FU LA MADONNA A ISPIRARE LA SAPONIFICATRICE

FU LA MADONNA A ISPIRARE LA SAPONIFICATRICE FU LA MADONNA A ISPIRARE LA SAPONIFICATRICE Leonardo, Cianciulli, una vita a colpi d'ascia —■r™ EONARDA Cianciulli ora nata, non desiderata da nessuno, nel 1893 a Montella, in provincia di Avellino. Era il frutto di un matrimonio riparatore del rapimento e dello stupro, da parte di un compaesano, di Emilia Di Nolfi. Lo stupratore era morto quando Leonarda era molto piccola. Tuttavia ■ la madre non era mai riuscita ad I accettare la figlia e, anche quando J si era risposata e aveva avuto altri jB figli, aveva continuato a trattare Bffl —EEEEW Leonarda come se fosse un'estranea, da sopportare e non di più. Leonarda era cresciuta in una paurosa solitudine come in un eterno castigo. Ma, quando era stata mandata a scuola, aveva costituito un'autentica sorpresa, rivelando grande socievolezza e giovialità. Dopo quegli agri primi anni di vita durante i quali aveva sofferto di crisi di epilessia e aveva persino tentato di suicidarsi, allontanandosi dai maltrattamenti familiari si era aperta a una vita spericolata, guadagnandosi la fama di ragazza irresistibile ma contemporaneamente non disposta a resistere troppo. Una fama, insomma, piuttosto ambigua. Ma a un certo punto aveva fatto la sua scelta nella persona di Raffaele Pansardi, impiegato all'Ufficio del registro, e aveva mante l dii ld nuto la decisione malgrado questo facesse inasprire la malevolenza della madre, che l'aveva promessa a un cugino e pretendeva che la figlia non cambiasse le carte in tavola. C'era stato, dunque, tra le due donne, un ennesimo scontro. Alla fine l'aveva spuntata Leonarda, ma la madre l'aveva subissata di male parole. La madre era morta poco tempo dopo il matrimonio della figlia ma avrebbe continuato ad apparirle in sogno ripetendo le sue maledizioni. Superstizioni? Luoghi comuni. Per dodici volte Leonarda sarebbe restata incinta, e per otto volte i suoi bambini sarebbero morti dopo l'apparizione in sogno della nonna cattiva. Era stato così che Leonarda aveva preso a bazzicare fattucchiere, maghe, indovine, spiritiste, veggenti e gente del genere credendoci o non credendoci, ma imparando, comunque, l'arte della magia. Le sarebbe stata utile quando nel 1930, dopo aver finalmente messo e conservato al mondo i figli Giuseppe, Bernardo, Biagio e Norma, aveva dovuto affrontare il terremoto in Irpinia. La famiglia Pansardi aveva perduto tutto e aveva dovuto trasferirsi da profuga a Correggio, a pochi chilometri da Reggio Emilia, e Leonarda si era trovata a dover affrontare la sopravvivenza in un paese in pratica straniero, con quattro figli piccoli e un marito dedito solo al vino. Oltre a inventarsi un commercio d'abiti e mobili usati, aveva utilizzato tutto quello che aveva imparato durante la lotta contro la madre. La gente emiliana, sempre generosa e cordiale, l'aveva presa a benvolere per il suo faccione pacioso e gli occhi neri, la sua fantasia e la sua allegria. L'energia di Leonarda era inestinguibile, la sua chiacchiera teneva banco nella povera casa dove la miseria era addobbata come per una festa continua. Erano arrivati i soldi del risarcimento per i danni dell'Irpinia e, dopo un ultimo aspro litigio, il marito beone era scomparso, senza per fortuna tornare più sui suoi passi. L'uomo di casa, ormai, era Giuseppe, il primo dei figli che fosse restato in vita e che lei circondava di premure e attenzioni. Poteva considerarsi felice. Non sognava più la madre. Ma una notte ne ebbe una fugace apparizione. La madre questa volta non disse nulla, ma lei capì che si trattava di qualcosa di sgradevole che minacciava l'amato Giuseppe. Presto ne ebbe conferma. Non vide più la madre. Vide, invece, la Madonna. La Madonna aveva un bambino nero tra le braccia e le disse che, se voleva salvare quel figlio e gli altri, avrebbe dovuto sacrificare un numero uguale di esistenze umane. Era il 1939, in Europa era appena scoppiata la guerra e Giuseppe aveva l'età per andare sotto le armi. Madre amorosissima, Leonarda affrontò la nuova sfida, e, a mali estremi estremi rimedi, scelse le vittime da immolare tra la sua clientela più fedele. La prima vittima fu Ermelinda Faustina Setti detta Rabitti, un'ultrasettantenne abbiente che viveva da sola e, nonostante l'età, sperava ancora tenacemente d'incontrare l'anima gemella. La Setti dunque un giorno che, come faceva spesso, era andata a trovare Leonarda, si sentì proporre dall'amica un principe azzurro in età discretamente avanzata, che abitava a Pola e desiderava conoscere una donna a modo, accanto alla quale concludere serenamente la vita. La Setti fu felice di accettare, e seguì tutte le istruzioni. Vendere il pezzetto di terra, la casa, i mobili perché non poteva presentarsi al promesso sposo a mani vuote. E il 18 dicembre 1939, tutta ossigenata, truccata a profumata, con un vestito nuovo passò da Leonarda per un salutino di congedo e ringraziamento. Leonarda quel giorno aveva deciso di fare il sapone, ma qui è meglio lasciar la parola a lei stessa, decisa e loquace anche durante il processo che si celebrò nel dopoguerra: «Sono stata infinitamente madre, Signor Presidente. Quattordici mi sono nati, e non ne ho vivi che quattro. I rimanenti me li son visti morire uno dopo l'altro. Per questo decisi che dovevo sconfiggere la Morte... Colpii la Setti con un'ascia mentre stava sorseggiando il caffè. Appena tirato il colpo la trasportai, trascinandola con tutta la persona sino al lavandino, e la feci in nove pezzi. Una volta dissanguati i pezzi, radunai il sangue nelle pentole e le portai in solaio. I pezzi li misi nella caldaia sopra il fuoco per farli bollire. Sfidavo chiunque a dire che si trattava di un corpo umano... Dunque misi la caldaia sul fuoco la sera alle 19 e per tutta la notte la lasciai andare sino alle 4 del mattino. Il calderone conteneva cinque chili di soda caustica in ebollizione... I pezzi non adatti alla saponificazione, deposti in un bidone a parte, li versavo un po' nel gabinetto e un po' nel canale che scorre vicino a casa mia... L'operazione finì quando affondai il mestolo nel recipiente e mi accorsi che anche la cera era venuta pronta. Ne presi un pugno e vi misi lo stoppino nel mezzo: era una candela perfetta. Allora l'accesi davanti all'immagine del Sacro Cuore di Gesù. Finalmente la Morte era sconfitta. I miei figli potevano dormire sonni tranquilli». Con lo stesso macabro rito furono successivamente sacrificate Francesca Soavi di cinquantacinque anni e Virginia Cacioppo di cinquantanove anni. Ma il 13 maggio del 1941 in seguito alla denuncia di varie abitanti di Correggio amiche delle tre scomparse nel nulla, Leonarda Cianciulli di anni quarantotto, venditrice di abiti e mobili usati, pregiudicata per truffa, fu tratta in arresto perché accusata d'avere ucciso tre donne, colpendole con l'ascia e dissolvendole in acqua e soda caustica. Moventi: secondo l'accusa, rapina; secondo la difesa, follia; secondo l'accusata, rea confessa, sacrificio di vite umane per tener lontana la morte dalla sua famiglia. Si assunse ogni responsabilità pur di proteggere Giuseppe dall'accusa di complicità. Processata nel giugno 1946, fu condannata a trent'anni di reclusione. Continuò a ripetere alle compagne di prigionia: «Le carte mi dicono che sarò libera nel 1970». Morì, infatti, il 15 ottobre 1970 a settantotto anni, colpita da apoplessia cerebrale. Figura mostruosa e indimenticabile, ha suggerito spunti per rappresentazioni teatrali, saggi scientifici e romanzi. Il più recente è il romanzo del comico (tragico?) Gene Gnocchi «Il signor Leprotti è sensibile», in cui si tratta ancora di una madre ed un figlio che vogliono uccidere un controllore del gas per farne un sapone migliore, studiando le esperienze e gli ammaestramenti dei loro predecessori. Oreste del Buono Giorgio Boatti Le apparve in sogno chiedendole sacrifici umani per salvare i figli: la prima vittima fu Ermelinda Faustina Setti Testi citati: Riva & Vigano Un delitto al giorno Baldini & Castoldi Milano, 1994 Cinzia Tani Assassine Mondadori Milano 1998 Gene Gnocchi Il signor Leprotti è sensibile Einaudi Torino 1995 Leonarda Cianciulli, era nata nel 1893 a Montella, in provincia di Avellino. Si era trasferita a Correggio dopo il terremoto in Irpinia del 1930. Il suo primo delitto risale al 1939. Processata nel '46, fu condannata a 30 di prigione. Morì nel 70