Williams sfida Benigni

Williams sfida Benigni Parla il più amato tra i comici americani: porta sullo schermo tre favole sulla morte LOS ANGELES. Prima sarà la volta di «What dreams may come», un film in uscita negli Stati Uniti nelle prossime settimane nel quale recitano anche Annabella Sciorra, Cuba Gooding Junior e Max von Sydow e che tenta di trovare una risposta ad un quesito non facile: che cosa accade quando tra due persone si sviluppa un amore così forte che nemmeno la morte riesce a separarli, una relazione così profonda che trascende il confine tra questa nostra vita e l'Aldilà? Arrivati sotto Natale, Robin Williams sarà invece «Patch Adams», il medico che per 35 anni ha curato i suoi malati indossando una maschera da clown e unendo le procedure convenzionali con la tecnica terapeutica della risata. Dopo di che, il più amato fra i comici americani si troverà testa a testa contro un suo amico toscano: dopo Roberto Benigni, il cui «La vita è bella» verrà presentato negli Usa in autunno, anche Williams ha infatti nel cassetto un film, «Jakob il bugiardo» che affronta la tragedia dell'Olocausto facendo ricorso allo humor. Che cosa l'ha attratta nel soggetto di «What dreams may come» «Mi è piaciuto il modo in cui affronta la questione dell'Inferno e del Paradiso e della vita nell'Aldilà in termini non confessionali e molto aperti. Girare questo film è stata un'esperienza interessante e dolorosa per tutti noi che ci abbiamo lavorato, perché ci ha costretti giorno dopo giorno a pensare a quanto sono importanti le nostre famiglie». •■ Si parla anche dì reincarnazione. Ci crede? «Sì, vorrei rinascere come quello che ha inventato il liquido che fa Williams sfida Benigni Un film ironico sull'Olocausto Robin Williams: sta lavorando a un film ambientato nei ghetti nei giorni dell'Olocausto In basso Roberto Benigni In uscita negli Stati Uniti una storia d'amore e aldilà poi sarà Patch Adams, il medico che curava travestito da clown davvero andare via le macchie. "Guarda mamma, non c'è più traccia del liquido seminale del Presidente!" Seriamente: mi piacerebbe essere uno scienziato. O un musicista. Quanto ai tempi, sceglierei il Rinascimento italiano, anche se dobbiamo riconoscere che pure questi nostri giorni sono piuttosto interessanti». Quindi la vedremo nei panni del dottor Patch Adams. «Un dottore uscito dal college all'inizio degli Anni 60, quando si insegnava che il medico curante deve mantenere una grande distanza professionale con i suoi pazienti. Patch no, ha sempre creduto in una relazione più intima, quasi simbiotica. E che funzioni lo vedo nel mio piccolo quando vado «negli ospedali a trovare bambini malati. Non vogliono che abbia una faccia triste di circostanza e nemmeno che esageri nel farli ridere: chiedono solo che io sia normale. Patch ha rotto molte convenzioni, arrivando a scrivere forma di sopravvivenza». Sta lavorando moltissimo: effetto dell'Oscar? «No, tutti questi erano progetti già avviati. E poi tutti sanno che mi hanno dato l'Oscar perché dopo tre nomination avrebbero dovuto cominciare a presentarmi così: ed ecco il tre volte perdente Robin Williams». Lei è un sostenitore di Clinton: anche lei in questi giorni ha ripensato al film «Sesso e potere», e ha avuto il sospetto che Clinton possa aver fatto ricorso all'azione militare per distogliere l'attenzione del Paese dai suoi guai personali? «Si potrebbe anche avanzare questa ipotesi, ma in Africa ci sono stati due veri e vili attentati. E se Clinton non avesse reagito adesso ci sarebbe chi sostiene che presta più attenzione agli organi genitali che agli affari internazionali». Lorenzo Soria un articolo per la più importante rivista medica americana intitolato "La morte divertente". Abbiamo grande paura della morte, ma per il dottor Adams è parte della vita, come la nascita». Sul tema dell'Olocausto si confronta con Benigni? «Intanto voglio premettere che purtroppo non ho ancora avuto occasione di vedere il film di Roberto. Da quello che so, il suo è un film che ha luogo prevalentemente in un campo di concentramento, mentre il nostro si svolge in un ghetto. Tutti e due affrontiamo comunque l'orrore dell'Olocausto con humor e questo, per gli americani, è difficile da accettare. Non hanno vissuto quell'orrore in prima persona e non sanno che l'humor c'era anche nei ghetti, anche nei campi di concentramento. Che è stato un'importante

Luoghi citati: Africa, Los Angeles, Stati Uniti, Usa