JIM CRACE NEL DESERTO SULLE TRACCE DEL DIAVOLO di Ferdinando Camon
JIM CRACE NEL DESERTO SULLE TRACCE DEL DIAVOLO JIM CRACE NEL DESERTO SULLE TRACCE DEL DIAVOLO LI uomini si ammalano perché i diavoli entrano in loro: guarirli vuol dire farne uscire i diavoli. I diavoli entrano negli uomini non per perderli ma per salvarsi: «Durante la notte un diavolo gli era entrato dentro dalla bocca aperta e aveva acceso un fuoco sotto le sue costole: i diavoli erano come chiunque altro: o riu qscivano a scaldarsi o perivano nel gelo del deserto». L'uomo-checontiene-un-diavolo diventa un diavolo, ma né lui né chiunque sta con lui lo sa. E' nel deserto, e sta morendo. Tutti lo abbandonano, tranne la moglie, che deve, per legge, aiutarlo a morire e seppellirlo. La moglie è incinta, e odia il marito. Il diavolo non è dunque un traditore, ma è un tradito, da tutti. Nel deserto capitano i digiunatoli, servi della legge, che impone quaranta giorni senza cibo per la purificazione. Vengono a gruppi, piccoli, grandi. Chi sono? Ci sono «persone colpite da un lutto recente, desiderose di onorare in perfetta solitudine la memoria della madre o del figlio perduto: per loro i quaranta giorni di di¬ d pgiuno non erano una medicina ma un canto funebre». Ci sono zeloti, che mettono in pratica l'insegnamento di Isaia: vengono ad «aspettare la fine del mondo». Ci sono i cercatori di assoluto, qualcosa di cui non sanno il nome. «Dio» suggerisce uno di loro. Ma un altro rifiuta: «La parola "dio" non è abbastanza per indicare quello che cerco». «La parola giusta forse è illuminazione». «L'iUuminazione è buona solo per gli ignoranti. E' la loro candela nel buio, la loro salvezza davanti agli impulsi sessuali e alle brame della vita pubblica». Cercano dunque qualcosa che sta oltre dio e oltre l'illuminazione. Dov'è l'uomo-diavolo si radunano in cinque, cioè quattro più uno. I quattro sono cercatori, e presto si mettono insieme, avranno un comportamento collettivo. Il quinto è un solitario. Il romanzo è la storia di come agganciarlo, farlo uno di loro, offrirgli acqua da bere, quando la sete lo manda in delirio. Questo quinto uomo, un galileo, perciò chiamato il Gali, passa nella tenda del diavolo-morente, lo tocca, si prende un sorso d'acqua, e se ne va. Il romanzo è la storia dell'inseguimento di questo fuggitivo. Il fuggitivo si ritira nell'isolamento, nel silenzio, in una caverna, nel digiuno, e quindi nella febbre, madre delle visioni. Tra i quattro c'è una donna sterile, venuta nel deserto per pregare e avere il miracolo. Lo avrà. Sarà un miracolo perché lei lo crederà: stuprata dal diavolo, si crederà incinta del Signore. Il deserto è la condizione estrema, tra l'ultimo lembo di vita e la ininterrotta avvisaglia della morte, cercata, desiderata, ma temuta. Chiunque può morire da un momento all'altro. Si svegliano vivi con stupore. L'unico che muore è il quinto, il Gali, mentre il diavolo che moriva se ne va rinato. Ma il Gali non aveva come scopo salvarsi, bensì non corrompersi: la sua vittoria sta nel non cedere alle tentazioni delle gocce d'acqua quando sta per morire di sete, misurare l'uso dell'acqua, bagnarsi le palpebre e le labbra ma non mandarle giù. La tentazione del diavolo sta nel farlo ingoiare. Nel deserto non c'è niente, ma il deserto è pieno di vita, dunque di morte. Il deserto è uniforme, confondibile, indifferenziato, senza piste. Il romanzo è la costruzione di piste nell'indistinzione del de- serto: le 270 pagine sono la millimetrazione del deserto, la ricognizione di ogni minima traccia di vita, ogni variazione. La scrittura è l'ossessiva descrizione di queste variazioni. Il vuoto del deserto diventa un pieno di visioni, presenze, atti, vite: una ricognizione così abbondante, da suscitare, capitolo dopo capitolo, una ammutolita ammirazione. Capisco che The Guardian abbia parlato di «libro meraviglioso, che porterà Jim Crace ai vertici della narrativa contemporanea», e il Daily Telegraph ài «un libro straordinario, con il ritmo ammaliante della poesia». Ma l'ammirazione non è entusia¬ smo, come la sapienza non è la verità. La traversata del deserto arriva a troppo rare e piccole oasi di simboli, per di più intravisti di sfuggita, come miraggi. Alla fine della storia, il diavolo fa affari con le memorie del Gali, le vende, ed è sicuro che lui e il Gali si reincontreranno, a Gerusalemme, a Roma. Dunque, potrebbe anche essere il diavolochiesa. Ma l'identificazione potrebbe anche essere un miraggio. Jim Crace, scrittore innamorato della scrittura, vuol scrivere, non rivelare. Il libro splende di uno splendore che acceca: c'è troppa luce per vedere. Ferdinando Camon IL DIAVOLO NEL DESERTO Jim Crace trad. Laura Noulian Quando pp. 270 L. 28.000
Persone citate: Jim Crace, Laura Noulian
Luoghi citati: Gerusalemme, Roma
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