Benvenuti nel borgo di Celle dove regnano bimbi e pedoni di Stefano Bartezzaghi

Benvenuti nel borgo di Celle dove regnano bimbi e pedoni La località della Riviera sposa l'Unicef e diventa la Città dei più piccoli Benvenuti nel borgo di Celle dove regnano bimbi e pedoni QUANDO qualcuno in Romagna urla «Valerio!» si sta associando a un gioco di evocazione collettiva: ma a Celle Ligure è probabile che ci sia davvero un banale Valerio lì davanti, pronto a voltarsi. Questo per dire che le mode giovanili possono arrivare a Celle Ligure, ma difficilmente ne nascerà una proprio qui. E perché dovrebbe? E' una città che sul cartello stradale ha cancellato da un paio d'anni la folcloristica scritta «Comune Denuclearizzato» per sostituirla con il simbolo dell'Unicef e la dizione «Celle Ligure. Città dei bambini». E' dunque una città che non punta a target trasgressivi, ma a un ceto medio e misto, talvolta a tutt'oggi dialettofono, quasi invariabilmente o ligure o piemontese o lombardo, che adatta alla realtà della spiaggia ligure i sogni dell'anno (il mito deH'«andare al mare») quando non i sogni della vita (il mito del «ritirarsi in Riviera»). «Vacanze familiari» assicurano gli opuscoli dell'ufficio turistico comunale. E stanno sottintendendo ciò che posti come Rimini o Riccione escludono: che la famiglia possa essere ancora una vacanza. Quindi i ventenni tenderanno ad andarsene, da Celle: torneranno dopo le estati predatorie romagnole, dopo le estati da fidanzati in Grecia, Spagna e Corsica, dopo il viaggio di nozze a Santo Domingo, con le prime bronchiti dei figlioletti. Ma non torneranno solo per la familiarità o per il mare: l'andare al mare non basta più a se stesso e deve accompagnare all'offerta litoranea una promessa più completa, qualcosa che riguardi non solo l'abbronzatura, lo iodio e l'acqua, perché le villeggiature fatte di spiaggia e mare, mare e spiagge, non sono liguri né romagnole. In Romagna questo supplemento è di ordine temporale: la vita che si sfasa dall'orologio biologico è una contestazione radicale della quotidianità. A Celle questo supplemento dipende (ne sono convinto) da una questione spaziale che diventa una riposante forma di civiltà. Di Celle Ligure un claustrofobico e antipatico geografo di inizio Ottocento diceva: «Il borgo non è lieto per l'angustia e la curvatura della contrada; ma presentasi in bell'aspetto a chi lo guarda dal mare». Pochi decenni dopo le FeiTovie hanno deciso di rendere del tutto infelice il geografo, e gli hanno guastato anche la veduta preferita facendo passare il treno fra le case e il mare. Ora che è stato felicemente rimediato si può ammettere che tanto scempio non era del tutto illogico, per una mente ferroviaria: la logica delle Ferrovie viaggia sul punto di vista del treno, e dal treno si vede il bel mare, non i brutti binari. Ma nella logica umana il treno passa e i paesaggi restano: il risultato fu una stazione quasi davanti alla chiesa della Consolazione e la massicciata a togliere la vista e il sonno alla riga di case che danno sulla spiaggia, dalle palazzette più signorili alle ex manifatture di reti. E' durata fino a vent'anni fa: come topi, i bagnanti sortivano in spiaggia dai passaggi che foravano l'odioso muraglione ferroviario e la loro balneazione era punteggiata dalle locomotive della Genova Ventimiglia, che ricordavano loro l'imminenza del ritorno. Nel 1977 le Ferrovie si sono guadagnate uno dei rari applausi che toccano loro: hanno arretrato di mezzo chilometro la loro stazione, i loro binari, i loro fischi, i loro ritardi, i loro moniti e anche i loro serial killer (N.B.: a Celle Donato Bilancia aveva un pied-à-terre). La sede dei vecchi binari ma anche la parte della galleria che resta aperta dal lato verso il mare si sono così potute trasformare (1980-81) in una lunga passeggiata che costeggia la serie degli stabilimenti balneari e gli scogli, piena dei bambini di cui sopra e di adulti dal piede molto più lento della lingua. Tricicli, guinzagli, calzature estive dalle suole basculanti sul porfido, tentativi di fitness. E' un disimpegno, un luogo per leggere il giornale sotto la palma, un ambulacro per i leccatori di coni gelato, un sito per manifestazioni con bancarelle e palchi. In fondo alla passeggiata, siamo alla frazione dei Piani di Celle. Qui i podisti allungano fino a Varazze, mentre i semplici pedoni fanno dietrofront all'altezza di un vero e proprio «Chalet» che sovrasta la spiaggia anziché i pascoli, e che col suo fare alpino forse toglie di imbarazzo le tante mountain bike (che, malgrado tutto, qui sono in pieno genius loci: di Celle era il ciclista Giuseppe «Gepin» Olmo, fondatore col fratello di una fabbrica di biciclette tuttora fiorente). I bambini si sono già fermati: alle attrazioni stagionali predisposte dal Comune, ai chioschi dello zucchero filato al gioco del mondo illustrato da Emanuele Luzzati, alle due giostre vicine e con musiche concorrenti e incompatibili, alla minipista per go-kart, alle ranocchie oscillanti da cavalcare previo capriccio e gettone da Lue cinquecento. Alla fine di questo percorso di guerra, appena di là dall'Aurelia, c'è il parco giochi, con una costruzione da villaggio indiano completa di totem. Cos'è un lungomare? Lo spazio della tipica cittadina di mare è normalmente costruito sulle linee perpendicolari alla costa, seguendo gli affacci delle case e degli alberghi, con i segmenti dei terrazzini che concorrono a pro¬ tendersi verso il blu. Sulla frontiera che divide la spiaggia - regno del nudo e del tempo vuoto dalla vita del paese l'eventuale lungomare non è solo uno spazio di compensazione. E' anche una parallela che taglia le perpendicolari, una diversione alla normale direzione fra il su e il giù del buon bagnante che «scende al mare» e «risale» a mangiare e a dormire. Tutto a piedi, perché Celle ha il lungomare, ma ha anche quell'«angustia» deplorata dal disgraziato geografo e va a finire che Celle le automobili non sa proprio dove mettersele. Così nel centro storico (la fascia che va dall'Aurelia al mare) possono accedere - con severe limitazioni solo le macchine dei residenti e solo per le necessità del carico e dello scarico: poi si esce verso la nuova ferrovia, o anche più su, quasi sotto i piloni dei vertiginosi e orribili viadotti autostradali. Lì si lascia la macchina e ce la si dimentica. A piedi si scende al mare, a piedi si risale. A piedi si compra la focaccia. A piedi si frequentano le bancarelle del mercato ambulante settimanale o del bric-àbrac mensile. A piedi si raggiunge la frequentata oasi del centro culturale Pietro Costa che oltre giornali, libri a prestito (con acquisti frequenti e oculati e ottima sezione per i bambini) e di consultazione, e anche sedie e tavoli per la concentrazione relativa ma volenterosa degli studenti e degli altri lettori. Il supplemento che la normale Celle offre è il mare pedonale, da passeggio e con biblioteca. Anche Valerio ci si placherebbe. Stefano Bartezzaghi Dai parchi gioco fino all'oasi dei libri e delle riviste tutto è a dimensione degli under 18 La chiesa della Consolazione e una spiaggia di Celle Ligure (FOTO G CHIARAMONTI)

Persone citate: Aurelia, Donato Bilancia, Emanuele Luzzati, Olmo, Pietro Costa