Bilanci aperti per le diocesi «spa» di Marco Tosatti

Bilanci aperti per le diocesi «spa» Bilanci aperti per le diocesi «spa» Massima autonomia, solo il Papa può contestarli IL BUSINESS DELLA FEDE ■ CITTA' DEL VATICANO I L Romano Pontefice, in forza I del primato di governo, è il supremo amministratore ed economo di tutti i beni ecclesiastici»: così recita il Codice di Diritto Canonico. E questa formula, che appare così legata a tempi remoti, è in realtà una delle chiavi per capire la struttura particolare che regge le diocesi di tutto il mondo da un punto di vista economico. Un potere quasi autocratico; e analogamente ogni vescovo, nella sua diocesi, gode di un raggio di poteri amplissimo. Tutte le diocesi hanno un bilancio economico; ma, dicono gli esperti del settore, in realtà non esiste un obbligo esterno ad avere quel tipo di documento. I bilanci risultano da una prassi e da un desiderio di essere trasparenti, cioè da una normativa interna. «Potrebbe anche mancare: il bilancio, potrebbe anche non esserci - ci spiega uno specialista che preferisce mantenere l'anonimato - e sa- rebbe un problema puramente interno delle diocesi e, eventualmente, della Conferenza Episcopale che in qualche modo sovraintende alla loro attività, pur rispettandone l'autonomia». E non esiste una «Corte dei conti» ecclesiastica che alla fine di ogni anno finanziario esamini i bilanci. Il dare e l'avere non deve esser approvato da nessuno, perché ogni diocesi è autonoma, e il vescovo ne è responsabile. E' una struttura che ricorda per certi versi la famiglia: parlando dei sacerdoti, il Codice esorta il vescovo: «Così pure faccia in modo che si provveda al loro onesto sostentamento e all'assistenza sociale, a norma del diritto». In realtà una forma di resa dei conti esiste, ed è diretta all'autorità suprema, cioè al Papa. «Ogni diocesi rende conto al Vaticano; ma non come lo farebbe una società commerciale, bensì in un quadro di informazione generale che tocca tutti gli aspetti di vita della diocesi». Questo avviene nella visita che ogni vescovo è tenuto a compiere a Roma ogni cinque anni (la visita «ad limina»); ma sono consueti aggiornamenti annuali, come per i battesimi, le cresime e altre attività. Il vescovo ha giurisdizione piena e totale. Ma in Italia nel bilancio delle diocesi esistono voci di spesa che vanno «rendicontate» all'esterno, e cioè alla Conferenza Episcopale Italiana. Alle diocesi, dopo la revisione del Concordato nell'84, vanno i soldi che provengono dall'8 per mille: per le attività pastorali, per la carità, per il culto e la costruzione di chiese. Queste uscite devono essere giustificate presso la Cei, anche perché esistono «aspetti rilevanti di trasparenza e doverosa rendicontazione nei confronti dello Stato». Non si tratta di cifre esigue; in una diocesi grande come Napoli il flusso finanziario può superare i 10 miliardi di cui si è scritto. E ci sono diocesi, negli Usa, in cui il budget per l'istruzione cattolica è superiore al bilancio della Santa Sede. Una gestione totalmente diversa è invece quella degli Istituti per il Sostentamento del Clero, che non rientrano nei bilanci diocesa¬ ni. Il vescovo comunque non è solo, né così autonomo nell'amininistrare. Esiste al suo fianco, stabilito dal Codice, un Consiglio per gli Affari Economici, e un collegio dei Consultori, oltre al «Collegio Presbiterale», che deve essere sentito in alcune circostanze. Recita il Codice: «Il vescovo diocesano per porre atti di anuninistrazione deve udire il Consiglio per gli Affari Economici e il collegio dei Consultori; ha tuttavia bisogno del consenso del medesimo Consiglio ed anche del Collegio dei consultori... per porre atti di amministrazione straordinaria». E, soprattutto, «le offerte fatte dai fedeli per un determinato fine non possono essere impiegate che per quel fine». I soldi nella diocesi devono servire a tre scopi: «Il culto divino, provvedere ad un onesto sostentamento del clero e degli altri ministri, esercitare opere di apostolato sacro e di carità, specialmente a servizio dei poveri». Marco Tosatti Un esperto: in Italia soltanto alcune voci di spesa devono essere sottoposte all'esame della Conferenza episcopale

Luoghi citati: Citta' Del Vaticano, Italia, Napoli, Roma, Usa