Le guerre perdute ai Cattivi

Le guerre perdute ai Cattivi Le guerre perdute ai Cattivi Da Castro a Saddam, passando per Gheddafi LA RICERCA D'UN NEMICO ONEW YORK SAMA bin Laden, ovvero della necessità, per l'America, di avere un nemico personale, un «cattivo» da combattere, e della impossibilità di sconfiggerlo. Prima di lui, Fidel Castro, Gheddafi, Khomeini, Saddam Hussein. Gli Stati Uniti hanno vinto la guerra mondiale, ma perdono, regolarmente, le battaglie contro un uomo solo. Ne hanno bisogno, della personificazione del nemico, della creazione di un'icona negativa che erediti il ruolo di tutti i cattivi del Far West cinematografico e dei fumetti e, anche, della sua sopravvivenza, affinché lo spauracchio possa essere agitato e il «sequel» programmato. Come Capitan America, il supereroe della Marvel con il costume a stelle e strisce, ha bisogno del Teschio Rosso per continuare a mostrare i suoi fantastici poteri, così l'America ha adesso bisogno di questo sanguinario straccione con il turbante (a volte) rosso per additare il Male e colpirlo. Curiosamente, come già accadde per i suoi predecessori nel ruolo, senza riuscire a eliminarlo, nonostante l'impiego di armi ultra-sofisticate. A credere alle versioni ufficiali, gli Stati Uniti hanno le mani legate contro i dittatori che minacciano la loro incolumità e quella del mondo civile, perché i principi del diritto internazionale non contemplano il tirannicidio da parte di agenti stranieri (Osama bin Laden non è però un capo di Stato ma un uomo qualunque). Agiscono tuttavia sottobanco, tirando calci a vuoto. Servendosi di fuoriusciti, aizzando focolai di rivolta interna, infiltrando emissari tra le falangi messe a difesa del «cattivo». Il risultato è un fumetto tragicomico in cui personaggi dai nomi improbabili compiono azioni dagli effetti prossimi allo zero. Stando a quel che raccontano, i tentativi di uccidere Castro sarebbero stati affidati, tra gli altri, a un esule cubano con un nome da trattoria, Posada. Quelli di deporre Gheddafi e Saddam avrebbero avuto per crocevia di tutti i complotti un misterioso israeliano che si faceva chiamare Mister Martel. Nei progetti di uccidere Saddam è mancato infatti soltanto quello di prenderlo a martellate. Se davvero gli americani ci hanno provato nei modi che una fonte della Cia ha svelato due anni fa allo «Herald Tribune», allora c'è materiale per «Una pallottola spuntata 4», con l'agente segreto in missione che continua a ferire (e di striscio, per di più) le controfigure del dittatore e del figlio sparse per Baghdad, dove i due sembrano avere più sosia di Elvis Presley a Tupelo, Tennessee. Cinque progetti per far fuori Saddam sarebbero passati nei cassetti di Clinton. Tutti contemplavano l'uso di armi letali, quali la creazione di Radio Free Iraq, e hanno fatto il solletico al despota che George Bush non volle andare a prendere nelle sue stanze, fermando la missione Tempesta nel deserto prima che potesse scoperchiargli la ca¬ sa. Se davvero si vogliono fare «azioni coperte» per far cadere Saddam, come mai il budget destinato a questo fine nel 1996 era di soli 20 milioni di dollari? E perché invece se ne destinaro¬ no 700 per analoghe attività in Afghanistan, dove si muoveva Osama bin Laden, ultimo esponente di una schiera di cattivi usciti dalla penna dello stesso sceneggiatore? Come si sa, i supereroi non hanno un solo nemico, ma una serie, caratterizzati da diversi poteri, e che a turno minacciano la civiltà. Tutti però hanno qualcosa in comune. Come i nemici dell'America, che curiosamente sono spesso ex amici improvvisamente diventati minacce planetarie. Lo è stato il «teschio rosso» bin Laden; lo è stato Saddam (quando faceva comodo contro Khomeini); lo è stato, esemplarmente, l'indimenticato «faccia d'ananas», al secolo Manuel Antonio Noriega, ex dittatore di Panama, per la cui cattura gli Stati Uniti scatenarono nell'89 una guerra. Nel '92, condannato da una Corte federale per reati legati al traffico di droga, l'ex pericolo pubblico vuotò