« Vendetta dei boss contro le omelie » di Pierangelo Sapegno

« Vendetta dei boss contro le omelie » RETROSCENA DIETRO LA DITTA DEI RICATTI « Vendetta dei boss contro le omelie » 77 sospetto tra le vittime degli usurai LAGONEGRO (Potenza) DAL NOSTRO INVIATO L'altro giorno, davanti al magistrato, Leonardo TataIo è scoppiato a piangere. E' una vita che piange, da quando 4 anni fa cominciò a chiedere soldi alla banca perché il suo commercio di biancheria intima non andava più bene, e si trovò così strozzato dagli usurai. Una volta, Filippo D'Agostino racconta che lo salvò persino dal suicidio: arrivò in tempo, all'ultimo istante, lo tirò fuori una notte a guardare la luna e la vita. Lupo Solitario era l'unico che urlava dai suoi microfoni questa piccola storia da disperato. Tatalo andava a bussare a tutte le porte, e non c'era nessuno che gli credeva. Si presentava in giro, a Sant'Arcangelo, a La uria, persino a Roma se n'era andato un giorno assieme ad Antonio Stipo, e succedeva sempre la stessa cosa, che lo ascoltavano e poi stentavano a credergli. libello è che di quello che sappiamo adesso, Tatalo raccontava neanche la metà. Lui diceva solo che era andato in banca per avere un prestito e che era finito strozzato dal direttore. Oggi parla con gli occhi che si bagnano: «Mi hanno protestato i figli, tutto mi hanno preso. Hanno preso le case di mia madre, hanno preso la vita di mia moglie. E adesso anche i due figli». Uno era minorenne, allora. Tatalo era prigioniero per sempre, catturato anche nel futuro. Così funzionava la Cooperativa del Credito, un sistema di ricatti che saliva sempre di più negli interessi e negli affetti. Lui ne parlava e gli altri non ci credevano. «Una banca? Ma è sicuro?». Dopo aver girato a destra e sinistra, finalmente lo Scico della Guardia di Finanza, a Roma, gli dà ascolto. Parte la prima denuncia: è il 21 febbraio '97. L'inchiesta la guida la dottoressa Lucchetta, della Procura di Lagonegro. Viene messo sotto controllo il telefono di Filippo Lemma, il direttore del Banco di Napoli, a Sant'Arcangelo. Prima sorpresa: Lemma continua a chiamare Mario Lucio Giordano per chiedere soldi. Una volta: «Portami 50 milioni che facciamo un affare». «Va bene, ci vediamo subito». Un'altra: «Portamene 70 che facciamo un prestito». «Vengo da te». A raffica: «Mi servono al più presto 300 milioni». Risposta: «Dammi un paio di giorni». Sempre così. Appena un disperato bussa, il direttore chiede i soldi a Mario Lucio. Questo Giordano, però, è al di sopra di ogni sospetto, è il fratello del cardinale. E le telefonate così, poi, non dicono niente. Che succede allora? Racconta l'awocato di Tatalo, Antonio Boccia, che a un certo punto, a gennaio di quest'anno, l'inchiesta passa al procuratore Michelangelo Russo. Perché? «So che Lucchetta voleva archiviare», dice D'Agostino, il grande accusatore. Manuela Comodi, la sostituta che affianca Russo nell'inchiesta: «Non è affatto vero». Però, da quel momento l'indagine corre. In mezzo a strane coincidenze. Vediamo di leggerne alcune. La Cooperativa del Credito, questa associazione a delinquere di strozzinaggio, nasce - pare - nel '94. E siamo sempre nel '94. il 2 settembre, quando il cardinale Giordano, a Napoli, parla con i giornalisti e attacca l'usura, con parole così violente da stupire tutti: «I sacerdoti devono essere severissimi nei confronti degli strozzini», e quando confessano uno di questi devono concedere l'assoluzione «solo in caso di vero pentimento e di risarcimento dei beni usurpati». In pratica, è una scomunica. A Napoli, la camorra ci sguazza nell'usura. E a Sant'Arcangelo, invece, il fratello del cardinale in che rapporti è con la camorra? Mario Lucio Giordano era un tranquillo impiegato di banca. Poi arrivò il grande terremoto dell'80 che buttò giù le case e i paesi, che sbriciolò i palazzi e uccise la gente, ma che cambiò pure la vita a molti, da queste parti. Il piano di ricostruzione fu gestito direttamente dalla camorra. Piovvero i soldi da Roma, e fiorirono gli imprenditori. Anche Mario Lucio Giordano divenne imprenditore, dall'81. Fino al giorno prima non sapeva manco cos'era una cazzuola. Non importa. Tirò fuori dal cassetto il suo bel diploma di geometra e cominciò una nuova vita facendo affari con la legge 219 e i soldi che passavano dalla camorra. Tutto questo che significa? «E' la grande domanda dell'inchiesta», dice l'awocato Boccia, che difende i due testi Tatalo e Stipo, accusati di «appropriazione indebita impropria»: stabilire se il cardinale sapeva o no. «Perché una delle ipotesi che si possono fare», ammette il legale, «è che l'arcivescovo sia rimasto vittima di una vendetta della camorra». Ter cercare una risposta, continuiamo a restare ai fatti, o a quelle notizie che Lupo Solitario continua a urlare dalla sua radio. L'inchiesta marcia. E le indagini cadono pure su Domenico Siviglia, imprenditore con precedenti penali, che da un rapporto riservato risulta «lavorare per conto del Comune di Sant'Arcangelo». E' lui il tramite con la 'ndrangheta? La Finanza di Lauria, intanto, dispone il sequestro di 20 mila titoli: e siccome il diavolo in questa storia ci mette sempre lo zampino, il primo assegno che viene sequestrato è proprio del cardinale: 100 milioni al fratello. Ce ne sono altri, e di tutti i tipi. Ce n'è anche uno di un miliardo e 40 mila lire. Arriva la perquisizione nella Curia e l'awiso di garanzia al cardinale. Lemma e Mario Lucio Giordano sono finiti in carcere. Tatalo racconta di aver accompagnato Lemma nella casa del cardinale, per avere garanzie che non ci sarebbero state inchieste mterne nella banca. «Ma non posso nemmeno dire se dentro c'era lui», dice ora. E Stipo: «Io non so niente, so perché me l'ha detto TataIo, niente di più». Ancora Tatalo: «E' Lemma che m'ha detto che incontrava il cardinale». Lei l'ha visto? «No». Altro testimone è Bastanzio, cognato di Lemma. Racconta D'Agostino: «Quando cominciano le visite degli ispettori, Lemma va in crisi. Viene ricoverato in ospedale, a Potenza, ha problemi di esaurimento nervoso. Quando esce va con Bastanzio a Napoli, dal cardinale: vediamo che succede». Succede, raccontano, che il cardinale lo la attendere e dopo un po' gli fa dire: «E' fuori. Non c'è». D'Agostino: «E allora lui sbianca e si sfoga con il cognato: mi hanno scaricato». E' dawero il cardinale che l'ha scaricato? Sta di fatto che Lemma è così disperato che si rivolge addirittura a Lupo Solitario, il suo nemico folle che dalla radio sbraita e attacca senza pietà. «Gli ho detto vai dal magistrato, a questo punto è la tua unica salvezza. Lui prima mi ha detto sì, poi ha cambiato idea». In questo guazzabuglio si confondono tutti, anche i nemici. Solo le vittime restano al loro posto, con i calzoni bucati. «Sono rovinato», dice Stipo. E Tatalo, dopo 13 ore di interrogatorio, corre a dormire nel suo magazzino. «Hanno minacciato di bruciarmelo», spiega. La casa gliela protegge una pattuglia del 117. Vive così. Dice: «Sto venendo fuori dal fango. Non ho più niente. Anche i miei figli sono protestati. Però, adesso, posso di nuovo guardarli in faccia». Pierangelo Sapegno Un legale: la società di strozzini nacque mentre il cardinale attaccava camorra e prestasoldi