Una spora Karma del faraone di Fabio Galvano
Una spora Karma del faraone Una spora Karma del faraone Svelata la maledizione di Tutankhamon LONDRA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE La «maledizione del faraone», che nel folklore del mondo archeologico avrebbe ucciso Lord Carnarvon pochi mesi dopo essere entrato per primo nella tomba di Tutankhamon, potrebbe essere stato il primo esempio storico di guerra batteriologica. Perché quella morte, secondo lo studio di uno scienziato francese d'imminente pubblicazione sul bollettino scientifico della «Royal Society», potrebbe essere stata provocata da un bacillo o più probabilmente da una spora patogena messa nella tomba dagli uomini del faraone per proteggere dalle mire dei tombaroli i tesori necessari alla sua vita nell'aldilà. E' un'ipotesi affascinante, che ricalca - ma a quei tempi era stata considerata un puro distillato di fantasia - quella avanzata da Sir Arthur Conan Doyle, il «padre» di Sherlock Holmes. Doyle aveva espresso la convinzione che Lord Carnarvon, finanziatore della spedizione con cui Howard Carter aveva raggiunto nel 1922 la Valle dei Re e scoperto la tomba di «King Tut», fosse morto per avere respirato «germi mortali» nella camera funebre. Non un germe ma una spora, precisa ora Sylvain Gandon, uno scienziato del Laboratoire d'Ecologie di Parigi. «La morte di Lord Carnarvon - afferma - può essere dovuta a un patogeno estremamente virulento». Il faraone Tutankhamon E infatti un altro studioso Nicolas Reeves, archeologo e autore di un enciclopedico libro su Tutankhamon - ricorda che quando la tomba fu aperta si osservò sulle pareti un fungo nero sopravvissuto ai millenni. Nessuno, a quanto pare, si occupò di precisarne la natura. «Ci sono funghi - spiega - che possono sopravvivere in particolari ambienti, una tomba per esempio, per centinaia e migliaia di anni, pronti a colpire qualcuno come Carnarvon che era fisicamente debilitato». Spiega Gandon nella sua ricerca: «Quando si entra in una tomba dopo tremila anni è probabile che, se essa contiene patogeni sopravvissuti tanto a lungo, questi siano estremamente virulenti». Il suo studio dimostra che tali patogeni - batteri, virus o funghi - dovendo lottare per la sopravvivenza si rafforzano con ogni generazione. Ne erano al corrente gli uomini del faraone? Furono loro, come ultimo gesto prima di sigillare la tomba e i suoi tesori, a iniettarvi quel veleno per i posteri? Difficile dire; anche se oggi appare assai improbabile quella che fu a suo tempo indicata come causa della morte di Lord Carnarvon, cioè l'infezione provocata da una puntura di zanzara. L'unica certezza, secondo Reeves, è che non esiste una «maledizione del faraone». Altrimenti, domanda, come sarebbe mai possibile che Carter non ne sia stato vittima, né l'archeologo che sottopose la mummia a una sorta d'autopsia, né tutte le persone che dopo Carnarvon entrarono nella tomba? Dieter Ebert, dell'università di Basilea, riconosce che lo studio di Gandon, destinato in realtà non a risolvere un giallo archeologico, ma a migliorare le protezioni ospedaliere al fine di ridurre la virulenza dei patogeni, «suggerisce un possibile rapporto fra la virulenza di un patogeno e la longevità delle sue spore». Non esclude che le conoscenze scientifiche degli egizi fossero tali da consentire loro di «isolare un patogeno a loro noto» e metterlo nella tomba. «Se davvero volevano creare una maledizione, ci sono perfettamente riusciti». Fabio Galvano Studio francese: infestava la tomba e uccise lo scopritore Lord Carnarvon
Persone citate: Arthur Conan Doyle, Dieter Ebert, Doyle, Howard Carter, Nicolas Reeves, Reeves, Sherlock Holmes, Sylvain Gandon
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