Ombre nella verità di Silvia di Francesco La Licata

Ombre nella verità di Silvia Ombre nella verità di Silvia Dubbi della commissione antimafia sulla versione fornita sui mediatori ROMA. Una testimonianza drammatica, quella di Silvia Mehs alla Commissione Antimafia. Un racconto che, da un lato, metteva a nudo tutte le angosce, le paure, le difficoltà di una trattativa che ha sempre come posta in paho la vita; dall'altro lasciava chiaramente ampi vuoti sugli ultimi momenti del sequestro e sulla liberazione mai spiegata. Una testimonianza, tuttavia, utile per le cognizioni offerte all'organismo parlamentare a proposito del variegato mondo di garanti, mediatori e volontari della trattativa che si muove attorno agli attori protagonisti del sequestro. Silvia Mehs fu ascoltata la mattina del 4 marzo, in seduta segreta, per metterla in condizioni di ri¬ spondere senza pubblicità e senza il timore di minacce e ritorsioni. Silvia Mehs non ebbe peli sulla lingua nell'illustrare lo stato d'animo con cui l'ostaggio vive la trattativa e le fasi legate alle leggi e, soprattutto, all' atteggiamento degli investigatori e degli organi di informazione. La Mehs non dava molta importanza al problema del blocco dei beni perché, diceva, «è un dato certo che i soldi si riesce a recuperarli in qualche modo attraverso gli amici, anche se ovviamente è maggiormente agevolato chi ha più amici». «Il problema - segnalava - è il rapporto con gli investigatori... La cosa che mi ha dato più fastidio, perché l'ho vissuta, è il fatto che non vi sia stata collaborazione tra la mia fa¬ miglia e gli inquirenti a seguito di un fatto preciso». Quale? «Mio padre voleva collaborare sin dal primo giorno, fino a quando è arrivata la prima lettera che lui consegnò, credo, alla polizia. Dopo due giorni la lettera è stata consegnata ad un giornalista. Io da quel giorno ho dovuto sopportare le pressioni dei miei sequestratori che mi ripetevano continuamente: "Tuo padre sta collaborando con la giustizia. Noi con lui non tratteremo mai. Adesso deve stare alle nostre condizioni...". Il problema, quindi, è innanzitutto quello della riservatezza». Secondo Silvia Melis, che lo ha ripetuto tante volte all'Antimafia, è importantissimo che i familiari diano l'impressione di non collaborare con la giustizia. Le fughe di notizie, ovviamente, giocano contro il buon svolgimento delle trattative. Ed è anche abbastanza logico che i familiari dell'ostaggio abbiano dei punti di vista che cozzano oggettivamente con gli interessi investigativi e degli organi di informazione. Le domande dei commissari si sono poi concentrate su quello che viene considerato il terreno su cui prospera l'industria dei sequestri: le condizioni ambientali e il proliferare dei mediatori. Si sentiva minacciata? «In Sardegna si respira quest'aria del sequestro da parte di tutte le famiglie di un certo livello economico». E aggiungeva che aveva avuto modo di «parlare» coi carcerieri e convincersi che «loro hanno una perfetta conoscenza del luogo, degh abitanti e della loro consistenza patrimoniale». Ed ecco il capitolo degli emissari, o mediatori. Uno, l'ultimo, quello che ha concluso, è conosciuto. Ve ne sono stati altri? Erano noti alla famiglia o si sono presentati come qualcuno che poteva intervenire? La risposta della Melis non ha convinto i commissari, come ha avuto modo di commentare il leghista Borghezio. «Si sono verificati - ha detto la teste - entrambi i casi: più di una proposta da parte di persone sia sconosciute sia conosciute, anche se posso concludere dicendo che a tutt'oggi io non ho la certezza di come siano andate le cose (sulla liberazione ndr), perché presumibilmente io comunque... sono andata via: cioè non mi hanno liberata, per capirci, quindi... Purtroppo è così: io a tutt'oggi non so se l'anello che ha messo il custode lo ha messo per errore o spontanemente. Io a tutt'oggi non lo so e - dico la verità vorrei saperlo». Toccante la descrizione delle varie strategie che la donna ha dovuto adottare per rendere sopportabile la convivenza con l'unico carceriere che ha avuto. Proponeva lunghissime partite a carte (anche 8 ore) perché così «non mi metteva la benda agli occhi e col cappuccio sul volto ci stava lui». Francesco La Licata

Persone citate: Borghezio, Melis, Silvia Dubbi, Silvia Mehs, Silvia Melis

Luoghi citati: Roma, Sardegna