«Solo noi sudanesi batteremo il regime» di Ibrahim Refat
«Solo noi sudanesi batteremo il regime» Intervista a Sadek eI-/Wahdi «Solo noi sudanesi batteremo il regime» IL CAIRO NOSTRO SERVIZIO «Il regime sudanese fa parte della rete internazionale dell'estremismo islamico. E l'impiego camuffato delle strutture civili per obiettivi loschi, come l'uso di una fabbrica di medicinali per produrre gas venefici, è la conseguenza di questa sua condotta avventuriera. I precedenti non mancano: la Sudan Airlines, la compagnia aerea di bandiera, è spesso utilizzata dalla giunta militare per trasportare armi ed esplosivo. Lo appurò l'inchiesta sull'attentato a Mubarak nel 1995, a Addis Abeba». Chi accusale. Sadek el-Mahdi, capo dell'opposizione sudanese e leader del partito al-Umma, principale formazione del Nord musulmano. Ha 50 anni, di cui sei trascorsi in carcere e agli arresti domiciliari dopo l'avvento al potere dei militari guidati dal generale al-Bashir che nel 1989 depose, con un colpo di Stato, il governo presieduto proprio da al-Mahdi, eletto democraticamente due anni prima. Della congiura faceva parte suo cognato, lo sceicco al-Turabi, divenuto poi il numero due e l'ideologo del regime. Entrambi sono laureati a Oxford. Al-Mahdi - che discende dal Mahdi, simbolo della lotta agli inglesi nel XIX secolo - è costretto all'esilio tra II Cairo e Asmara dal '96. E' sicuro che gli impianti della fabbrica di medicinali polverizzata una settimana fa dai missili americani siano stati utilizzati per distillare l'agente VX, componente del gas nervino? «Non posso giurarlo, anche se da Sadek el-Mahdi tempo circolavano delle voci al riguardo. E tempo fa noi, come opposizione, abbiamo sollecitato un'inchiesta internazionale per appurare la natura di quell'impianto». Al-Bashir vi accusa di aver dato informazioni sbagliate proprio sulla fabbrica al-Shifa, e quindi di essere una «quinta colonna». «Noi non siamo una quinta colonna, ma la maggioranza in Sudan. E 10 dimostrano le percentuali dei voti alle elezioni del 1986, le prime Ubere dopo 15 anni di dittatura militare. Il mio partito al-Umma aveva ottenuto il 42%, un 30% andò al partito alIttihadi, mentre il Fronte islamico guidato da Turani (ora è il partito unico, ndr) ottenne un misero 16%». Nessuna collaborazione fra voi e gli Usa prima del raid? «Accusandoci, alBashir vuole recuperare consenso e basta». Tra le cose che il capo della giunta ha promesso c'è una guerra senza quartiere contro di voi. Temete rappresaglie? «Ma quando mai questo regime poliziesco ha avuto pietà per gli oppositori? Ha sempre utilizzato il pugno di ferro contro di noi. Basta 11 semplice sospetto di simpatizzare per noi per finire in galera». In Sudan c'è chi auspica un intervento multare americano più massiccio per porre fine al regime islamico. Lei è d'accordo? ((Assolutamente no. Siamo contro qualsiasi ingerenza straniera. Noi lottiamo militarmente e politicamente per rovesciare questo regime che indebitamente si è impossessato del potere e sta portando allo sfascio il Sudan con la sua politica terroristica e avventuriera. Per cacciare questa gente ci vuole una sollevazione popolare e basta». Esistono davvero legami tra il Sudan e il miliardario saudita bin Laden, come sostiene la Cia? «Essendo invischiato fino al collo con le organizzazioni islamiche radicali, il regime sudanese per forza di cose ha a che fare con bin Laden, il burattinaio del terrorismo nel mondo. Lo stesso al-Bashir ha ammesso la presenza, in passato, di bin Laden sul suolo sudanese. Questo personaggio ha poi numerosi investimenti in Sudan...». Tra i quali la fabbrica di medicinali colpita? «Una partecipazione tramite suo cognato Baa Mahfouz, che è un prestanome dietro il quale si nasconde». Dopo questo confronto quale sarà il destino del suo Paese? «Questo regime ci sta portando verso la catastrofe. C'è anche una carestia nella regione meridionale di Bahr el-Gazal, dove infuria la guerriglia e dove decine di persone muoiono per fame ogni giorno. La colpa è del governo, che da aprile impedisce la consegna degli aiuti umanitari ai civili accusando le organizzazioni internazionali di sostenere i ribelli». Ibrahim Refat Sadek el-Mahdi
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