LE REGOLE DEL SESSO di Gianni Vattimo

LE REGOLE DEL SESSO LE REGOLE DEL SESSO zioni che si ripetono spesso, e che sconfinano sul terreno delle preferenze morali, le quali possono ispirare la legge dello Stato solo se non ledono la regola democratica della maggioranza e l'inseparabile diritto alla libertà di coscienza per le minoranze. Quindi, è improprio, e pericoloso proprio per la laicità dello Stato e il rispetto delle coscienze, addurre tra i motivi della lotta alla prostituzione anche l'esigenza di «educare finalmente i maschi italiani» a comportamenti civili (come non sarebbe il fatto di cercare la compagnia di prostitute o prostituti). Una tale motivazione sembra talvolta eccheggiare persino nelle dichiarazioni di politici, uomini e donne, di sinistra, e va stigmatizzata non meno dell'idea (don Benzi e altri) che lo Stato debba impegnarsi in un'azione di «redenzione» delle prostitute e dei prostituti. Parlare qui di redenzione significa pretendere che il sesto comandamento diventi ipso facto legge dello Stato; a meno che don Benzi non precisi in che limiti secondo lui lo Stato dovrebbe permettere la fornicazione, cioè l'uso del sesso fuori dai sacrosanti vincoli del matrimonio. Se si tolgono le troppe e improprie motivazioni moralistiche, il problema si riduce (solo nel senso che si riporta) alle buone ragioni elencate sopra. Aggiungendo, magari, l'obbligo, per chi esercita questo mestiere, di pagare le tasse. Ebbene, non ci vergogniamo di dire che anche a questo bisognerà arrivare (tra l'altro, con indiscutibili vantaggi per le casse dello Stato). Sappiamo tutti che in civilissimi Paesi della Comunità Europea questo genere di servizi sono spesso offerti da istituti di massaggi che rilasciano regolari ricevute e accettano anche le principali carte di credito. Può ben darsi che le cooperative di cui si è spesso parlato non risolvano del tutto il problema. Contro gli sfruttatori, occorrerà che lo Stato le difenda attivamente, come dovrebbe fare e troppo spesso non fa nel caso di altre imprese taglieg¬ giate dalle mafie. Ovviamente, ciò vorrebbe dire «legalizzare» la prostituzione - come hanno gridato scandalizzati preti e moralisti in questi giorni. Non si tratta di rimangiarsi i propositi di emancipazione che ispirarono la legge Merlin. Si tratta solo di prendere atto che la società civile (così la si deve chiamare) sviluppa anche questo tipo di scambi, che per non essere abbandonati all'illegalità devono venire in qualche modo regolati dalla legge. All'idea delle cooperative di prostitute e/o prostituti se ne possono affiancare altre; per esempio la pubblicità sui giornali, con numeri di telefono e sobrie descrizioni delle prestazioni promesse: grandi giornali di tutto il mondo ospitano tra i loro annunci lunghi elenchi di «massaggiatrici» e «massaggiatori» che non sono davvero tali. Ma che fare con i tanti immigrati clandestini, donne e uomini, che oggi rappresentano la massima percentuale delle persone dedite alla prostituzione? E' fin troppo ovvio che qui il problema è quello ben più vasto dell'immigrazione clandestina. La proposta della ministra Turco di concedere un permesso di soggiorno (pare di un anno) a coloro che decidono di «uscire dal giro» suona alquanto ambigua. Vuol dire che devono cambiare mestiere, o solo che devono denunciare i loro sfruttatori? Nel primo caso, a parte le difficoltà di trovare effettivamente un lavoro diverso, lo Stato si fa di nuovo, pericolosamente, redentore. Il permesso di soggiorno dovrebbe permettere loro solo di decidere se vogliono dedicarsi ad attività diverse o se preferiscono continuare a prostituirsi. Con l'inevitabile - anche questo da studiare, senza falsi pudori o battutacce da caserma - corollario del pagamento delle tasse e della «legalizzazione». Come in tanti altri casi - la droga, anzitutto - anche qui un primo passo verso la limitazione dei danni è quello di ridurre l'area delle proibizioni che si sono manifestate inutili o addirittura controproducenti. Un gesto di coraggio morale che proprio il moralismo, talvolta benintenzionato ma più spesso ipocrita, ci impedisce ancora di compiere. Gianni Vattimo

Persone citate: Merlin