Padre Po, burlone e favoloso

Padre Po, burlone e favoloso Due ricercatori hanno raccolto le leggende legate al fiume: da Ovidio a Bacchelli, un grande ispiratore per la letteratura Padre Po, burlone e favoloso In navigazione fra streghe, fantasmi e santi 7*11 comincia con le metaLi mortosi narrate da Ovidio, % e si finisce con la storia vai 1 gamente consolatoria di a£luna campana che suona ancora, certe notti nel Delta del Po, per ricordare che «il supplizio del ricco è quello di non potersi vantare della propria ricchezza». Mitiche, simboliche, favolose e moralistiche, le fiabe che si raccontano lungo il corso del fiume sono state raccolte in un libro di Marta Raffinetti e Giovanni Maggi {Il fantastico Po, Todaro editore, Lugano) che, tra i molti meriti, ha quello di presentarcele in ordine geografico: i due autori hanno costruito tra ricerche in biblioteca e testimonianze orali un vero e proprio viaggio sul grande fiume, dalle sorgenti al Delta, scandito tappa per tappa dalle leggende locali. Certo, quelle sull'origine mitica dell'antico Eridano, nato per dissetare Giove e soprattutto divenuto la tomba di Fetonte, il giovane che aveva preso le redini del carro del sole e guidando spericolatamente stava incendiando la terra, sono alte e sublimi, avvolte nella loro classicità. Ma non va dimenticato che c'è una vaga ironia anche nelle Metamorfosi di Ovidio: il momento più tragico della vicenda, quando Giove si decide ad abbattere con la folgore il giovane auriga spericolato, sembra celare un vago compiacimento retorico, almeno per la precisione di quel fulmine scagliato dal padre degli dèi che lo sbalzò «pariterque animaque rotisque», ovvero «dal cocchio e dalla vita». La stessa - leggera, leggerissima - ironia circola tra le leggende popolari e meno antiche, come se in fondo la gente del Po sapesse che il fiume è come la vita, tragicamente burlone. Il fiume, anzi, è la vita. Dà e prende. Il Po può donare un pesce miracoloso, come quello il cui scheletro è ancora conservato nell'abbazia di Staffarda, che dopo un'inondazione sfama i monaci per tre mesi, dando il tempo alla terra di fruttificare di nuovo. Miracoloso, d'accordo, ma i monaci erano anche piccini e magrolini, e abituati al digiuno, aggiunge maliziosa la leggenda. Il Po offre la salvezza, ma facendosela pagare: come si narra intorno a Villafranca, quando per sottrarlo ai Lanzichenecchi i cittadini seppellirono nel fiume il loro tesoro. Un misterioso personaggio, angelo o fantasma, finse di svelare il nascondiglio e attirò la soldataglia tra le acque, dove tutti perirono. Il tesoro, però, lo stanno cercando ancora adesso, a riprova del fatto che non si può aver tutto. Il Po propone infine lezioni di saggezza, per esempio attraverso un luccio parlante come quello di Monticelli d'Ongina, in Emilia, ma solo perché i pescatori non si facciano eccessive illusioni. Sa essere, a suo modo, scherzoso. Scherzoso e terribile: perché se nei boschi intorno ci sono gnomi e folletti anche simpatici (ed eroticamente imbarazzanti) come il «Mazapegul» eternamente innamorato che si infila nei letti emiliani senza badare al sesso del dormiente, le acque del grande fiume parlano soprattutto della vita e della morte, con la voce profonda di uno snodo con l'aldilà. In molte leggende sono le streghe a poterle varcare, streghe traghettatrici e barcaiole che in un caso usano persino la classica scopa. In altre sono le anime dei defunti a farsi sentire, di tanto in tanto, da sotto il pelo dell'acqua, ma sono defunti che dalla vita non hanno avuto nulla. Ed è interessante notare che la navigazione per leggende racconta di per se stessa una vicenda non solo geografica: hi Piemonte le favole tramandate hanno una maggiore patina storica, riguardano monaci, potenti o santi, sono per lo più storia e agiografia romanzata. Poi, arrivati in Lombardia e in Emilia, il favoloso sembra prendere il sopravvento. A Piacenza si racconta di una banda di saraceni trasformati in pioppi da angeli guerrieri, di streghe della burrasca e di un mostro del fiume affrontati da una sorta di San Giorgio contadino ma con una curiosa inversione: legate a riva, per attirare la terribile creatura, ci sono le streghe stesse e non l'abituale fanciulla innocente. E procedendo oltre si trova il folletto sensuale ma anche il rospo Bargniff, tronfio come si conviene a un suo pari, e smontabile con un semplice spillo. Si cercano città sepolte sotto la melma del fondale, come a Ostiglia, o pepite d'oro e talismani perduti. In alcuni casi (abbiamo citato la sfida con il mostro del fiume) le leggende ripropongono motivi tipici della affabulazione medieva- le, come quello della sposa vessata per provare il suo amore: subisce le crudeltà peggiori e alla fine vede inaspettatamente premiata la sua abnegazione proprio da quell'orribile marito che lei, inutile dirlo, continua a adorare. Ma la gran maggioranza delle storie pazientemente scavate dai due autori narrano in realtà una poetica saga popolare: la vita sul fiume tra alluvioni e ritorni di benessere, il legame profondo tra una popolazione e il proprio ambiente, la cultura dell'acqua. Giovanni Maggi (che di mestiere fa il giornalista, e dirige La sentinella del Canavese) ci racconta che nelle ricerche condotte con Marta Raffinetti una cosa li ha particolarmente colpiti: il legame profondo, soprattutto nel tratto emiliano, tra la gente e il Po, il rapporto strettissimo di amore e timore. E' quello del resto che ha nutrito una corrente non irrilevante della nostra letteratura, da Bacchelli a Gianni Celati, ma che tuttavia va molto al di là della riflessione «colta», diventa un vero orizzonte di vita, una forma intima di cultura resistente a ogni «modernizzazione». Perché il Po continua a produrre leggende, magari ambientandole in catapecchie visitate dalla violenza durante la guerra partigiana, o anche articolandole senza il «c'era una volta», sostituito da un «qualche anno fa», che significa «sempre». E perché le antiche traghettatrici, streghe malvagie o ravvedute, «donne dei segni» o fate benevole, non vogliono saperne di andare in pensione. Nelle notti di luna, o di nebbia fitta, continuano a lavorare indefessamente. Mario Baudino Una banda di saraceni trasformati in pioppi, il rospo smontabile e ilfolletto erotomane Storie di lucci parlanti, di città perdute e tesori sepolti sotto la melma del fondale Un'immagine del Po nei pressi del delta: noto ai latini come Eridano, secondo il mito il fiume sarebbe nato per dissetare Giove

Persone citate: Bacchelli, Eridano, Gianni Celati, Giovanni Maggi, Mario Baudino, Marta Raffinetti, Todaro

Luoghi citati: Emilia, Lombardia, Lugano, Ostiglia, Piacenza, Piemonte, Villafranca