Dopo 10 anni il compromesso di Lockerbie di Franco Pantarelli

Dopo 10 anni il compromesso di Lockerbie Dell'accordo farebbe parte anche l'abbandono di Abu Nidal, che sarebbe agli arresti in Egitto Dopo 10 anni il compromesso di Lockerbie Sì di Gheddafi: processo ai due libici in Olanda NEW YORK NOSTRO SERVIZIO C'è l'accordo: la Tibia ha accettato che i suoi due cittadini accusati di aver fatto esplodere in aria, nel 1988, un aereo della Pan Am uccidendo 270 persone, vengano processati in Olanda, hi un comunicato ufficiale il ministero degli Esteri libico dice di accettare «gli sviluppi intervenuti della posizione dei governi di Stati Uniti e Gran Bretagna: è ciò che la Libia aveva chiesto». Gli «sviluppi intervenuti» sono ovviamente dati dal fatto che Washington e Londra l'altro ieri hanno di colpo rinunciato a una richiesta che per sette anni avevano sostenuto, ottenendo anche dal Consiglio di Sicurezza dell'Orni lo stabilimento di sanzioni economiche contro la Libia: la richiesta che i due accusati venissero estradati dalla Libia e processati negli Usa (perché l'aereo fatto saltare era americano) o in Gran Bretagna perché l'esplosione era avvenuta in Scozia, nei pressi di Lockerbie. La loro accettazione della sede «neutra» che Gheddafi esigeva ha sbloccato la situazione, ma da tutto ciò che si diceva ieri le cose sono più complesse. Del «pacchetto», infatti, pare che abbia fatto parte anche Abu Nidal - il terrorista palestinese più noto degli Anni 70 e 80, indicato anche come responsabile dell'attacco contro la biglietteria della El Al, la compagnia di bandiera israeliana, all'aeroporto di Roma nel Natale 1985 - per anni scom- parso dalle cronache e di colpo riapparso in Egitto, a curarsi in un ospedale del Cairo il tumore al cervello di cui soffre. In sostanza l'accordo sarebbe stato: processo in Olanda e fine delle sanzioni contro la Libia, contro l'estradizione dei due accusati e la fine della «protezione» accordata a Abu Nidal. L'Egitto smentisce che lui sia lì, il suo ministro degli Esteri insiste che le voci diffuse l'altro ieri «sono errate» e che Abu Nidal si trova chissà dove; ma la convinzione generale è che si tratti solo del timore egiziano di possibili rappresaglie degli amici dell'ex «terrorista numero uno», o magari dell'intervento degli agenti israeliani che hanno più di un motivo per farlo fuori. Ma a quanto pare fra quelli che spingevano con la Libia perché finisse la sua «protezione» ad Abu Nidal ci sarebbe stato anche il leader palestinese Yassir Arafat, che con lui ha non pochi conti in sospeso. «Stiamo esaminando i documenti» ha detto Tripoli e il suo rappresentante all'Onu si era detto «sorpreso» che il Consiglio di Sicurezza avesse già preparato una risoluzione per togliere le sanzioni contro il suo Paese, quasi come suggello del problema risolto. Ma alla luce del «collegamento» che viene fatto fra questa storia e quella di Abu Nidal, quella di Tripoli era una specie di commedia, come lo era l'intimazione a «decidere subito perché la cosa non è negoziabile» lanciatagli ieri, due ore prima del comunicato libico, da un portavoce di Bill Clinton. Il «Times» di Londra ieri ha pubblicato un articolo. Ma non è chiaro chi abbia concepito il «baratto». E' stato Gheddafi ad aggiungere la testa di Abu Nidal, per poter estradare i due accusati di Lockerbie senza perdere la faccia e concludere la vertenza; o sono state Washington e Londra a dirgli: va bene, accettiamo il processo in ima sede neutra, ma in più devi anche cacciare Abu Nidal? L'unica cosa sicura è la coincidenza fra i tre elementi essenziali: lo sblocco della disputa sulla sede del processo; la partenza di Abu Nidal dalla Libia e la fretta con cui è stata preparata la risoluzione per eliminare le sanzioni. Franco Pantarelli Londra e Washington all'inizio esigevano che fossero giudicati in Scozia o negli Usa Adesso l'Onu potrà revocare l'embargo