Viktor, l'alter ego del Presidente

Viktor, l'alter ego del Presidente PERSONAGGIO L'OMBRA DI ZAR BORIS Viktor, l'alter ego del Presidente Alleati e nemici: legati da una sottile intesa SI voleva fare meglio, ma il risultato purtroppo è stato il solito»: è la sintesi perfetta, tragicamente brutale della giovane democrazia russa che si presenta con tutte le rughe del vecchio sistema appena nascoste sotto il fard di importazione. Con poche parole Cernomyrdin ha descritto questa nuova porzione di sogni che è stata gettata al popolo: il surrealismo economico e le buone intenzioni, la scorciatoia delle utopie e il cinismo della rassegnazione. Soltanto un uomo che è stato protagonista di questo disastro per sei anni poteva essere così sfacciatamente sincero. Discreto come un cortigiano (o un rivoluzionario), abituato ad acquattarsi nella penombra perché il grigiore è un'arma potente in un Paese dove le lotte di clan limano il personale politico con la stessa velocità dei tempi di Stalin: Cernomyrdin ha la ben pasciuta energia della continuità, la robusta capacità di sopravvivenza dei funzionari-padroni di ogni tempo. Non si può immaginare nulla di più diverso da Eltsin. Eppure i due stanno percorrendo una strada comune da sei anni, legati da una catena indissolubile, la necessità di sopravvivere in una società politica che sembra un formicaio buttato all'a ria. NeU'mterminabile sceneggiata dei litigi e di riconciliazioni c'è una complicità ancora più salda: entrambi sono fatti della farina triturata dalla vecchia mola comunista, cresciuti nell'ombra di un'indelebile scuola. E' il partito, verrebbe di dire la classe, degli «ingegneri», che formava la vera borghesia della Russia sovietica e che esercitava i suoi talenti nello scalare, passo dopo passo, le ripide vie della nomenklatura. Il suo gruppo politico, «Nostra casa Russia», nelle elezioni per la Duma è arrivato boccheggiando a un misero 10%, evitando per poco di essere sorpassato dal clownesco Zirinovskij. Ma quelle non sono che briciole. Il vero partito di Cer¬ nomyrdin in realtà si chiama Gazprom. E' il colosso che controlla le fonti energetiche, l'unica cambiale che nel disastro russo risulta sempre solvibile. Anzi qualcosa di più: uno Stato nello Stato, la continuità imperiale della vecchia Urss convertita in azioni e insediata nel clamore sfacciato di quella nuova, il feudo di quegli ingegneri che nessun politicante del carnevale eltsinano è riuscito a conquistare. Cernomyrdin ne ha plasmato tra l'89 e il '92 la struttura e le nuove ambizioni politiche. Lì, nelle stanze dove aria condizionata e computer hanno rinfrescato l'aria stantia del breznevismo, questo agile di¬ nosauro abituato alla ginnastica del comitato centrale comunista, poteva esercitare tutte le astuzie del mercato burocratico, la versione russa del liberalismo economico. Quando Eltsin lo ha chiamato alla carica di premier è come se avesse tirato a sé i fili oscuri di questa potenza, tutto il vecchio apparato economico-burocratico-militare che ha cambiato le cravatte ma non certo la mentalità e lo stile. Eltsin strepitava, collezionava gaffe, occupava la prima scena eccessivo e interperante, con le sue presenze e le sue assenze: lui, Cernomyrdin stava dietro le quinte con le grisaglie e i silenzi, guardava passare i cadaveri di rampanti delfini e di «sicure» promesse politiche, indifferente, volpino, ben protetto dalla sua ostentata mancanza di ambizioni. Guardava le spalle dello zar impegnato a sedare com¬ plotti, dava agli investitori e ai politici stranieri la rassicurante immagine di qualcosa di stabile in quel permanente uragano. Ogni tanto Eltsin lo obbligava a passare sotto moderne, televisive forche caudine: convocava i tg e metteva in scena una recita a metà tra la democrazia diretta e i processi staliniani. Davanti al primo ministro enunciava con voce adiratissima tutti i guai del Paese, le promesse non rispettate, i mugolìi del popolo insoddisfatto. Lui, compitissimo, silenzioso, scivolava sotto i nuvoloni di nere accuse senza battere ciglio. Il giorno dopo eliminava un paio di ministri di seconda schiera e riprendeva serenamente le fila del suo particolare metodo che consiste nel non fare niente. Perché Cernomyrdin detesta quello che chiama «romantiscimo economico»; il suo posto è la grigia ru- mutazione della quotidianità, lo spossante languore del compromesso. Ultimamente, l'orse avvertendo che qualcosa stava scricchiolando, ha tentato strade nuove. Ma quanta fatica si intravedeva dietro le immagini in maniche di camicia o impegnato in evoluzioni su un potente aquascooter. A gennaio Eltsin lo ha convocato in tv per una replica. «Non avete rispettato gli impegni, avevate promesso di pagare gli stipendi e non lo avete fatto», gridava lo zar infuriato. Ma questa volta il boiardo non ha tenuto la testa bassa: «Non è cosi Boris Nicolaevic! - ha replicato -, anzi abbiamo pagato perfino tre trilioni di rubli in più». La soddisfazione di una rivolta gli è costata soltanto cinque mesi di vacanza. Domenico Quirico 1 II presidente russo Eltsin I DISASTRI m KIRIENKO La Borsa in un mese ha perso quasi il 50% Il rublo è stato svalutato da 6 a 9,5 per dollaro Il debito dello Stato con i dipendenti ha raggiunto i 4300 miliardi di lire Il mercato dei titoli di Stato è crollato Tutte le 1500 banche russe sono sull'orlo della bancarotta Il debito estero è aumentato di 22 miliardi di dollari, di cui 4 già spesi nell'ultima settimana Le riserve d'oro e valute torti della Banca centrale sono state spese al ritmo di un miliardo di dollari a settimana, riducendosi a 17,5 miliardi

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