LA CORDA SI TIRA di Mario Deaglio
LA CORDA SI TIRA LA CORDA SI TIRA sto dell'Europa avanzata si sta muovendo al 3 per cento o più? Se si guarda al passato, la risposta è chiara: non si può affidare la fase espansiva di un'economia alle medesime strutture burocratiche, ai medesimi processi decisionali che hanno gestito il difficile e doloroso rientro dall'emergenza finanziaria. Occorre crearne di nuovi, come furono nuovi, negli anni della ricostruzione e del miracolo, la Cassa dei Mezzogiorno (che conseguì, all'inizio, risultati imponenti), U nuovo assetto delle Partecipazioni Statali, una certa sistemazione delle relazioni sindacali. Le novità sulle quali deve poggiare un'azione di stimolo che rispetti i vincoli di bilancio sono state in parte abbozzate da questo governo. Si chiamano contratti d'area, semplificazione burocratica, nuovo ordinamento della Borsa, riforme del commercio e degli ordini professionali. Il problema è di andare oltre l'abbozzo, un processo politicamente difficile in un contesto politico in cui, per di più, l'ombra assurda delle «35 ore» potrebbe gelare ogni sviluppo: le «35 ore», infatti, paiono accettabili, ma in nessun modo risolutive sul piano dell'occupazione, solo se raggiunte spontaneamente con la contrattazione tra le parti, in contropartita a una maggiore flessibilità. Dobbiamo quindi augurarci che Ciampi e i suoi, abituati per anni a utilizzare abilmente le forbici, mostrino uguale abilità progettuale e uguale energia nel proporre al Parlamento altri strumenti, con cui stimolare la ripresa produttiva. Le difficoltà, però, non finiscono qui: un secondo, importante elemento d'incertezza è rappresentato dal quadro internazionale. E' successo altre volte in passato che si dovesse progettare la Finanziaria con una situazione internazionale incerta. In nessun periodo recente, però, l'orizzonte è parso appannato e confuso come ora: dalla crisi asiatica alla crisi russa, dalla guerra africana dei Grandi Laghi allo scandalo del Sexgate, tutto congiura nel rendere problematica la previsione dell'andamento delle esportazioni, della produzione e del gettito fiscale. A nulla servono le autorevoli assicurazioni europee che tutto questo non ci toccherà o ci toccherà poco: questi signori hanno già sbagliato un anno fa, quando sottovalutarono la portata della crisi asiatica. Infine, per la prima volta, il governo italiano non si troverà ad avere come interlocutore privilegiato la Banca d'Italia bensì la neonata, ma non per questo meno agguerrita, Banca Centrale Europea che ha già lanciato un durissimo monito, indirizzato particolarmente all'Italia, perché non venga abbassata la guardia. E il margine di manovra governativo è sempre più ridotto dall'integrazione europea che interferisce, in maniera sempre più sensibile, in una vastissima serie di decisioni, dal caso di Malpensa 2000 a quello degli sgravi per le aree in difficoltà. Per tutti questi motivi, la Finanziaria 1999 si preannuncia, più di quelle che l'hanno preceduta, come un processo che, partendo dalle grandi linee del Dpef, il piano triennale della finanza pubblica, deve essere costruito con cautela, flessibilità e pragmatismo. A nulla servono i comportamenti isterici di chi invoca lo sciopero generale e non ha senso irrigidirsi su singoli punti. Nel dipanarsi degli avvenimenti delle prossime settimane si potrà vedere se, nel suo complesso, il Paese conserverà quella saggezza di fondo che gli ha consentito di raggiungere i risultati del passato. Mario Deaglio
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