Il partilo di D'Antoni, incubo dell'Ulivo di Enrico Singer

Il partilo di D'Antoni, incubo dell'Ulivo Le accuse del leader Cisl: per il Ppi è troppo duro con Prodi, per An «vuol solo far carriera» Il partilo di D'Antoni, incubo dell'Ulivo Martinazzoli: scompone i due poli, guarda a Cossiga ROMA. «Il partito di D'Antoni? Ma perché da noi se un sindacalista propone uno sciopero generale, si pensa subito che insegua un disegno politico? E poi quale? Far cadere il governo per imbarcare l'Udr in una nuova maggioranza? E' tutta fantascienza». I fedelissimi del segretario Cisl gettano acqua sul fuoco. Eppure il sospetto che la violenza con cui Sergio D'Antoni si è pronunciato contro la politica economica dell'Ulivo sia ispirata dalla voglia di costruirsi una base di consenso non soltanto sindacale, è letteralmente esploso, ieri, in una girandola di dichiarazioni. Quella frase - «O il governo fa qualcosa sul lavoro, o se ne deve andare» - a molti non è andata giù. Ad altri ha acceso speranze. E il «partito di D'Antoni», fantascienza o no, è piombato nel dibattito politico di fine estate. Il più chiaro è stato Antonio Di Pietro: «Ha parlato più da aspirante leader politico che da segretario sindacale. Vediamo che cos'altro tirerà fuori del cilindro», ha detto il senatore del Mugello. Il più diplomatico è stato il «responsabile lavoro» diessino, Alfiero Grandi: «La dietrologia non mi interessa, dico solo che D'Antoni dovrebbe essere più cauto se non vuole che le sue legittime rivendicazioni siano cavalcate dagli interessi di turno». I toni sono diversi, ma la sostanza è la stessa: nell'Ulivo c'è irritazione. Quantomeno, c'è imbarazzo. «Non riesco a capire il suo comportamento», dice Gerardo Bianco, presidente Ppi, che nel governo dovrebbe essere la sponda naturale di D'Antoni. «E' troppo duro e ingiusto il suo giudizio su Prodi». Ma tra i nnnnlari r.'ò anche chi Ma tra i popolari c'è anche chi non vede con sfavore una Cisl che cerca una forte visibilità e un D'Antoni che vuole contendere a Sergio Cofferati e alla sua Cgil la leadership sindacale. Come Giampaolo D'Andrea: «Forse ha usato toni eccessivi, ma ha ragione nel dire che non si può ancora aspettare per l'occupazione». Il confronto tra D'Antoni e Cofferati è l'altra chiave di lettura quella ufficiale - della linea dura scelta dal segretario della Cisl. Ma anche questa preoccupa l'Ulivo. E, in particolare, Marini e D'Alema che in una cena a casa del segretario del Ppi, il 30 luglio scorso, hanno cercato di mettere pace tra i due. Ma senza successo, a quanto si sa di quel riservatissimo convivio e a quanto dimostrano i fatti. Anche fuori dal governo si parla della sfida di D'Antoni. Rifondazione comunista ci vede 1'«ombra del partito». Dice Paolo Ferrerò, della segreteria del Prc: «Giuste le critiche al governo, ma i motivi politici per i quali D'Antoni ha sollevato tali questioni e le ricette che propone non ci trovano assolutamente d'accordo». Da destra reazioni altrettanto nette. «Il grande centro potrebbe essere una grande illusione per lui», dice Giulio Maceratini di An. Più aggressiva Alessandra Mussolini: «D'Antoni vuole intraprendere la carriera di tanti suoi ex colleghi come Bertinotti, Camiti e Del Turco». La stessa Forza Italia è soddisfatta delle critiche a Prodi - «la Cisl denuncia quello che denunciamo noi, il fallimento del governo» - ma non condivide lo sciopero usato come arma politica: «Basta con il super- nartitn». dice Antonio Martino. partito», dice Antonio Martino L'interpretazione del Polo la riassume bene Marco Follini, vicesegretario del Ccd. «La critica dura di D'Antoni è il segno che il patto sociale sul quale l'Ulivo ha fondato le sue fortune si sta logorando. Se poi D'Antoni ha delle aspirazioni politi¬ che ner un nuovo erande centro, di- che per un nuovo grande centro, dico che il centro è grande solo se sta da una parte». Ecco il punto: per quale centro lavora - se lavora - Sergio D'Antoni? Mino Martinazzoli, ultimo segretario della De, il 22 maggio scorso era a Napoli con D'Antoni, De Rita e un perplesso Marini in occasione del battesimo Marini in occasione del battesimo del «Forum del sociale», primo nucleo di quello che molti considerano il «partito» del segretario della Cisl. Adesso Martinazzoli dice: «Non credo che D'Antoni voglia usare lo sciopero generale per motivi politici, ma ritengo che sia libero di partire dal sociale anche Der un atrorodo alla sociale anche per un approdo alla politica». La verità, secondo Martinazzoli, è che D'Antoni «non piace ai guardiani dei recinti» perché «scompone gli schemi di Polo e Ulivo». Come dire che guarda a una terza forza che nel panorama del centro è quella di Cossiga e della sua Udr. Forse non è un caso che ieri la difesa più decisa delle posizioni di D'Antoni sia venuta proprio da Rocco Buttiglione che dell'Udr è leader di spicco. «Qualcuno dice che voglia scendere in politica e collaborare con me e con Cossiga per il grande centro? Ho l'impressione che sia un depistaggio. Sono cose futuribili. Prima di andare a cercare i pensieri nascosti di D'Antoni, vediamo quelli espliciti: vuole fare il sindacalista e di fronte al governo Prodi che non mantiene le promesse, chiede lo sciopero. Meno male che c'è qualcuno che vuole salvare il sindacato dal dominio del Pds». E' quel che, in privato, ripetono anche i collaboratori di D'Antoni, fl confronto con il governo dell'Ulivo è «tutto sindacale». Da Prodi che peraltro non ama, in questo ricambiato - il segretario della Cisl si aspettava «maggiore collaborazione». Invece è stato «saltato», come sulla vicenda delle 35 ore promesse a Rifondazione. E se la Cisl ha voglia di protagonismo è perché non vuole «farsi ingabbiare» dalla Cgil che ha una «sponda reale» nel governo e che si comporta come «faceva la Cisl ai tempi della De». Partito o non partito, il confronto si annuncia duro. Enrico Singer Il segretario generale della Cisl Sergio D'Antoni

Luoghi citati: Napoli, Roma