Hemingway ultimo inedito di Franco Pantarelli
Hemingway ultimo inedito Curato dal figlio, uscirà nel '99 Hemingway ultimo inedito NEW YORK | '/E' ancora una storia di Ernest Hemingway da li leggere. Si chiama Trueat I First Light (Vero a prima luce) e uscirà nel luglio del prossimo anno, in coincidenza con il centenario della nascita dello scrittore. «Con questo abbiamo finito, non c'è più nulla di inedito», dice Charles Scribner, titolare della piccola casa editrice a conduzione familiare (ma ora è diventata parte della potente Simon &• Schuster) che si occuperà della pubblicazione. Hemingway cominciò a scrivere questa storia, come sempre collocata nell'ambigua via di mezzo fra l'autobiografia e la «fiction», nel 1954. Era tornato a Cuba, nella sua adorata Finca Vigia, dopo un avventuroso viaggio in Kenya con la sua quarta moglie Mary. E la storia è appunto un «diario africano». Nel 1956, distratto dalla lavorazione del film II vecchio e il mare, interruppe il lavoro. Poi arrivò la Rivoluzione, i guerrigieri di Fidel Castro entrarono all'Avana il Primo gennaio 1959 e Hemingway abbandonò l'isola, lasciando alle sue spalle un manoscritto di 200.000 parole. Il rapporto fra Cuba e gli Stati Uniti divenne ben presto «conflittuale». Prima la Baia dei Porci, poi la crisi dei missili... Era difficile immaginare un possibile «contatto» fra Castro e Kennedy in quel periodo, ma il contatto ci fu. I cubani in quei giorni stavano organizzando a Finca Vigia il Museo Hemingway e Kennedy ottenne da Castro che Mary, la vedova dello scrittore - che si era ucciso nel luglio 1961 -, potesse recarsi nell'isola per recuperare i suoi averi. Fra essi c'era appunto quel manoscritto, che poi, dopo la morte della stessa Mary nel 1966, finì nella «library» di Kennedy, messa su a Boston dopo il suo assassinio. E' da lì che è stato «recuperato» per la pubblicazone. Al suo «editing» si è dedicato il figlio di Hemingway, Patrick, che a suo tempo prese parte al viaggio in Africa. Essendo ben nota l'ossessione del padre per la scrittura (diceva sempre che il vero lavoro non era quello di scrivere ma quello di «correggere, correggere, correggere»), viene da chiedersi quanto lui possa essere felice di questa decisione del figlio. Ma Patrick dice di avere «rispettato al massimo» la stesura del padre, anche se poi ammette di avere dovuto «condensare» parecchio il manoscritto. Ci sono molte cose in quella «fiction autobiografica». Dalle osservazioni diciamo così naturalistiche («Non si può descrivere il mggito di un leone. Non è proprio come quello della Metro-Goldwyn-Mayer. Quando lo senti, lo percepisci innanzi tutto nello scroto e poi lo senti percorrerti tutto il corpo») all'ossessione di Mary per un leone nero (poi finalmente ucciso), che ricorda quella del capitano Achab per la balena bianca; da varie reminiscenze di Parigi alla storia di una «seconda moglie» presa da Hemingway, una giovane africana di nome Debba «molto bella e più che perfettamente sviluppata». C'è anche un riferimento a «le mie adorabili mogli», cioè Mary e Debba, e questo è naturalmente l'aspetto che ha incuriosito di più. Il figlio dice che «per quanto ne sa lui» è un'invenzione. Ma con Hemingway il punto di distinzione tra fantasia e realtà è sempre difficilmente rintracciabile. Franco Pantarelli
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