JULIEN GREEN: UN POETA NASCE A SEDICI ANNI

JULIEN GREEN: UN POETA NASCE A SEDICI ANNI JULIEN GREEN: UN POETA NASCE A SEDICI ANNI PARIGI UTTO si gioca a sedici anni, e soprattutto per i poeti», scriveva qualche mese fa Julien Green. Ora che è morto, alla chetichella come piaceva a lui fare le cose (persino l'inaudita sortie daU'Académie frangaise riuscì a orchestrarla da pacato gentiluomo), quelle righe vengono a essere un malinconico gaddio. Sonc inflessioni scritte per un'edizione nella collana bianca JVr/Gallimard dei saggi di Jeunesse immortelle, cui ancora ultimamente Green sperava di poter dare un seguito. John Donne e Samuel Taylor Coleridge erano i poeti ii cui aveva tracciato un seducente ritratto. Altri dieci avrebbe voluto trovarne, come loro nati alla poesia nell'adolescenza, se il tempo gli avesse concesso ulteriore deroga. Ma 97 anni non erano pochi, e quelle pagine introduttive, le ultime che d i ibri gGallimard ha mandato in libreria, sono una sintesi luminosa di quel che il libro sognato avrebbe voluto essere. Di Coleridge, Green scriveva che quando morì il 25 luglio 1834, Charles Lainb che l'aveva amato come nessun altro, non potè crederci. Aveva vissuto tutta la vita, scrive Green, «come se fosse sempre l'adolescente che leggeva tutto, divorava tutto, e che seduceva. H giovane in lui non aveva mai cessato di esistere. Attraversò la sua esistenza simile a un angelo un po' sciupato. La bellezza della gioventù non era scomparsa, era oscurata, ma soprattutto quando parla- va tornava in bagliori». E' una sorta di autoritratto. Vissuto, nell'esistenza privata e nella scrittura, tra i morsi intermittenti del desiderio, un giorno Green amava raccontarlo nella penombra dei velluti rossoneri nella sua casa parigina di rue Vaneau ebbe il coraggio di rinunciare «al peccato», e allora trovò, «ma a caro prezzo», la tranquillità. I poeti sono doppi, scrive Green. «Il dono che hanno avuto in sorte, come l'angelo furioso di Baudelai¬ re, li esalta, ma riserva loro grandi avanie. La dualità è necessaria per difendersi; in due, c'è sempre uno che resiste». Era un'idea che abitava Green, quella della doppiezza salvifica. Oltre a Le langage et son doublé, aveva scritto in proposito Lfiomme et son ombre, due saggi bilingui come bilingue era lui, francese e americano insieme, «per difendersi». I poeti, per Green, ((hanno bisogno d'ombra, devono maturare e fiorire insieme, primavera e autunno allo stesso tempo, per questo il loro sguardo è doppio, divora il mondo visibile e allo stesso tempo sprofonda in loro stessi, come se la bestia selvaggia dell'ispirazione non avesse altro scopo se non quello di morderli al cuore». Quelli che sono morti giovani conservano allora la bellezza intensa che non assomiglia a nessun'altra. Green pensa a Novalis, a Holderlin, e, «preservati dalle sozzure della gloria», a Mariowe, a Shelley. Ma in coloro che sono andati oltre, il giovane che essi furono resta con loro, «li segue come il doppio da cui non si potranno mai separare». «I poeti sono terre di calore», scrive Green. La loro giovinezza s'irradia in loro sino alla fine. E' l'è terno sole di cui sognava Rimbaud. ((Tristemente, noi parliamo di im mortalità, come se la parola morte dovesse figurare a ogni costo. Ma che cosa è la nostra stagione urna na, in confronto al cielo stellato contemplato a nove anni da un prato del Devonshire e rimasto per sempre in fondo a un cuore bambino»? Restano da leggere le pagine del Journal scritto dal '96 in poi. L'ultimo volume, già incluso negli otto tomi delle Oeuvres complètes nella Plèiade Gallimard - mole di pagine unica, consacrata solitamente in papier bible solo ai classici del passato - s'intitolava Pourquoi suìs-je mai? Perché sono io? Gabriella Bosco t Le ultime pagine dello scrittore scomparso che si rispecchia in Coleridge e Donne Jiulien Green, lo scrittore americano di lingua francese morto a Parigi il 13 agosto all'età di 97 anni tutta la sua opera, tra cui il meticoloso Journal, è già nella Plèiade, ben otto volumi JEUNESSE IMMORTELLE julien Green Gallimard pp. 148 F. 95

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