Il cardinale: pronto a ricorrere al Csm

Il cardinale: pronto a ricorrere al Csm Giordano attacca nella prima uscita pubblica: d'accordo sulTabbassare i toni, ma non la verità Il cardinale: pronto a ricorrere al Csm «Mai usato fondi della Curia» NAPOLI. Il cardinale non abbassa la guardia e rilancia. Per far valere le sue ragioni nel braccio di ferro che lo oppone alla Procura di Lagonegro è pronto a rivolgersi al Consiglio superiore della magistratura. Che si tratti di una possibilità presa seriamente in considerazione, monsignor Michele Giordano lo ha confermato ai giornalisti durante la sua prima uscita pubblica dopo l'avviso di garanzia ed il blitz in Curia. L'arcivescovo di Napoli ha presieduto ieri nel Duomo i solenni funerali di una figura storica del clero partenopeo, Giuseppe Muller, cappellano di Casa Savoia. E ai cronisti che lo assediavano al termine della cerimonia ha spiegato che «si sta valutando l'eventualità d'un ricorso al Csm, organo competente per simili questioni». Se lunedì il procuratore di Lagonegro, Michelangelo Russo, citando il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, invitava ad «abbassare i toni» tutti i protagonisti del caso, ieri il Cardinale ha replicato: «Abbassare i toni non vuol dire abbassare la verità: la verità va detta, con molto rispetto, per il bene stesso della giustizia». «Proprio nell'interesse della giustizia - ha aggiunto - vorremmo che coloro che l'amministrano fossero tutti all'altezza di un compito così delicato». Monsignor Giordano sostiene che il suo appellarsi al Concordato non equivale «a una pretesa di privilegio o immunità». «Non ne ho mai chiesti dice l'arcivescovo di Napoli - e infatti ho messo a disposizione dei giudici quel che serviva. Voglio essere trattato come gli altri cittadini, ma quanto è accaduto mi fa riflettere proprio su come viene trattata la gente nel rapporto con la Giustizia». E allora battersi contro la presunta violazione del Concordato significa, secondo Giordano, «difendere la correttezza del rapporto tra Stato e Chiesa, e la libertà e l'indipendenza del ministero ecclesiale». Il cardinale di Napoli diventa «un simbolo del Polo»? Alla domanda del cronista, il presule risponde ricordando di avere «ricevuto vastissime solidarietà dalla maggior parte dei gruppi politici». Giordano cita il sindaco Bassolino e il senatore dei Ds, Umberto Ranieri: «Non ho fatto altro - puntualizza - che invocare il rispetto della libertà della Chiesa e chiedere la dovuta riservatezza, senza clamori, per un avviso di garanzia. Credo che tutti condividano queste posizioni: è difficile catturarmi, non credo che il Polo lo abbia fatto». Ma monsignor Giordano respinge anche l'accusa di aver dirottato somme della diocesi a beneficio dei famigliari, come sostengono gli inquirenti. I 600 milioni versati ai nipoti dall'Istituto delle Opere di Religione sarebbero stati in parte (400 milioni) garantiti da una casa di proprietà dei Giordano e in parte (200 milioni) pagati come parcella per le prestazioni professionali dei figli di Lucio Giordano, uno ingegnere e uno architetto. Quanto al sospetto di «nepotismo», l'avvocato del cardinale, Enrico Tuccillo, ricorda che l'Istituto di cui allora era responsabile Aldo Palumbo ha rapporti «con moltissimi professionisti». «Tra questi - spiega il legale l'avvocato Palumbo inserì anche i nipoti del cardinale per la particolare stima e fiducia che nutriva verso di loro e per opere limitate nella materia e nel tempo, che costituivano una piccolissima quota dell'attività dell'Istituto». Le altre somme, sottolinea Tuccillo, provenivano «esclusivamente» dai fondi personali del cardinale, depositati nel conto aperto nell'agenzia del Banco di Napoli di Sant'Arcangelo «proprio per aiutare il fratello». [m. cj Mario Lucio Giordano, fratello dell'arcivescovo di Napoli, al momento dell'arresto con l'accusa di usura

Luoghi citati: Lagonegro, Napoli, Sant'arcangelo, Savoia