Da Aretha alla Birkin donne in difficoltà

Da Aretha alla Birkin donne in difficoltà I DESCHI Da Aretha alla Birkin donne in difficoltà femminile la difficoltà maggiore è sempre stata quella di costruirsi un repertorio. Lo è ancora oggi. E non è detto che chi tenta di costruirsi canzoni autonomamente abbia risolto il problema. Natalie Merchant ha sicuramente trovato la strada giusta. Intitolando il suo disco con il nome di un'eroina shakesperiana, «Ophelia» (Elektra, 1 Cd) ha risolto i suoi dubbi. Non sarà più la suadente, eterea, delicata voce dei 10.000 Maniacs, nemmeno quella che si accontentava di piacersi. Questa volta ha scritto vere canzoni dalla struttura piena e ricca di fantasia, passando in rassegna le varie facce della sua inquietudine. Dedica il disco «al visionario poeta Alien Ginsberg» e con originalità segue il proprio viaggio nell'intimo. Natalie, in undici brani, riflette con una voce di gran classe, e abbondanti sfumature, sui mille dubbi di un'anima sensibile. Sulle dolci armonie si muovono intelligenti arrangiamenti, cui hanno collaborato ospiti come Daniel Lanois, Lokua Kanza, Gavin Bryars, Carmen Consoli, la tibetana Yungchen Llamo. Anche Linda Ronstadt ha finito di sbandare, fidandosi troppo della propria eleganza e duttilità d'interprete. In «We ran» (Elektra, 1 Cd), giocando sul rock blues spruzzato di elementi East Coast, si muove agile e con calore intorno alle 11 canzoni che ha scelto, tra cui due di John Hyatt, di Pomus e Shuman, di Waddy Wachtel. Pecca un po' di presunzione quando affronta Springsteen («If I should fall behind») e Dylan («Just like Tom Thumb's blues»). Autori pericolosi. Alla fine però il disco convince. C'è poi chi un repertorio coi fiocchi lo possiede, ma riesce a farsi del male. Annunciato come il grande ritorno di Aretha Franklin, «A rose is stili a rose» (Bmg/Arista, 1 Cd) è un funerale di prima classe, orchestrato da Puff Daddy, produttore di gran moda dell'hip hop. Dopo aver tra¬ scorso un periodo tenibile negli Anni 80, Aretha cerca di reinventarsi. L'incontro tra le notevoli capacità della cantante di gospel con un'orchestrazione rap poteva produrre delle scintille. Ma L'ipervalutato Puff Daddy si è accontentato di tuffarsi nel patrimonio della Franklin - ad esempio con titoli come «Never leave you again» e «Every lil'bit hurts» che riportano al suo grande periodo vissuto con l'etichetta Atlantic - per trasformare questa signora del canto in una replicante di Whitney Houston, una macchina per canzoni di successo in FM e cantare delle stupidaggini. Perché una professionista come Aretha Franklin non ha capito che non può affidarsi a certi personaggi supponenti? , Una sorpresa è Angelique Kidjo, che pesca tra colori e cultura d'Africa realizzando un interessante, stimolante «Oremi» (Island, 1 Cd). Gioca mischiando funky e cori della sua terra, il Benin; dilettando con Cassadra Wilson e coinvolgendo Brandford Marsalis; interpretando undici sue canzoni e una, «Voodoo child», di Hendrix. Grande interprete, musica d'allegria. C'è anche chi un repertorio lo esibisce, sempre quello, da decenni. E' il caso di Jane Birkin con «Ex fan des sixties» (Fontana, 1 Cd). Non è cambiato nulla dai tempi di «Je t'aime moi non plus», questo potrebbe essere un disco di allora, di oggi, del 78: la voce è sempre quella esile, la fantasia anche. Alessandro Rosa >saj

Luoghi citati: Africa, Benin