« Siamo soltanto all'inizio»

« Siamo soltanto all'inizio» « Siamo soltanto all'inizio» II medico: sapevo di essere nell'elenco CONDANNATO ALLA PAURA U TORINO NA strage. Questa bomba poteva davvero causare una strage. Pensi, in quest'ufficio che è un buco eravamo in quattro: due medici miei collaboratori, la mia segretaria, ed io. Se la bomba scoppiava per noi non c'era scampo...». Remo Urani è davvero adirato e spaventato. Lo senti dalla voce che non è più quella calma di sempre. Lo percepisci dagli occhi che non stanno mai fermi e sono rossi per la tensione e l'agitazione. Il suo telefonino squilla in continuazione. Sono amici, colleglli, poliziotti. Chiedono, vogliono sapere, dirgli ti siamar vicini. E lui, a tutti, dà la stessa risposta: «Sto bene. Stai trarla* v qmllo.'Certò che mi sono spa ventato...... Fuori, intanto, la scorta lo aspetta per accompagnarlo a casa. Si fa per dire, casa: perché da anni Remo Urani vive qui, al carcere, e quando smette con il lavoro va a dormire nelle caserme dei carabinieri e della Finanza o, in alternativa, i commissariati. La sua è davvero una vita da prigioniero. Lei è stato minacciato decine di volte. Ha ricevuto lettere anonime, la mafia e la camorra gliel'hanno giurata. Ma un attentato non lo aveva mai subito... «No, una bomba non me l'avevano davvero mai mandata... ». Ma perché c'è tutto questo accanimento contro di lei? «Per ciò che rappresento e per il lavoro che faccio. Qui, nel mio ufficio, finiscono tutte le domande di scarcerazione per motivi di salute dei detenuti. E io, di volta in volta, devo valutarle e decidere. Le richieste che vengono accolte sono poche e, inevitabilmente, contro di me cresce il rancore. Mafia, camorra, 'ndrangheta, mi hanno minacciato tutti quanti...». Ma lei ha sempre insistito col fare questo lavoro. E Massari l'aveva conosciuto? «Era uno dei mille e cinquecento detenuti delle Vallette. Un soggetto controllato, ma che non aveva mai manifestato intenzio- ni suicide. Poi è successo quello che tutti sanno. E anch'io sono così finito nell'elenco dei nemici». Un suicidio che si poteva evitare? «Purtroppo nelle carceri il suicidio è spesso in agguato. Ma qui, alle Vallette, per fortuna sono pochissimi i detenuti che si tolgono la vita. E' uno dei carceri dove si seguono di più i reclusi, dove si cerca di dare anche assistenza psicologica. Rimanere chiusi dietro le sbarre è angosciante e i soggetti più deboli noi cerchiamo sempre di seguirli più degli altri». Dopo la tragedia di Massari, ad aprile, lei era stato già preso di mira... «Mi avevano mandato una lettera anonima, con un messaggio scritto con caratteri ritagliati dai giornali. Avevo segnalato la cosa alla Digos e tutto era finito lì. Quando hanno iniziato ad arrivare i libri bomba ho pensato: ce ne sarà anche uno per me... Stamattina, mentre aprivo la posta, me n'ero quasi dimenticato. Ma poi ho visto i fili che sporgevano e ho afferrato il braccio della mia segretaria e le ho detto: Assunta non ti spaventare. E' una bomba, ma se non facciamo stupidaggini non capiterà nulla...». Ma secondo lei tutte queste bombe sono davvero opera dell'ala dura del movimen- to squatter? «Io non ci credo. Ci saranno anche gli squatter, ma secondo me c'è di più: qualcosa di più articolato, più esteso, più pericoloso. E secondo me siamo solo agli inizi». E' solo un'impressione o ha qualche elemento di giudizio? «Sono vent'anni che vivo qui dentro. E mi sono abituato a cogliere ogni segnale: una mezza parola qui, una frase là. Un sussurro. E poi, che senso ha colpire me per un suicidio? Ciò che vogliono minare sono le istituzioni. Lo dimostrano le altre bombe, gli attacchi ai politici. No, non sono solo gli squatter, qui c'è molto di più...». E adesso che farà? Vita ancora più blindata di prima, maggiori precauzioni, che altro? «Tutto come prima. Più di così mi chiedo cosa posso fare. Non ho vita sociale: vado a cena con i poliziotti della scorta. Vado in vacanza con loro, in palestra con loro. Donno nelle caserme, mi controllano giorno e notte». Quasi come un prigioniero... «Certo, del ruolo che ricopro nelle istituzioni. Se rinunciassi sarei finito. Oggi, per uccidermi, devono fare un'azione di guerriglia. Ma se mollassi non avrei più protezione. Sarei solo. E sarei un uomo morto...». Lodovico Poletto I ao a al il a ita ao ao o e e ni a LE MINACCE PER POSTA 3 acosto. Il primo pacco arriva al procuratore aggiunto di Torino, Maurizio Laudi, titolare dell'inchiesta sull'eco-terrorismo. 3 agosto. Un altro è recapitato a Ivrea al giornalista Daniele Genco, terito dagli squatter il 2 aprile durante i funerali dell'anarchico suicida Edoardo Massari 4 agosto. La terza «bookbomb» riguarda il consigliere regionale piemontese dei Verdi Pasquale Cavaliere. 5 agosto. In un ufficio postale romano viene trovato un pacco indirizzato all'onorevole Giuliano Pisapia, deputato di Rifondazione comunista e presidente della Commissione Giustizia. 7 agosto. «Book-bomb» anche per il capogruppo di Re al Comune di Milano, Umberto Gay, da sempre impegnato a favorire il dialogo tra le istituzioni e il centro sociale Leoncavallo di Milano. rt-t- IL PACCO La bombo era contenuta in una busta di colore giallo. Il timbro postale è di Roma Fiumicino, 27 luglio, la data d spedizione delle book-bomb a Laudi e Genco. Sul retro il nome del mittente-, dottor Francesco Angrisano, Roma. L'ESPLOSIVO Si tratta (ma sarà fatta una perizio) di una miscela di polveri pressate, a forma di parallelepipedo. Era sistemato al fondo della busta, dietro i tre libri: «Sulla saggezza» di Montaigne, «Pellegrinaggio d'autunno» di Hermann Hesse e «Casa Ik di bambola» di Henrik Ibsen. Il primo era stato tagliato a metà, in altezza, in modo da consentire la sistemazione dell'ordigno. I L'INNESCO Accanto all'esplosivo una batteria Un polo era collegato direttamente a parallelepipedo di polvere pressata. Un altro filo finiva tra i libri. Spostandone uno si chiudeva il circuito. Ma per un errore di fabbricazione l'esplosione non ci sarebbe comunque stata. IL PACCO BOMBA «Non credo a chi chiama in causa gli squatter. Siamo di fronte a qualcosa di più pericoloso» «Precauzioni? Sono abituato a ricevere minacce. Dormo nelle caserme e vivo ogni istante in compagnia della mia scorta» In alto il messaggio destinato al medico delle Vallette che ha ricevuto il sesto pacco bomba Sopra l'ingresso del carcere alla periferia di Torino Agenti di polizia penitenziaria davanti al furgone degli artificieri intervenuti all'interno del carcere torinese delle Vallette

Luoghi citati: Comune Di Milano, Ivrea, Milano, Roma, Torino