Vele, quadri e fotografìe raccontano la civiltà del mare di Giorgio Calcagno

Vele, quadri e fotografìe raccontano la civiltà del mare A San Benedetto del Tronto un secolo di storia dell'Adriatico Vele, quadri e fotografìe raccontano la civiltà del mare DSAN BENEDETTO DEL TRONTO OPO novant'anni le vele delle antiche paranze sono I tornate a San Benedetto: quelle belle vele colorate, che avevano ispirato D'Annunzio ed emozionato André Gide, giunto su questa spiaggia dell'Adriatico in un settembre di fine Ottocento. Lo scrittore francese, un po' indispettito per avere scoperto che i pochi alberghi stavano smobilitando, si era rifatto con la vista di quelle imbarcazioni che uscivano clal porto a due a due, per poter gettare le reti in coppia: «Vorrei sapere se le barche degli altri porti dell'Adriatico hanno vele così belle, con strane insegne, con figure multicolori arieggiami quelle di stemmi», annotò in Feulites d'automne. Mentire Gide scriveva, non poteva sapere che anche le paranze sarebbero scomparse nel giro di una generazione, uccise dalle barche a motore. Se ne: abbiamo salvato il ricordo, lo dobbiamo a un ricercatore, Lamberto Loria, inviato a San Benedetto nel 1912, per raccogliere oggetti e costumi della pesca locale, destinati a una esposizione romana e al successivo Museo delle tradizioni popolari. ìjorìa riuscì a convincere le ultime «velare» a lavorare in formato rido tto per la mostra. Quelle vele, che svettavano ancora alte sul mare, con i loro festosi segni di riconoscimento - stelle, rose dei venti, galli, ^monogrammi di Cristo nello spazio del museo non potevano superara i due metri. E quelle donne, di cui oggi si è perduta per sempre l'arte, ne costruirono sedici. San Bene( ietto le ha rivolute oggi in prestito rial Museo romano - per esporle nell a Palazzina Azzurra, dove è aperta la mostra sul Novecento sambenedettese promossa dal Comune e dalli a Regione, in quattro sedi, per ripercorrere la storia della città. E il sottotitolo, «Vele, barche, uomini de'ila civiltà marinara tra pittori e fotografi d'epoca», ci dice quale sia questa storia. Vedere esposte le vele tutte insieme, nella sala affacciante sul più bel lungomare delle Marche, è una gioia per l'occhio e una spina per il cuore. Sono il souvenir, tanto più patetico quanto più sfolgorante, di una lunga epopea, vissuta tutta sul mare. Il nome di San Benedetto del Tronto, nell'Ottocento, non appariva nemmeno nelle carte geografiche. All'inizio del Novecento il paese sfiorava a stento i diecimila abitanti. Ma i suoi uomini erano i pescatori più esperti dell'Adriatico, avevano dato vita a una tradizione che avrebbe trasformato quel villaggio nella capitale italiana della pesca. Per una singolare - e non casuale coincidenza di interessi la sua cultura marinara, con l'inizio del secolo, si sarebbe specchiata in una cultura artistica, che soltanto oggi possiamo scoprire nella sua realtà. Se non appariva negli atlanti, San Benedetto era certamente nelle mappe dei pittori, che qui venivano dall'Italia e dall'estero, si mescolavano con la gente di mare, ne respiravano, insieme, i colori e la vita. La mostra, che resterà aperta fino all'8 ottobre, documenta specularmente i due aspetti:'nella realtà del mare, nella rappresentazione dell'arte. Perché «è stato il popolo marinaro di San Benedetto che ha creato l'interesse negli artisti», come osserva il critico Mario Bucci, dell'Università di Pisa, che ha curato l'allestimento e il catalogo, con un gruppo di esperti. Lo svizzero Alfred Chatelain, per esempio, arrivato qui nel 1906, ci si è trasferito con la famiglia e ha voluto uno studio di legno con ampie vetrate sul mare; e ci ha passato dodici anni a dipingere pescatori, barche, donne con l'ombrellino sulla spiaggia, a documentare la vita marinara con la sua macchina fotografica (foto stupende, che non valgono meno dei qua¬ dri). Si è divertito perfino a dipingere egli stesso i soggetti per le vele. E ha fatto scuola, anche fra gli artisti locali, sollecitati da quello scambio. Più d'uno, partito dal lavoro con lui, ha compiuto il cammino inverso, imponendosi all'estero. C'erano pochi abitanti, a San Benedetto; ma c'era un ceto mercantile attento al nuovo, pronto a cogliere segnali che altrove non arrivavano. E c'era una nobiltà colta, che sapeva scegliere. Uno fra i luoghi più ambiti della mostra - da visitare su appuntamento - è la villa dei conti Brancadoro, che nel 1897 chiamarono un giovane pittore della zona perché gli affrescasse la villa. Oggi hanno un patrimonio inestimabile, perché quel ventitreenne sconosciuto era Adolfo De Carolis: sarebbe diventato uno fra i grandi del Novecento in pittura, il sommo nella grafica. Quasi tutti i medici, i professionisti, i commercianti di qui hanno in casa le opere di quei pittori, spesso ospitati per le vacanze. La maggior parte dei quadri esposti non escono da musei, ma da collezioni private. Il più presente, tutto da rivalutare, è Armando Marchegiani, operoso a Roma, in California, in Olanda, in Norvegia, tornato all'inizio degli Anni 50 nella sua San Benedetto dove passò il resto della vita a ritrarre sulla tela una civiltà che andava quasi scomparendo sotto i suoi occhi. Oggi la città è fiorente, vitalissima, sul suo mare: e diversa. «Con grande ritardo la storiografia italiana e gli storici dell'arte si sono accorti che un pezzo d'Italia, la costa, è ancora senza storia», dice lo storico Gino Troli, sambenedettese, assessore regionale alla Cultura. Questa mostra vuole aiutarci a ritrovarla. Ce la raccontano i cimeli, le fotografie, il mare di fronte a noi. Nelle opere dei pittori la possiamo leggere tutta. Giorgio Calcagno «Vele o farfalle» di Alfred Chatelain, uno dei pittori stranieri che trovarono su queste rive dell'Adriatico la loro fonte d'ispirazione

Luoghi citati: California, Italia, Marche, Norvegia, Olanda, Roma, San Benedetto Del Tronto