Giustizia, l'Ulivo cerca la strada dell'unità di Gio. Lamb.
Giustizia, l'Ulivo cerca la strada dell'unità Flick un'ora e 40 minuti da Prodi; il Polo avverte: questa riforma non può decollare Giustizia, l'Ulivo cerca la strada dell'unità Ma Berlusconi prepara la sua campagna d'autunno ROMA. Si riaccende il dibattito sulla giustizia. Mentre Prodi incontra il ministro Flick a Palazzo Chigi, Silvio Berlusconi, tornato dalle sue vacanze ai Caraibi, comincia a mettere a punto la sua strategia. Non c'è dubbio, infatti, che nei prossimi giorni sulla sua agenda politica il tema principale sia sempre lo stesso. Con la partita del Milan contro la Juventus ieri il Cavaliere ha vissuto l'ultimo momento di relax. Berlusconi non ha voluto parlare ma il suo umore è apparso molto chiaro. Ora dai «dialoghi» con la maggioranza vuole i fatti, non più le «vuote» chiacchiere. E sul tavolo chiede innanzitutto che venga fatta chiarezza sulla Commissione parlamentare d'inchiesta su Tangentopoli. Ma proprio sulla giustizia la maggioranza scopre di essere divisa. La conferma arriva dal presidente dei senatori diessini Cesare Salvi che dalle pagine di «Repubblica» lancia l'allarme: «Su questo tema l'Ulivo deve ancora lavorare per trovare un'unità politica su un'iniziativa fortemente riformatrice». E sulla commissione d'inchiesta Salvi afferma di non essere più «possibilista». «La riforma - dichiara - va fatta in nome non di Berlusconi ma dei tanti signor Rossi. L'Ulivo prima di cercare il confronto con il Polo deve essere unito». Chi nell'ambito della maggioranza di centro-sinistra accoglie con maggiore entusiasmo il richiamo di Salvi all'unità d'intenti è proprio l'ala giustizialista contraria ad un confronto diretto con il Cavaliere. Perché è chiaro che la ricerca di coesione all'interno delle componenti dell'Ulivo renderà ancora più difficile e problematico il dialogo con la parte avversa. Il primo a gioire è proprio l'occhettiano Claudio Petruccioli che individua anche la data del confronto nella riunione del coordinamento nazionale dell'Ulivo fissata per il 4 set- tembre. «Sono del tutto d'accordo con Salvi - dice Petruccioli -. Parlare di giustizia, con il solo scopo di mandarsi dei messaggi, non risolve i problemi. Ben venga, quindi, un dialogo vero, concreto, sulle cose da fare e con questo non intendo la Commissione su Tangentopoli». Al senatore Ds fa eco Giuseppe Scozzari dell'«Italia dei valori» - il movimento di Antonio Di Pietro - che definisce l'intervento di Salvi «un ravvedimen¬ to operoso dopo il fallimento della Bicamerale». Per Scozzari «parecchia gente dell'Ulivo dovrebbe darsi una regolata e chiarire la propria posizione su possibili colpi di spugna e amnistie». Il rispetto del programma dell'Ulivo sulla giustizia è chiesto a gran voce anche dal verde Alfonso Pecoraro Scanio: «Dobbiamo mantenere l'impostazione garantista e legalitaria e tradurre il programma in proposte di legge». La risposta di Rifondazione comunista all'appello di Salvi è addirittura ironica. «Meglio tardi che mai» afferma Marco Rizzo che sottolinea la necessità di discutere di riforme costituzionali prima tra le forze di sinistra e poi con l'opposizione. Reazioni prudenti invece dai popolari e dai socialisti, da sempre favorevoli ad aprire un ponte con Berlusconi. Per il vice segretario del Ppi, Dario Franceschini, «è necessario che si lasci aperto un canale di dialogo con il Polo». Anche Enrico Letta, l'altro vice di Marini, è scettico: «L'Ulivo non deve giocare di rimessa perché altrimenti si divide». Più critico nei confronti dei propositi unitari il leader Sdì Enrico Boselli: «Il senatore Salvi dimentica che gli intralci sul tema della giustizia dipendono dalle posizioni rigide assunte dai pasdaran ulivisti come lui». Sul fronte opposto la proposta di Salvi viene, invece, completamente bocciata. Per il coordinatore di Forza Italia Claudio Scajola «Salvi parla di un progetto di riforma sulla giustizia che assomiglia ad un'auto che viaggia con il freno a mano tirato». Alleanza nazionale, con Maurizio Gasparri, rincara la dose: «Se il capogruppo dei Ds dice no alla Commissione d'inchiesta significa che si è dovuto inchinare alla volontà della maggioranza dei senatori del suo partito», [gio. lamb.] ■
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