«Così Clinton hn premuto il bottone»
«Così Clinton hn premuto il bottone» La Cia ha registrato le telefonate di 2 luogotenenti di Bin Laden che parlavano degli attentati «Così Clinton hn premuto il bottone» Su Newsweek i rapporti che hanno portato ai raid vate» dal segretario di Stato Madeleine Albright e della Difesa William Cohen e che loro inizialmente si erano virtuosamente rifiutati di rivelare, dicendo tuttavia che le avevano trovate «convincenti» proprio come era accaduto a Clinton. Il primo piano preparato dallo «small group» è stato presentato al Presidente il 12 agosto. Lui ci ha pensato due giorni e il 14 ha datto la sua approvazione di massima. Ma prima del via definitivo voleva maggiori prove sulla responsabilità del gruppo di Osama bin Laden nei due attentati. Loro gliele hanno fornite: c'era la registrazione di una telefonata fra due luogotenenti di bin Laden che facevano riferimenti inequivocabili a Nairobi e Dar es Salaam e soprattutto c'era la confessione di Muhammad Sadiq Howaida, quello arrestato in Pakistan lo stesso giorno degli attentati men- «small group» abbia fornito a Clinton ma si sa che il Presidente le aveva prese per buone. Non per questo però era ancora convinto dell'attacco. Mentre la deposizione davanti a Starr si avvicinava, lui meditava sulla «svolta» che il via all'operazione avrebbe comportato sul piano politico e diplomatico: in pratica, gli Stati Uniti si apprestavano a far presente al mondo che d'ora in poi loro avrebbero agito in proprio, «all'israeliana», nei confronti del terrorismo. Poi, a deposizione avvenuta, ecco lo «small group» tornare alla carica con l'informazione che rendeva «non più rinviabile» la decisione: giovedì, in uno dei campi da attaccare, ci sarebbe stata una riunione di bin Laden con tutti i maggiori dirigenti della sua organizzazione. Un'occasione che non si poteva perdere. L'ultimo dubbio Clinton lo ha espresso all'1,30 del mattino di giovedì sul bombardamento della fabbrica di Khartoum. Non c'è il rischio, ha chiesto a George Tenet, il capo della Cia, che si sprigoni una nube tossica? «Stia tranquillo Mister President, manderemo tanti di quei missili che verrà distrutto assolutamente tutto», lo ha rassicurato Tenet, e l'attacco è partito. La fabbrica è stata distrutta, i campi di addestramento «seriamente danneggiati», ma della riunione di bin Laden con i suoi luogotenenti non si sa nulla. Ieri le fonti più disparate lo davano sano e salvo in Afghanistan, protetto dai taleban perché «è nostro ospite», ma anche nelle Filippine e in altri luoghi. Forse un giorno lo prenderanno, ma intanto il mito da «Primula Rossa» lo hanno creato. Franco Pantarelli NEW YORK NOSTRO SERVIZIO Nei giorni precedenti la deposizione di Bill Clinton sulle sua faccende sessuali si diceva che i suoi avvocati erano perplessi dal comportamento del Presidente. Era distratto, dicevano, non abbastanza concentrato sul confronto con il procuratore Kenneth Stanche lo aspettava. Adesso si sa perché. A tenerlo sotto pressione, in quegli stessi giorni c'era lo «small group», un gruppo ristretto di militari e di agenti della Cia formato subito dopo gli attentati del 7 agosto a Nairobi e a Dar es Salaam per preparare la ritorsione. La dinamica che ha portato al lancio di missili di giovedì scorso è stata ricostruita in dettaglio da «Newsweek», presumibilmente con l'ausilio di quei deputati e senatori ai quali l'altro giorno erano state fornite «informazioni riser- tre cercava di passare in Afghanistan, e qui rimane il mistero delle riserve espresse dal capo dell'Fbi, Louis Freeh, sull'attendibilità di quell'uomo. La sua confessione, di cui «Newsweek» pubblica ampi stralci, sembra dare adito a pochi dub¬ bi. Lui, ha detto, faceva capo a Ah Saleh, un egiziano già noto ai servizi segreti americani per i suoi legami con bin Laden. Era stato su suo ordine che aveva personalmente preparato l'ordigno esploso a Dar es Salaam, mentre quello di Nairobi era stato preparato da quattro persone sotto la guida di Salah Abdullah, anche lui egiziano e anche lui noto come un luogotenente di bin Laden. Quanto allo stabilimento farmaceutico di Khartoum che in realtà secondo gli americani produceva gas nervino, non si sa quali prove lo «Ci dimostrino che la fabbrica distrutta produceva armi chimiche e che il nostro Paese abbia legami con Bin Laden» «Clinton ha dichiarato guerra all'Islam per fare dimenticare lo scandalo Lewinsky In Europa contiamo sull'aiuto di Paesi moderati come l'Italia» L'industria colpita a Khartoum. Sotto Osama bin Laden e un capo dei Taleban che mostra i frammenti di un missile Cruise che ha colpito Khost L'industria colpita a Khartoum. Sotto Osama bin Laden e un capo dei Taleban che mostra i frammenti di un missile Cruise che ha colpito Khost
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