San Salvario alla guerra di stoffa

San Salvario alla guerra di stoffa Non si ferma la protesta del quartiere: e ogni sera si ripetono le «passeggiate» dei cittadini San Salvario alla guerra di stoffa Da un mese resistono gli striscioni anti-crimine IL DISAGIO SENZA FINE GLI striscioni sono appesi nelle vie di San Salvario ormai da un mese. A luglio erano una trentina, adesso ne sono rimasti la metà. Ma chi li ha issati di nascosto, di notte, usando scale da muratore per raggiungere l'altezza dei balconi, promette che presto ne spunteranno altri. C'è scritto «Via gli spacciatori», «La legalità è un nostro diritto», «Qui il crimine non è andato in vacanza», «San Saivario San Calvario», e anche l'orgoglioso «San Salvario non s'arrende». E' gente del quartiere, quella che li ha appesi. Si sono auto-tassati in cinquanta: negozianti, donne e uomini che vivono nelle strade intorno a piazza Madama Cristina da trenta o quarant'anni. Hanno comprato la stoffa, lavorato di forbici e bombolette spray. I più compromettenti, quelli con le scritte irrispettose verso Castellani che sventolavano anche in corso Vittorio, li hanno staccati i vigili urbani e le autoscale dell'Aem. Uno l'ha strappato una persona del quartiere che non ha gradito l'iniziativa. Gli altri striscioni sono rimasti lì a sventolare rabbia, e a ricordare a tutti che l'emergenza spaccio-clandestinicriminalità non è finita. Francesco Picciotto, 62 anni, membro del Comitato spontaneo del quartiere, dice: «Li abbiamo appesi a titolo personale, più che come Comitato. Una forma di protesta civile. Abbiamo chiesto a un avvocato se stenderli da un capo all'altro delle strade fosse un reato. Ci ha detto che potevamo rischiare al massimo ima multa. Allora abbiamo preso le scale, di notte, e li abbiamo issati. La mattina dopo, la gente era tutta con il naso all'insù, a dire "bravi"». Picciotto cammina nel quartiere con un gruppo di uomini. Con lui ci sono ad esempio Giuseppe Cavallo, Giuseppe Musicò, e tanti altri che non vogliono i loro nomi sul giornale. Tutti sono già stati minacciati, qualcuno è già finito all'ospedale, a un paio hanno spaccato la macchina. «Il 9 settembre cominciano i primi processi in cui siamo testimoni. Abbiamo visto e denunciato spacciatori, passaggi di denaro e di armi, danneggiamenti, scippi». Passa una volante della questura, gli agenti salutano il gruppetto: «Con loro abbiamo un ottimo rapporto. Sappiamo che, se non possono fare più di tanto per ripulire queste strade, è colpa delle leggi troppo poco severe. Siamo stati noi, ad arrestare quel tizio di colore che ha sfregiato un agente a Porta Nuova. Correva nella nostra direzione, scappando dalla polizia. L'abbiamo bloccato e consegnato ai colleghi del ferito». Il gruppo di Picciotto fa parte di quelli che ogni sera, dal 9 gennaio ad oggi, scendono in strada «per ri- conquistare il quartiere, restituirlo alla brava gente, cacciare i delinquenti». «Portiamo con noi solo fischietti e telefonini, per dare l'allarme se ci sentiamo minacciati. In tutto, a darci il cambio agli incroci, siamo un centinaio». Guai a chi parla di ronde: «Siamo gente per bene, che non ha niente a che fare con i partiti, e che fa ciò che può perché il borgo ritorni quello di una volta». Sono vecchi residenti: la dimensione del «borgo» di cui sono portatori si avverte concretamente, camminando con loro in via Berthollet, via Principe Tommaso, via Pio V, via Madama Cristina. Non c'è negoziante che non li saluti, non c'è casa in cui non conoscano qualcuno, o del quale sappiano un pettegolezzo. «Viviamo qui da sempre. A un certo punto abbiamo cominciato a riunirci, a decidere che dovevamo fare qualcosa. Qui abbiamo figli, mogli, case, negozi. E non ce ne vogliamo andare». Dicono che con loro si muovono più di 150 persone. Quelle che, mesi fa, parteciparono ad una rissa tra italiani ed extracomunitari in via Nizza, davanti alla stazione. Le saracinesche dei negozi chiuse sono assai di più di quelle aperte, ma non si tratta solo dell'effetto-ferie. «Continuano a chiudere, uno dopo l'altro». L'ultima vittima è la pizzeria «Posillipo», quasi all'angolo con Porta Nuova. La merciaia Fortunata Piperno, 78 anni, la cui famiglia «gestisce questo negozio da cento anni» sorride, e dice: «Io resisto, di qui non me ne vado di certo. Il quartiere ha una grossa parte sana, di gente che lavora e vive qui da sempre. Ma cose come quelle degli ultimi anni, non le avevo mai viste». La panettiera confessa che sta pensando di andarsene, la proprietaria di un alloggio dice che non riesce ad affittarlo da un anno («Si fanno vivi solo neri, e io vorrei un mquilino italiano»), e persino il titolare del Sexy shop di via Berthollet si lamenta: «Per il genere che vendo io, non c'è speranza: da sempre, la gente del quartiere non viene, si vergogna. Una volta, però, arrivavano quelli delle altre zone. Ora, da fuori, non si fa vivo più nessuno». Il quartiere denuncia gli stessi guai che lamentava tre o quattro anni fa. Prezzi degli immobili a picco, speculazioni, spaccio continuo alla luce del sole. Eppure, molte co¬ se stanno piano piano cambiando. C'erano meno saracinesche abbassate, e le «pattuglie» di cittadini anti -crimine non s'erano mai viste, prima di quest'inverno. La chiesa di don Gallo, il sacerdote di Largo Saluzzo che per primo denunciò la «voglia di spranghe», con l'andare dei mesi sembra lentamente svuotarsi di fedeli. Il motivo? Quelli degli striscioni lo dicono senza eufemismi: «Abbiamo finito le scorte della solidarietà. Da tanto tempo, ormai». Giovanna Favro «Qui ormai sono esaurite le scorte di solidarietà Ma abbiamo scelto una denuncia che non fa rumore» Le scritte che campeggiano a San Salvario: una forma di lotta senza eguali nelle grandi città Soltanto alcuni striscioni sono stati rimossi: in particolari quelli che comprendevano offese per il sindaco Castellani I promotori dell'iniziativa rischiano al massimo una multa: «Ben poca cosa in confronto al messaggio che vogliamo inviare»

Persone citate: Castellani I, Francesco Picciotto, Gallo, Giovanna Favro, Giuseppe Cavallo, Giuseppe Musicò, Largo Saluzzo, Picciotto, Piperno

Luoghi citati: Posillipo