L'INCANTESSIMO DELLA DONNA ANTILOPE

L'INCANTESSIMO DELLA DONNA ANTILOPE BIBLIOTECA Di BORDO. Nella foresta magica L'INCANTESSIMO DELLA DONNA ANTILOPE VOGLIO raccontarvi una storia - disse papà. - Sì, raccontacela dissi. - C'era una volta cominciò - un cacciatore. Era un grande cacciatore che poteva imitare tutti i versi e i rumori degli animali e comprenderne la lingua. Aveva anche una bella voce; quando cantava persino gli animali più feroci si fermavano ad ascoltarlo. Era talmente bravo come cacciatore che non c'era giorno in cui non portasse a casa un cervo o un cefalofo o un cinghiale morto. Un giorno la fortuna lo abbandonò. Provò e riprovò, ma non riuscì ad ammazzare niente; nelle sue trappole non trovò neanche un coniglio. Gli animali avevano cominciato a capire i suoi trucchi, e andò avanti così per sette giorni. Per tutto quel tempo rimase nella foresta, giurando che non sarebbe tornato a casa finché non avesse preso qualcosa. Il settimo giorno era così stanco che si addormentò ai piedi di un albero. Nel sonno sentì la foresta parlare di lui e progettare delle cose spaventose da fargli, perché aveva ucciso tutti quegli animali meravigliosi che non gli avevano fatto alcun male. Dormiva profondamente, quando una strana luce gli lampeggiò davanti agli occhi: svegliatosi di soprassalto vide una donna in piedi di fronte a un termitaio enorme. La donna si guardò intomo per essere certa che nessuno la stesse osservando, poi si trasformò in antilope ed entrò nel termitaio. L'uomo rimase allibito. - Come fa un'antilope a entrare in un termitaio? - domandai. - Sembrava un termitaio, disse papà - rna in realtà era un palazzo. - Com'è possibile? - Era un palazzo che soltanto alcuni esseri possono vedere. Fece una pausa. - La tua storia non sta andando da nessuna parte - disse mamma dal buio. - Una storia non è un'automobile - replicò papà -. E' una strada, e prima di allora era un fiume, un fiume che non ha mai fine. - E che cosa è successo dopo? - chiesi. - Il giorno dopo l'uomo ritornò nello stesso punto alla stessa ora, e finse di dormire ai piedi dell'albero. Sentì di nuovo la foresta parlare di lui, tramando qualcosa di astuto e terribile da fargli. Poi ci fu un altro lampo di luce: aprì gli occhi e vide la donna più bella del mondo alla porta del grande termitaio. Era nuda, la pelle le brillava come bronzo lucidato ed era ricoperta di monili d'oro sul collo, le caviglie e le braccia. Attorno alla vita aveva delle perline di pietre preziose ohe emanavano una luce meravigliosa. L'uomo s'innamorò di lei all'istante. La donna si guardò intorno e si trasformò in antilope, sparendo nel palazzo segreto del termitaio. L'uomo tornò a casa, ma non riuscì a dormire né a mangiare. Poteva soltanto pensare a quella donna stupenda. Era così innamorato da giurare a se stesso che l'avrebbe sposata, fosse stata l'ultima cosa che avrebbe fatto. Papà si bloccò di colpo, spaventandoci. - Portatemi un po' d'acqua disse. Questa storia m'ha fatto venire sete. Uscii di corsa a prenderla. Al mio ritorno mamma era seduta ai piedi di papà, accarezzandogli la caviglia. Papà bevve e riprese la storia schiarendosi prima la gola, mentre fuori soffiava un vento nuovo e misterioso. - Il giorno dopo l'uomo si recò nello stesso punto molto presto, e finse ancora di dormire sotto l'albero. Questa volta la foresta rimase in silenzio. Lui tenne gli occhi chiusi, aspettando che le strane luci cominciassero a lampeggiare. Attese a lungo, la sera diventò notte. La foresta si mise a ridere, ma l'uomo continuò a fingere. Poi, quando s'era fatto talmente buio che si poteva vedere solo l'oscurità, una grande luce gli lampeggiò davanti agli occhi, talmente grande da farlo sobbalzare. Con il cuore che gli batteva forte... In quel preciso momento della storia il vento entrò all'improvviso nella stanza sbattendo la porta contro il letto. Poi sentii un ringhiare profondo che mi fece sussultare; papà rimase a bocca aperta. Quando mi ripresi, la stanza era in silenzio. Allora mi accorsi che papà stava osservando con intensità arcana qualcosa vicino alla porta. Mi voltai per guardare, ma non vidi nulla. Il vento soffiò più forte, portando dentro la stanza la figura color smeraldo di un leopardo massiccio e maestoso. Una luce potente, brulicante di verdi vibrazioni di farfalle, avvolse la grande bestia invisibile: aveva occhi grandi e sedeva là, sulla coda, come un gatto gigantesco. Quella presenza selvaggia e mortale riempì la stanzetta con odori immensi di foreste sconosciute. Nessuno di noi tre si mosse. - Cosa state guardando, voi due? - chiese mamma, affasci- nata dalla nostra concentrazione. Non riuscii a parlare, a causa della meraviglia sovrannaturale di quell'apparizione smeraldina. Allora, proprio perché il segno del leopardo si era aperto un varco nella nostra vita, papà lasciò che entrasse nella magia della sua narrazione. Non distogliendo quasi mai lo sguardo da quella figura radiosa, continuò la storia con voce tremolante: - Come stavo dicendo, la luce passò lampeggiando, oltre il cacciatore, ed era così grande che lo fece sobbalzare, con il cuore che gli batteva come se dentro il petto ci fosse stato un terremoto. Nell'oscurità poteva vedere la donna perché lei risplendeva, la sua pelle emanava luce, i bracciali d'oro le scintillavano addosso fra i raggi lunari del suo mistero. Ma, prima che la donna potesse trasformarsi in antilope, il cacciatore si mise a cantare. Cantò per lei con la voce più incantevole che avesse mai avuto, con il cuore pieno di lacrime. E con quella dolce voce la pregò di accettarlo come sposo, giurando che se lei avesse rifiutato si sarebbe ucciso davanti all'ingresso del termitaio. - Tipico degli uomini - disse mamma. - All'inizio la donna era timida, e cercò di nascondere le sue nudità. Ma lui continuò a cantare con tutta l'anima, con tutto il suo amore, fino a inginocchiarsi: la donna rimase colpita dal canto e da quel gesto. Poi, cedendo un po', gli domandò da quanto tempo la stava osservando: lui le disse la verità, senza smettere di cantare. Forse fu perché le disse la verità che lei gli fece un sorriso, e allora rispose che l'avrebbe sposato a una condizione. Il cacciatore giurò sui molti nomi del grande Dio che avrebbe onorato la condizione fino alla morte. E la condizione era che lui doveva mantenere per sempre il segreto dell'identità della donna, non avrebbe mai dovuto rivelare a niente e a nessuno il mistero delle sue origini. Lui giurò che non l'avrebbe fatto mai, e che se l'avesse fatto avrebbe meritato la giusta punizione. - E poi? - Il giorno dopo la portò in città e si sposarono con una cerimonia fastosissima... - Al contrario della nostra disse la mamma. - Comunque, una volta sposati, ebbero sei bambini. La donna gli portava una fortuna incredibile: lui smise di caccaciare e diventò un commerciante affermato. Ogni cosa toccasse si trasformava in denaro. Aveva il dono della salute, bambini adorabili e il rispetto del mondo. Divenne ricco e famoso, lo fecero capo in sette città. I ricchi gli diedero le loro figlie in sposa: ebbe cinque mogli, ma ìa prima rimase speciale. Per lei, soltanto per lei, fece costruire un palazzo imponente. Ma diventando famoso si fece prendere dall'orgoglio, e con la ricchezza venne l'arroganza. E anche quella grande felicità 10 aiutò a dimenticare le origini segrete del suo successo. Si vantava molto e beveva troppo. - Poi, un giorno, il re annunciò che era stata vista nella foresta un'antilope nera con un gioiello particolare sulla fronte, e che chi l'avrebbe uccisa e portata a palazzo avrebbe sposato la sua bella figliola, ereditando 11 regno. L'uomo, che era stato un grande cacciatore, disse in giro che sarebbe andato nella foresta a uccidere l'animale. Quella notte ebbe un litigio terribile con la prima moglie; era ubriaco, e mentre discutevano disse ad alta voce: "E' perché anche tu sei un'antilope che non vuoi che io vada, eh?". La moglie non rispose e lui se ne andò nella sua stanza. La mattina dopo venne destato dalle canzoni delle altre mogli che prendevano in giro la prima, dicendo che era un'antilope. Allora si rese conto di ciò che aveva fatto: corse nella stanza della prima moglie e scoprì che se n'era andata, prendendo con sé anche i bambini. Si mise in tutta fretta gli abiti da caccia e tornò nella foresta, per sdraiarsi ai piedi del solito albero. Finse di dormire e ascoltò la foresta che parlava di lui, ma non comprese l'enigma di quei discorsi. Nel cuore della notte la strana luce lampeggiò per l'ultima volta: era sua moglie. Lui si mise a cantare con la sua voce più dolente, implorando perdono. Ma lei lo interruppe e disse: "L'antilope nera che vuoi uccidere è mia madre. Il gioiello in fronte è la sua corona, un dono donatole da Dio. E' una regina, io sono una principessa, e ciò che tu credi un termitaio in realtà è il mio regno nascosto. Hai tradito il mio segreto: cosa pensi dovrei fare, io?". "Perdonami" disse l'uomo. Sua moglie si mise a ridere, e le risate provocarono in cielo un rumore fragoroso. Terrorizzato, il cacciatore guardò in alto. Quando abbassò nuovamente gli occhi, vide che sua moglie si era trasformata, non in antilope, ma in leopardo. Papà fece un'altra pausa. - Tutte le cose sono collegate - disse mamma. - Allora con un grande ruggito rabbioso, il leopardo si avventò su di lui, lo fece a pezzi e lo divorò. E fino a oggi... Seguii lo sguardo di papà, che si era fatto intenso mentre le sue parole si trascinavano nel silenzio. Fino a quel punto della storia la figura smeraldina del leopardo era rimasta ferma, immobile, come se fosse stata sedotta anch'essa dalla fiaba di papà. Ma quando mi voltai non vidi nulla là, se non una debole luce verde, come una nebbiolina, con le farfalle che facevano fremere l'aria, e sentii soltanto l'aroma ossessionante della foresta che moriva. - Se n'ò andato! - urlai. - Cosa? - chiese mamma. - E' sempre là - annunciò papà, come se avesse finalmente compreso il significato di quel segno. Poi si alzò dalla sedia, come uno che si stava levando verso un destino più grande. La sicurezza e l'energia di quel gesto furono tali da lasciarci affascinati e confusi, incapaci di reagire. Lo guardavamo come se quella sua nuova sapienza ci avesse gettato addosso un incantesimo ingioiellato. Poi, con la rapidità di chi è solito correre nel sonno, papà si lanciò fuori dalla stanza nella strada buia, seguendo il segno del leopardo color smeraldo. Non impiegammo molto a renderci conto di ciò che era successo, ma quando uscimmo in strada papà era sparito. La luna era bassa in cielo, la notte calda. Il nostro mondo era avvolto dal puzzo insopportabile degli ultimi morti, e le farfalle vibravano nel cuore segreto delle cose. Era una notte densa di sogni: ovunque mi girassi incontravo gli incubi della nostra comunità, che confluivano gli uni negli altri fino ad assumere forme concentrate e spaventose. Quelle forme mi riempirono di terrore. - Torniamo a casa - dissi a mamma. - Ma tuo padre è cieco: e se cade in un pozzo? Non aprii più bocca, ma le figure distorte dei nostri incubi, di cui l'aria notturna era gremita, spaventavano anche mamma. Con grande cautela, e senza allontanarci troppo, cercammo papà su e giù per la via. Quasi mi ammalai per le forze negative presenti nell'aria. Non riuscendo a trovarlo, tornammo di corsa nella nostra stanza ad attendere il suo ritorno. L'attesa fu lunga. Aspettammo per tutte le fasi incantate della luna nuova. Ben Okri Traduzione di Pietro Deandrea «Era nuda e nell'oscurità la sua pelle emanava luce, i bracciali d'oro le scintillavano addosso; prima che potesse trasformarsi il cacciatore si mise a cantare con la voce più bella che avesse mai avuto» O 233 19 LA STAMPA BIBLIOTECA Di BORDO. Nella foresta magica L'INCANTESSIMO DELLA DONNA ANTILOPE 2 di Ben Okri

Persone citate: Ben Okri, Pietro Deandrea