Fassino: Calò è caduto per difendere la pace di Francesco Grignetti

Fassino: Calò è caduto per difendere la pace Fassino: Calò è caduto per difendere la pace ROMA. "KVojglip rendere onore innanzitutto; - dice l'on. Piero Fassino, sottosegretario agli Esteri - al tenente colonnello Calò, caduto per la pace in una terra tanto lontana. E' la dimostrazione di quanto sia alto il prezzo che la comunità internazionale è chiamata a pagare per bloccare i conflitti. Imporre la pace non è affatto un'operazione priva di rischi». Ma perché il rischio è così elevate? In fondo, pensa la gente, l'Onu è in Afghanistan per tutelare la pace. «Il nostro ufficiale era impegnato in una équipe dedicata a favorire il negoziato tra i taleban e i loro oppositori. Una funzione lontanissima da qualsiasi ruolo militare. Ciò nonostante non ha impedito che cadesse vittima di un attentato. Perché, guardi, bloccare i conflitti e far prevalere le ragioni del negoziato su chi vuole imporre la forza, richiede l'attivazione di tutti gli strumenti possibili. Da quelli politici e diplomatici a quelli militari. In Bosnia abbiamo il buon esempio di come 60 mila uomini della Nato siano andati a impedire una guerra, non a farla. Così come aver mandato 7000 uomini di dieci Paesi in Albania, guidati dall'Italia, è servito a evitare che quella crisi precipitasse in un collasso». Sono esempi di interventi molto diversi. Uno seguiva ai ràid aerei e poi gli accordi di Dayton, l'altro no. «E' evidente. In un mondo dove esplodono guerre locali, nuovi nazionalismi etnici, fondamentalismi religiosi, preservare la pace significa dispiegare un'azione sul terreno. Ripeto: attivando tutte le possibilità, diplomatiche, politiche, e anche militari quando sia inevitabile e necessario. Mi pare che quanto accade ci dice che ".on basta evocare il primato t.diia politica, ma anche dotarsi degli strumenti necessari. Naturalme:..' questo comporta piena assunzione di responsabilità». Cosa intende dire, scusi? In questo momento l'Italia ha 2000 soldati e 500 carabinieri in Bosnia, una presenza notevole in Albania, carabinieri e poliziotti in Medio Oriente, osservatori politici e elettorali in aree critiche come Afghanistan, Cambogia, Caucaso, Balcani. Sono impegni a cui non ci si può sottrarre. Nel momento in cui si chieda alla comunità internazionale di prevenire i conflitti, bisogna fare la propria parte con coerenza». C'è chi recalcitra? «C'è necessità di un salto culturale, non c'è dubbio. Laddove c'è la guerra, far prevalere la pace significa impegnarsi. Sapendo che non necessariamente le parti in lotta sono disposte a quella pace che noi cerchiamo. Per questo occorre che ogni Paese della comunità internazionale, a partire da quelli che hanno maggiori responsabilità politiche e economiche nel mondo, si assuma le proprie responsabilità. E metta sempre di più le istituzioni internazionali, come l'Onu o l'Osce, nella condizione di agire». t C'è un* {punta di polemica, nelle sue parole? «Niente affatto. Anzi. Credo che sia sbagliato contrapporre istituzioni buone a istituzioni cattive. In Iraq, gli ispettori Onu svolgono una funzione essenziale. In Bosnia, dove è necessaria una massiccia presenza militare di pace, la Nato è la più adatta. In Albania è stato giusto partecipare tra europei. Laddove si tratta di preparare elezioni o monitorare, l'Osce è adeguata». E l'Italia? «L'Italia ha fatto un salto di qualità. Ci siamo lasciati alle spalle un passato di non impegno o di reticenze. Oggi non ci tiriamo indietro. E' una crescita dell'intera classe dirigente italiana. Il Parlamento ha votato quasi all'unanimità gli interventi in Bosnia e in Albania. Ne abbiamo guadagnato in credibilità e affidabilità internazionali». Scusi, Fassino, ma a chi voi mandate all'estero e lì opera e rischia la vita, militare o funzionario civile, cosa dite? «Gli diciamo che se il mondo è insicuro, è insicura anche l'Italia. Grazie al suo lavoro, il nostro Paese gode di un'inedita stima internazionale e contribuisce alla sicurezza di tutti». Francesco Grignetti

Persone citate: Calò, Fassino, Piero Fassino