«Agli usurai interessi del mille per cento»

«Agli usurai interessi del mille per cento» Ecco come, secondo l'accusa, il fratello del cardinale e gli altri accusati gestivano la «cooperativa del credito» «Agli usurai interessi del mille per cento» E spunta la pista riciclaggio LAGONEGRO (Potenza) DAL NOSTRO INVIATO C'erano i soldi, forse c'era pure la 'ndrangheta. E c'erano anche le registrazioni telefoniche, è vero. Sua Eminenza se n'è lamentato. Le facevano a tappeto, gli inquirenti: ventiquattr'ore su ventiquattro, per trenta giorni di seguito. Il cardinale, qualche volta, si sarebbe informato dell'inchiesta, avrebbe chiesto quali erano le novità, soprattutto su suo fratello. Certo, non è un peccato. Ma questa vicenda è diventata un guazzabuglio. E poi a volte i soldi sono pallottole. Questa disfida d'estate, quest'inchiesta sull'usura, era partita due anni fa da una radio privata: un lupo solitario che concionava senza fermarsi mai e raccontava dei suoi amici soffocati dagli strozzini. Allora, Filippo D'Agostino, dj tuttofare di Radio Basilicata Due, sembrava parlare al vento. I lupi solitari qualche volta esagerano. Anche Leonardo Tatalo e Antonio Stipo, i suoi amici, credevano di parlare al vento. Loro l'avevano già raccontato a quei tempi della 'ndrangheta, di questa cooperativa della usura che avrebbe portato le indagini ai margini della chiesa e nel cuore della mafia. <A un certo punto il direttore dell'agenzia del Banco di Napoli di Sant'Arcangelo ha convocato noi e un'altra decina di vittime dell'usura. Voleva proporci una so- luzione per ripianare i nostri scoperti. La soluzione era un pregiudicato che aveva legami con la 'ndrangheta e che ci ha proposto di comprare dei soldi riciclati che arrivavano da sequestri e attività criminali». 80 milioni puliti per averne 120 sporchi. Adesso, mentre l'inchiesta scoppia come una bomba d'estate, e la Finanza corre nella Curia di Napoli, adesso, mentre Sua Eminenza si ribella e invoca il Concordato, Leonardo Tatalo e Antonio Stipo passano il giorno a raccontare il loro calvario alla Procura di Lagonegro. Non cominciano da lì, dalla 'ndrangheta. Partono dall'usura, dalla loro processione infinita fra gli strozzini. E' un po' lo stesso inizio incredibile narrato dalle carte. Spiega l'ordinanza del Gip come alcune fra le vittime venissero invitate «a prendere contatti con Mario Lucio Giordano», il fratello del cardinale, «che operava sconti cambiari e prestiti effettuati a titolo personale con la corresponsione di interessi e vantaggi usurai che raggiungevano il 300 per cento di interessi e oltre». Anzi, in un caso, proprio quello di Leonardo Tatalo, gli interessi toccarono il tetto pazzesco del mille per cento, come si legge sempre nell'ordinanza: «Nel 1996, a copertura di un iniziale sconto effetti per lire 66 milioni 850 mila, Leonardo Tatalo versava a Filippo Lemma e dietro minaccia di quest'ultimo, numerosissimi titoli cambiari, anche con firme falsificate dei suoi familiari, di importi esponenzialmente maggiorati perché comprensivi di interessi usurai via via crescenti fino al 1000 per cento, ciò al fine di evitare ii minacciato protesto cambiario. Sicché nel giro di un anno circa, dal debito predetto di lire 66.850.000, il debito di Leonardo Tatalo cresceva fino all'importo di lire 350 milioni circa». Il debito veniva estinto, e tanto avevano lucrato gli usurai. Filippo Lemma, il direttore dell'agenzia di Sant'Arcangelo, interrogato ieri in carcere a Salerno, ha negato tutto per un'ora e mezzo, dichiarando di aver chiarito ogni pendenza con i suoi debitori. Nei suoi riguardi le contestazioni sono pesanti e documentate: Filippo Lemma, sostiene l'accusa, «erogava le somme prelevandole dalle casse del Banco di Napoli attraverso arbitrarie aperture di fidi o attraverso fittizie aperture di conti correnti, alimentate da versamenti di titoli firmati in bianco dagli usurati». Poi, nel '96, «avendo comunque il giro di assegni creato un ingentissimo buco sulle casse del Banco di Napoli, gli associati davano vita a un organismo denominato Cooperativa del Credito». Questa cooperativa, si legge sulle carte, funzionava anche così: «gli usurati rilasciavano nelle mani di Giordano Mario Lucio un grossissimo numero di cambiali nonché interi carnet di assegni firmati in bianco. Tali titoli venivano firmati nell'importo e nella data di scadenza dagli indagati», dando vita a una catena interminabile di titoli e assegni da pagare, «a cui corrispondeva solo la garanzia del mancato protesto della firma». L'ammontare delle cifre scoperte, di tutto questo balletto di assegni e cambiali su cui sta indagando la procura di Lagonegro, ammonta per ora a due miliardi e mezzo. E da tutte queste carte s'è visto come sarebbe compromessa la figura di Mario Lucio Giordano. Anche nella vicenda di Leonardo Tatalo, uno dei due testimoni ascoltati ieri dal magistrato, il suo ruolo era grave: «gli usurai lucravano il 2, trecento per cento, finanche il mille per cento. A tale meccanismo perverso di captazione di crediti usurari partecipava pienamente Mario Lucio Giordano, che su indicazione di Lemma, veniva contattato da Tatalo a fini di operazioni di sconto cambiario. Tale primo contatto portava a uno sconto di venti milioni di lire a quattro mesi, a fronte dei quali Mario Lucio Giordano tratteneva per sé la somma di un milione e mezzo di lire». E anche dall'altra testimonianza, quella di Antonio Stipo, dovrebbero arrivare contestazioni pesanti, a giudicare dall'ordinanza del gip: la vittima doveva firmare titoli maggiorati a Lemma, e il direttore dell'agenzia avrebbe provveduto a dirottarli «su altri conti correnti nel giro di assegni effettuato in corresponsione concordata con Giordano e altri». Poco tempo e Stipo era sotto di 300 milioni. Lo raccontava piangendo a Lupo Solitario. [p. s.] La cappella della Curia: un assegno che pagò i lavori è agli atti dell'inchiesta. Sopra il fratello del cardinale La cappella della Curia: un assegno che pagò i lavori è agli atti dell'inchiesta. Sopra il fratello del cardinale

Luoghi citati: Basilicata, Lagonegro, Napoli, Potenza, Salerno, Sant'arcangelo