Un'overdose di liquidità ma non farà inflazione di Alfredo Recanatesi

Un'overdose di liquidità ma non farà inflazione OLTRE LA LIRA Un'overdose di liquidità ma non farà inflazione A Germania è preoccuIpata per un presunto eccesso di moneta che da qualche tempo caratterizza l'Italia. E non è la sola. A pochi mesi dall'avvio della moneta unica, questa liquidità, ora espressa ovviamente in lire, si convertirà in una liquidità in Euro, e quindi sarà problema di tutti i Paesi che questa moneta si apprestano ad adottare. Che altri se ne preoccupi, dunque, è legittimo, anche se sui giudizi e sulle valutazioni di parte tedesca occorre, e non da ora, fare la tara della strumentalizzazione elettorale. Con l'approssimarsi delle elezioni politiche, infatti, la Spd è tornata a far leva sull'attaccamento al marco, e conseguentemente sull'avversione per l'unione monetaria, per contenere il recupero di consensi che il Cancelliere Kohl sta ottenendo. Escludendo strumentalizzazioni, però, va detto che tali preoccupazioni non hanno motivo di essere se solo si supera la mera apparenza statistica. Che la liquidità sia elevata non può esservi dubbio. Lo è da parecchi mesi; forse da un anno. Il suo incremento rispetto a dodici mesi fa è grosso modo doppio rispetto a quello che la Banca d'Italia aveva programmato. Questa liquidità è data dalla somma delle varie forme di riserve spendibili mantenute dalle imprese e dalle famiglie: dunque, in primo luogo, la moneta contante in circolazione, quindi le somme disponibili a vista nei depositi presso le banche o la posta, i titoli che scadono entro un termine prossimo come i BoT. Poiché queste riserve di liquidità eccedono le esigenze degli scambi (i quali crescono poco poiché la crescita dell'economia è notoriamente debole), il loro accumulo costituisce motivo di preoccupazione perché costituisce un potenziale di spesa che per una ragione qualsiasi potrebbe realizzarsi all'improvviso e così mettere a repentaglio la tenuta dell'inflazione. Questo, almeno, secondo i casi di scuola che si leggono sui libri e che considerano ciascun fenomeno in un contesto astrattamente invariato. Il contesto itabano, invece, è variato, sensibilmente e strutturalmente, tanto da giustificare pienamente questa espansione della liquidità che il sistema economico spontaneamente richiede indipen dentemente dalle esigenze de gli scambi e che, almeno in buona parte, si delinea come definitiva. La variazione della quale occorre tener conto è la riduzione degli squilibri della finanza pubblica. Questa ri duzione ha determinato due conseguenze (anche se una ovviamente il corollario dell'altra). In primo luogo ha ri dotto la creazione di debito pubblico, specularmente ridu cendo la creazione di attività finneriQintodiincoazpichcaucoavcomsostindtocnmsinnmcnmrinrcsdqamedtlzcdspmvzcfPsrpneccsm finanziarie, come si evidenzia nel fatto che la propensione al risparmio sta scendendo. Questo minore risparmio, inoltre, trova un impiego molto più ridotto nei sicuri titoli di Stato, per cui è costretto ad incanalarsi - talvolta obtorto collo - verso fondi comuni, azioni, titoli esteri; tutti impieghi più «difficili», volatili, che non possono garantire, in caso di necessità, di poterne uscire in qualsiasi memento così come sostanzialmente avviene con i titoli di Stato - a condizioni favorevoli o, comunque, con il recupero pressoché totale del denaro investito. Basta guardarsi intorno in questi giorni per comprendere come le alternative ai titoli di Stato richiedano non comuni doti di saldezza di nervi e capacità di tenuta nel medio e lungo termine. E allora, la minore propensione media al risparmio - che non viene avvertita come fenomeno macroeconomicamente giustificabile, ma come condizione soggettiva di minore agiatezza -, unita alla maggiore incertezza sul valore della ricchezza finanziaria investita, spingono a matenere una riserva di liquidità più consistente di quella che è stata per tanti anni consuetudinaria. Se questa è la ragione per la quale cresce la propensione alla Uquidità, e la quantità di moneta conseguentemente sr espande ben oltre la crescita del reddito nominale, è fin troppo evidente che non si delinea alcun rischio per l'inflazione. Al contrario, è indice di comportamenti di grande prudenza che tutto lasciano presumere tranne che una pur potenziale inclinazione ad alimentare vortici di spesa. Può valere, semmai, la preoccupazione di segno opposto, ossia che la consistente ricchezza finanziaria propria del nostro Paese, nella fase in cui è costretta a lasciare il porto sicuro delle obbligazioni statali per avventurarsi in impieghi necessariamente meno stabili e meno prevedibili, reagisca con un eccesso di prudenza compensando la maggiore rischiosità degli impieghi con la maggiore riserva di liquidità di cui si è detto ed anche, ancor prima, contenendo il proprio regime di spesa. Questo eccesso di prudenza non è certamente estraneo alla persistente fiacca della domanda interna e, di conseguenza, al modesto ritmo di crescita della nostra economia. Alfredo Recanatesi

Luoghi citati: Germania, Italia