «Ho un sogno: l'ultima Rolls prodotta prima della vendita ai tedeschi». Ce la farà? «Penso di sì. Ho tanti amici lassù. Ho anche fatto parte di una cordata per mantenere la Bentley indipendente. Ma il governo non ne ha voluto sapere...» La Borsa, Giribaldi. Molti vogliono la sua previsione... «Non sono pessimista. Lo ero qualche mese fa, ma adesso tutto è più chiaro». Davvero? «Io la vedo così. Tra pochi giorni Rubin, il ministro del Tesoro Usa, s'incontra con i giapponesi. E lì, vedrà che si mettono d'accordo. Il risultato sarà un rimbalzo dello yen, oggi troppo sottovalutato, e un po' di tranquillità per tutti. E le Borse, almeno quelle che hanno birra in corpo, andranno su: l'Europa almeno. Mi piace l'Italia, poi la Spagna e la Francia. La Germania? Adesso piangono sulla Russia, ma sono lacrime di coccodrillo. Sono cinque anni che fanno il 20% di interessi sulla Russia...». Ma lei compra anche a Tokyo? «Per ora solo l'indice, poca roba. Ma i miei amici di Londra stanno seguendo quattro o cinque piccole e medie aziende buone, che hanno retto alla crisi. Il rialzo partirà da lì, perché i grossi stanno già bene. Gli aiuti devono finire ai piccoli...». E Giribaldi sarà della partita. Ma in questi mesi ha guadagnato? Ci spieghi la sua ricetta... «Qualcosa ho guadagnato. Cosa mi piace adesso? Finanziari, qualche bancario. Ma vedo qualche industriale un po' maltrattato. M'insospettisco sempre se un titolo è troppo bistrattato. Qui gatta ci cova, mi dico. E studio i bilanci. Si fanno delle belle scoperte nella nostra Borsa. Anche quando un titolo va su e non si capisce perché. A mettersi nei panni di chi comanda si capisce il suo interesse: utili tenuti su con l'uso delle riserve, titoli depressi per fare il pieno prima di un grande affare, titoli giù perché il proprietario è a corto di lira... C'è sempre una ragione». Dopo l'uscita dalla Cir e dalla Cofide lei sembrava scomparso dalla circolazione. Spaventato dal successo? «No, ubriaco. Come se avessi bevuto un barbera magnifico, profuma- to, straordinario. Ma non mi sono fermato: ho giocato a modo mio. Sarò entrato e uscito da Telecom una ventina di volte». Guadagnandoci... «In genere sì, altrimenti che divertimento c'è?». Tutti dicono che è a caccia di Snia. E' vero? «Diciamo così, mi piace scommettere sugli uomini. Romiti non è certo andato in pensione. E mi piace essere suo socio, un po' in Gemina, un po' da altre parti. Di più in Snia, perché credo che lì ci sia da fare più che altrove, anche sul piano dell'azionariato. Romiti mi sembra una bella garanzia...». Dica la verità: si agita tanto perché in fondo, qui a Montecarlo, si annoia... «Una volta sì, perché ero un pensionato di Iupso e nulla più. Adesso si comincia a ragionare anche di finanza. Prenda i miei amici della Banca del Gottardo. Ragazzi svegli, gente che sta all'erta e non lavora sui soliti titoli. Ne voglio parlare perché, sa, qui a Montecarlo c'è sempre una festa, o un ricevimento. Ma loro stanno in ufficio e se alla sera vuoi comprare a Wall Street basta cercarli sul telefonino». Anche l'America? Ma non si riposa mai? «E' un mercato difficile, perché con tutta quella trasparenza è arduo individuare i segreti nascosti, i punti di debolezza o di forza di una società. Lì ti raccontano tutto, altro che segreti. Ma è un mercato magnifico, 10 mila società almeno tra Nyse, Amex, Nasdaq. Mi fa ridere chi parla di crisi della Borsa Usa. Quando va male, ci sono almeno 8900 titoli da seguire. Adesso quel che va è il biomedicale. C'è una società che sta per sfornare un kit per esami strepitoso». Elei... «Ho comprato a 90 cents, è scivolato fino aio cents. Adesso è a un dollaro e mezzo. Poi, chissà... Scusi suona il telefono. Pronto, compra ancora, facciamo 100 mila pezzi». Per la cronaca, «100 mila pezzi» vale un miliardo e mezzo, più o me no. Anche oggi re Mida non riposa. Ugo Bertone Dall'ufficio di Montecarlo opera al telefono sui mercati di tutto il mondo: «Ho fiducia che si riprenderanno» Cominciò nel '47 coi camion Ora per sistemare la collezione di Ferrari e Rolls ha acquistato il piano di un albergo CHI E' Luigi Giribaldi è nato a Cavallermaggiore (Cuneo) nel 1925 E' sposato e padre di due figli Ha cominciato a occuparsi di trasporti nel 1947. Poi, nel 1964, ha fondato la Traco, società di trasporto merci. Oggi l'azienda si chiama Tnt ed è di proprietà delle Poste olandesi Vive e lavora a Montecarlo, dove si occupa di transazioni finanziarie E' salito alla ribalta nei mesi scorsi, comperando e rivendendo il 20% di Cir e Cofide (gruppo De Benedetti) con un guadagno di 200 miliardi i Hobby: colleziona orologi (ne ha circa 500) e auto di lusso (Ferrari, Bentley, Rolls-Royce, Bmw e Jaguar) i E' stato più volte in trattative per l'acquisto del Torino calcio e ancora oggi non ha abbandonato del tutto il progetto Luigi Giribaldi e un'immagine di Montecarlo, dove il finanziere vive e lavora