Fantasmi pagani di Libero Andreotti

Fantasmi pagani di Libero Andreotti Ai Sassi di Matera i marmi e i bronzi d'un elegante toscano di Parigi Fantasmi pagani di Libero Andreotti Tra il «non finito» e il simbolismo IMATERA BENEDETTINI altomedioevali,che modellarono spazi chiesastici e spazi conventuali rupestri a più livelli nel tufo dei Sassi e vi vissero per secoli, se per magia o fantascienza oggi ricomparissero negli stessi luoghi mormorerebbero diecine di volte «Vade retro Satan!» di fronte ai bronzi danzanti e sensuosi di Libero Andreotti, quando parigino era frequentatore di Gabriele D'Annunzio e di Ida Rubinstein, di Pierpont Morgan e di Paul Fort, oltre che un protetto del sarto Worth di cui modellò il ritratto a bassorilievo. L'elegantissimo «tour de force» dei Bassorilievi, stiacciati e compressi nelle superfici grezze di marmo rosa, riesce rischiosamente a coniugare la citazione del non finito michelangiolesco con l'estenuato simbolismo di Minne mentre, all'opposto, Le Miracle esaspera espressionisticamente il michelangiolismo al di là di Rodin, tanto da apparire «irragionevole», «bizzarro», «inesplicabile» persino ad Apollinaire, in entrambi i casi certamente ostentando l'essere lo scultore un toscano a Parigi. Ma soprattutto giustificherebbe l'esclamazione di stupore di fronte alla serie compatta e coerente che corre dalla coppia di Geni musicali alle tre statue di Danzatrici del 1911-12, sino alla Flora del 1913, di cui sono esposti il gesso e la fusione in bronzo realizzata in occasione della mostra che proclama Andreotti protagonista di quel simbolismo «pagano» e «panico», fra modernismo ed esordiente déco, che corre dalla Monaco di Von Stuck alla Parigi di Bourdelle alla Vienna delle ceramiche di Powolny. Ovvero l'alternativa postrodiniana e non neoclassica alla scultura cubofuturista. E' questo tipo di cultura europea, nonché una personalissima riflessione sulla tradizione nazionale quattro-cinquecentesca, a far sì che la scultura di Andreotti appaia libera sia dalla persistente egemonia bistcolfiana sia dal culto, per altri fondamentale, della rivoluzione di Medardo Rosso, proponendo esiti scultorei alternativi, nella loro diversità, a quelli di Martini, l'unico altro «europeo» della sua generazione. Ne è prova lampante, nella sua nicchia di tufo, l'affascinante gesso «retour en Italie» di Donna Ada Niccolini, imparagonabile e quasi incredibile alla metà del secondo decennio del secolo, prima della comparsa in scena di Valori Plastici, con la sua ostentata parafrasi michelangiolesca, dalla Madonna di Bruges alle tombe medicee, piegata ad esiti manieristici alla Giambologna, preservando nel contempo il dato di costume, di moda contemporanea «ad annum» (la frequentazione di Worth?) con la stessa puntualità impressionistica di un Troubetzkoy. Solo nei primi Anni Venti un'operazione così non conformista, e in pittura, sarà tentata da Ferrazzi, non a caso fra i pittori amici. E' questa un'altra e peculiare diversità di Andreotti: molte forme femminili e soprattutto molti tratti fisionomici delle sculture degli Anni Venti recano l'indubbia impronta dell'amicizia con Felice Carena, con presumibile reciprocità. Pur non comparendo sulle pagine di Valori Plastici (e la spiegazione può anche risiedere nel patronato concesso a Firenze da Ugo Ojetti sostenitore e collezionista) è comunque evidente, e non strana per quanto ho detto prima, la tangenza di Donna che fugge e Donna che si fa la treccia, del Pettine spagnolo e di Signora col ventaglio e soprattutto del bassorilievo La pesca con il Martini, appunto, della fase Valori Plastici, prima dell'esplosione drammatica e travagliata del dibattito con la scultura monumentale e la tradizione, da cui alla fine scaturirà in Martini la condanna della scultura «lingua morta». E qui scaturisce, anche e soprattutto per Andreotti, l'elegante e sensibilissimo e sensuale Andreotti con le sue femmine pagane danzanti con la gambe a chiasma, la crisi, evidente nella povertà impacciata dei due bozzetti in gesso per i monumenti ai caduti di Roncade e di Saranno, quest'ultimo d'altronde chiaramente in antinomia con la retorica del tempo già nell'idea della Diana o Amazzone, degna di Fontainebleau, in atto di vendicare il caduto scoccando la sua freccia. Ne era certo ben conscio anche lo scultore accostandosi, verso la fine precoce della vita, alia cultura fiorentina antiretorica di Solaria. Il suo mondo, la Linee e forme che esasperavano l'espressionismo michelangiolesco sino al punto da apparire «irragionevoli» e «inesplicabili» anche all'occhio di Apollinaire gi sua forma non erano quelli richiesti, da una lettera di Margherita Sarfatti ancora e per poco in auge, per il Mausoleo dei Caduti di Milano (i cui bozzetti sono d'altronde più accettabili proprio per la vicinanza a Martini), ma quelli del grande fantasma classico modellato in gesso per la prima rappresentazione della Diana e la Tuda di Pirandello, e soprattutto dell'elegantissima stilizzazione neoquattrocentesca dei ritratti femminili del 1930 e delle due statue dell'Annunciazione per Toeplitz, il mitico fondatore della Banca Commerciale Italiana. Ancora e per l'ultima volta non conformista, ora nei confronti dell'onda nascente in Martini e nei giovani de) primitivismo neoromanico e neoetrusco, la straordinaria rivisitazione novecentesca di Francesco di Giorgio Martini offre messe di suggerimenti, ad esempio, all'esordio dei Basaldella. Marco Rosei Libero Andreotti Matera, Madonna della Virtù e San Paolo dei Greci nel Sasso Barisano Fino al 30 settembre La mostro è aperta tutti i giorni Orario: 10-22

Luoghi citati: Firenze, Matera, Milano, Parigi, Roncade, San Paolo, Vienna