Le medaglie non coprono gli errori

Le medaglie non coprono gli errori Il discreto bilancio di Budapest non può illudere: punte logore e buchi nei settori Le medaglie non coprono gli errori Troppi atleti informa nel momento sbagliato BUDAPEST DAL NOSTRO INVIATO Nove medaglie, una più che a Helsinki. Il bilancio della spedizione italiana agli Europei potrebbe sembrare positivo, tanto più che nella classifica a punti gli azzurri sono quarti e le azzurre quinte. Ma a ben guardare dentro i risultati, con ben sei podi grazie a marcia e maratona, da una parte si fa strada un certo rimpianto perché il bottino avrebbe potuto essere ben più ricco e dall'altra emergono pericolosi vuoti, nonché valutazioni tecniche che lasciano perplessi. Come esempio si possono citare i 3000 siepi: d'accordo che il vincitore, il tedesco Kallabis era poco conosciuto (ma la Germania che ha avuto 51 finalisti individuali doveva venir considerata a priori diversamente), però tecnici e dirigenti italiani sognavano addirittura un podio tutto azzurro, mostrando di conoscere male - e questo è ben più colpevole - lo stato di forma dei nostri atleti, perché il Carosi visto arrancare in semifinale e ritiratosi in finale non poteva certo essere una scheggia in allenamento. Di fronte alla considerazione che Longo, pur fallendo la finale, è l'eccezione di un mezzofondo in totale crisi, tanto al maschile quanto al femminile, dopo anni di trionfi, dai tecnici non vengono proposte né programmi convincenti per un rilancio. Né, fossero stati presenti Genny Di Napoli e Roberta Brunet, il discorso oggi potrebbe cambiare: anagraficamente sono atleti cui si può sempre chiedere - vedi Lambruschini - un piccolo miracolo, ma sui quali non si può basare il futuro. E il discorso vale anche per la velocità, dove è stato rispolverato a 36 anni Tilli; per i salti in altezza (alto e asta, dove al maschile eravamo addirittura assenti); per i lanci, dove in troppi hanno clamorosamente fallito. Forse, anziché far disputare gare-test a Tirrenio o Schio, sarebbe più logico investire parte del ricco bilancio federale per man¬ dare gli atleti all'estero, a meeting di seconda schiera dove verrebbero accettati e soprattutto dove vivrebbero quel vero clima da competizione che li mette in difficoltà quando si fa sul serio. Un altro problema, al quale il presidente Gola promette di cercare soluzione, è legato al massimo rendimento dei nostri atleti nei primi mesi della stagione, quando si disputano i campionati di società, unico vero motivo d'interesse per i club. Poi la condizione scema, arrivano gli infortuni (tanti, troppi perché non si cerchi attentamente un motivo) e così si hanno controprestazioni nel momento in cui si dovrebbe dare il massimo: non va infatti dimenticato che al Népstadion gli eliminati al primo turno, in qualificazione o ritirati, sono stati ben 25, in pratica un terzo della squadra. E a pochissimi possono essere concesse attenuanti. La proposta di Gola è spostare certi appuntamenti nazionali nella seconda parte della stagione, quando oltretutto anche chi vorrebbe ancora gareggiaretrova poche occasioni per farlo. Può essere una soluzione, come quella di coccolare meno gli atleti e responsabilizzarli maggiormente. Forse nessuna federazione è assistenzialista come la nostra: e se lo sforzo deve es¬ sere intensificato a livello medico, forse un numero minore di stipendi garantiti non sarebbe male. La federazione britannica, pressoché allo sfascio qualche mese fa e in faticosa ripresa con il budget di un miliardo (un trentesimo rispetto alla Fidai) non gratifica certo i propri «eroi», che però al momento buono sanno diventare tali. E un talento come il russo Mashchenko accetta di correre anche 3040 volte nella stagione i 400 hs (sempre con riscontri cronometrici di assoluto valore) perché i 2000 dollari che raggranella volta per volta gli permettono di mantenersi in Spagna quando deve allenarsi e di pagarsi anche l'eventuale assistenza medica. Per il suo bene, sarebbe dunque logico che l'atletica italiana voltasse pagina, chiudendo l'epoca del «tutto dovuto». Giorgio Barberis L'ITALIA SUL PODIO NEGLI ULTIMI TRE EUROPEI Queste le medaglie vinte dall'Italia nelle tre edizioni degli Europei con Gianni Gola presidente federale SPALATO 1990 (12 medaglie) ORO (5) Salvatore Antibo 5000 Salvatore Antibo 10000 Francesco Panetta 3000 siepi Gelindo Bordin maratona Anna Rita Sidoti marcia 10 km ARGENTO (2) Gennaro Di Napoli Gianni Poli BRONZO (5) Stefano Mei Alessandro Lambruschini Longo-Madonia-Floris-Tilli Roberta Brunet Ileana Salvador 1500 maratona 10000 3000 siepi 4x100 3000 marcia 10 km HELSINKI 1994 (8 medaglie) ORO (2) Andrea Benvenuti 800 Alessandro Lambruschini 3000 siepi ARGENTO (3) Angelo Carosi 3000 siepi Anna Rita Sidoti marcia 10 km Maria Curatolo maratona BRONZO (3) Giovanni Perricelli marcia 50 km Madonia-Nettis-Marras-Floris 4x100 Fiona May lungo BUDAPEST 1996 (9 medaglie) ORO (2) Stetano Baldini maratona Anna Rita Sidoti marcia 20 km ARGENTO (4) Alessandro Lambruschini 3000 siepi Danilo Goffi maratona Fiona May lungo Erika Alfridi marcia 20 km BRONZO (3) Fabrizio Mori 400 hs Vincenzo Modica maratona Maura Viceconte maratona BUDAPEST '98 A T L É T > K A I EUROPA- B AJNOKSÀG I successi della marcia (Sidoti nella foto) e della maratona hanno coperto le carenze evidenziate dagli azzurri in pista e sulle pedane