LA GUERRA DEL FUTURO di Barbara Spinelli

LA GUERRA DEL FUTURO IL TmomMQISIAMCO PUNTA ALL'ARABIASAWITA LA GUERRA DEL FUTURO PER far fronte alla sfacciataggine omicida dell'Internazionale islamica di Osama bin Laden, e alla rappresaglia decisa giovedì da Clinton contro le basi terroriste in Afghanistan e Sudan, l'antico Arthasastra non avrebbe avuto i dubbi che affliggono alcuni governi europei come l'italiano o il francese. Redatto più di duemila anni fa in India, il trattato politico di Kautilya avrebbe suggerito la ritorsione bellica, per non apparire agli occhi del nemico «una potenza le cui intraprese periclitano, e il cui destino è il declino». E siccome il terrorista islamico è insidioso la sua forza è nella mobilità che lo apparenta al pirata anonimo, è nella convinzione teologica che lo rende impermeabile a lenti negoziati o calcoli politici - avrebbe consigliato la via più speditiva, efficiente: la via del «castigo silenzioso», dell'eliminazione fìsica compiuta da consumati agenti segreti, come raccomandato nella sezione quinta dell'Arthasastra. Il castigo silenzioso è stato per molti anni il metodo prediletto dai servizi israeliani, e non di rado fu applicato con successo. E' più difficile per l'amministrazione americana, perché i suoi servizi segreti sono meno efficienti e la sua democrazia più esigente. Inoltre è più diffìcile perché il terrorismo islamico è una pirateria inedita, non somiglia che parzialmente alle piraterie palestinesi o occidentali: bin Laden la guida, la finanzia, l'addestra nelle sue Accademie del Terrore protette dai Taleban afghani, ma le ramificazioni sono mondiali e il suo potere è quello di una Internazionale teologico-politica con basi in Sudan e Iran, in Pakistan Kashmir e Libia, in Algeria, Egitto e nei territori palestinesi, in Arabia Saudita e altri emirati del Golfo. Il castigo silenzioso può sempre esser utile, ma in ogni caso un conflitto aperto si sarebbe imposto anche per l'astuto Kautilya. Un conflitto lungo e intramezzato da numerose battaglie, come ha detto Madeleine Albright venerdì: una guerra cui non ci sottrarrà, perché «purtroppo questa sarà la guerra del futuro», e attorno ad essa si deciderà il nostro de¬ clino o la nostra sopravvivenza politica. Non esiste dunque il dilemma descritto dalla diplomazia italiana, e da Romano Prodi. Non esiste una rappresaglia americana moralmente comprensibile, e disgiunta da questa morale un'esigenza politica di «dialogo costruttivo» con gli Stati tutori del crimine teologico. La rappresaglia attuata con l'invio dei missili Tomahawk è già un segnale politico, per chi ha la volontà di intenderlo. E' già una risposta geopolitica ai messaggi lanciati a più riprese da Osama bin Laden e da organizzazioni affiliate. Le sue parole sono assai chiare, come lo sono i vocaboli dei manifesti terroristi successivi all'attentato in Kenya e Tanzania. L'obiettivo - ripetono i manifesti è «il Jihad, la Guerra Santa, contro gli ebrei e i crociati». I crociati sono cristiani occidentali, e più precisamente gli americani, «installati nei Luoghi Santi dell'Islam». Lo scopo è di «liberare questi Luoghi Santi»: non un unico Luogo non solo Gerusalemme come dicevano i primi terroristi religiosi - ma tutti i Luoghi dell'Islam e dunque anche La Mecca. Gli americani devono smettere innanzitutto di influenzare - con la propria occupazione, con le proprie strategie di alleanze - l'Arabia Saudita. Qui è il fine autentico delle imprese criminogene di bin Laden, su questo punto del mondo si concentrano le sue azioni falsamente religiose, a questo gli servono le argomentazioni teologiche e il riferimento a Dio: le sentenze religiose contro l'Occidente, le continue mortifere fatica, sono usate per rovesciare la monarchia di re Fahd, nella nazione che maggiormente gli sta a cuore: l'Arabia Saudita. Osama bin Laden è un integralista sunnita, la sua nazionalità è saudita, e l'ex combattente antisovietico in Afghanistan fu cacciato da Riad nel '94 perché la sua opposizione era divenuta troppo pericolosa per la famiglia reale. Con l'aiuto dei suoi crimini contro i civili e Barbara Spinelli CONTINUA A PAG. 6 PRIMA COLONNA

Persone citate: Clinton, Kautilya, Madeleine Albright, Osama Bin Laden, Romano Prodi