«La Nazionale è una squadra pulita»

«La Nazionale è una squadra pulita» Ma l'inchiesta sull'uso di prodotti proibiti va avanti: nel mirino il settore dilettanti «La Nazionale è una squadra pulita» Igiudici di Bologna: mai assunte sostanze dopanti BOLOGNA. La nazionale di calcio è «pulita». Almeno per quanto riguarda l'inchiesta della procura di Bologna. A scagionare i calciatori azzurri dai sospetti sull'uso di doping sono stati, con una dichiarazione ufficiale, il procuratore aggiunto Luigi Persico e il pm Giovanni Spinosa, titolare dell'inchiesta su farmaci pericolosi somministrati ad atleti di diverse discipline sportive. «Non esiste ragione per ritenere che la nazionale di calcio abbia assunto qualsiasi sostanza dopante», hanno detto i magistrati per sgombrare il campo da illazioni. Per nulla stupito della decisione dei giudici bolognesi è Franco Baresi, capitano della nazionale fino ai mondiali americani del '94, oggi vicepresidente del Milan: «Era ampiamente prevedibile, in nazionale non ho mai visto niente di più di semplici vitamine, e ritengo che sia sempre stato così». Una boccata d'aria fresca in questa calda estate, aperta prima dallo scandalo Epo al Tour poi dalle accuse di Zeman e dalle inchieste avviate, a ruota, dalla procura di Torino e dalla Procura antidoping di Roma. A Bologna le indagini erano cominciate più di un anno fa, con un'accelerazione prima di Ferragosto in seguito a una fuga di notizie che rischiava di vanificare il lavoro avviato dal sostituto Spinosa e dai suoi collaboratori. E anche la precisazione sulla «innocenza» degli Azzurri del pallone arriva dopo un servizio del settimanale L'Espresso in cui viene riportata, tra virgolette, una conversazione telefonica tra il medico della Nazionale, Paolo Zeppilli, e il farmacista Massimo Guandalini, socio della Farmacia dei Giardini Margherita di Bologna, al centro dell'inchiesta. Una telefonata «quasi in codice», con frasi equivoche («mandami quella roba, ma sì, quel preparato», avrebbe detto Zeppilli, «ma non così forte, ci sono alcuni che non sopportano quei miscugli»). A quanto si è saputo a Bologna, la conversazione sarebbe avvenuta, ma il testo riportato dal settimanale non sarebbe fedele. Lo stesso medico delia nazionale, interpellato dall'agenzia Ansa, ieri ha confermato che «si trattava di un ordinativo di ferro e vitamine per giocatori che avevano finito il loro quantitativo e che li prendevano abitualmente nei loro club. Le frasi attribuitemi nel servizio del settimanale sono false e mi riservo di tutelare in ogni sede la mia immagine professionale». Sul contenuto della telefonata, Zeppilli si è limitato a dire di non poter riferire «i termini e le parole precise, per rispetto del magistrato che mi ha chiesto di non rivelarli». In ogni caso, quel dialogo tra il medico degli Azzurri e il farmacista di Bologna fu intercettato: avvenne nell'autunno scorso, quando la nazio¬ nale era a Roma per preparare lo spareggio con la Russia per l'accesso ai mondiali di Francia. Proprio in seguito a quella intercettazione, magistratura e Nas cercarono di bloccare un pacco partito dalla farmacia dei Giardini Margherita e diretto alla squadra, per verificarne il contenuto, ma non vi riuscirono. Nacque il «giallo del pacco» che ha causato i sospetti sulle sostanze usate dai calciatori. Ed è stato proprio Zeppilli a risolverlo, lunedì a Bologna, durante la sua audizione davanti al pm Spinosa in qualità di persona informata sui fatti: il misterioso plico conteneva, appunto, soltanto ferro e vitamine. Sostanze innocue, e per giunta tutto era stato prepara¬ to con regolare ricetta: circostanza che dovrebbe fugare i dubbi. Ma all'attenzione della procura bolognese ci sono altre ricette e altri pacchi che, invece, suscitano dubbi. Ad esempio quando gli uomini dei Nas intercettarono un involucro che conteneva integratori destinati a un giocatore di una squadra dilettantistica di calcio: in quel caso gli investigatori hanno scoperto che la ricetta venne fatta posteriormente. Il sospetto è che sia stato un modo per «pararsi le spalle», visto che per quei preparati era necessaria la prescrizione medica. Una circostanza che potrebbe chiarire anche le ricette per l'Epo con intestazione in bianco trovate a casa del farmacista Guandalini durante la perquisizione di una decina di giorni fa. Gli inquirenti si interrogano sulla possibilità che potessero servire, appunto, per giustificare acquisti «azzardati». Una pratica diffusa, si pensa, soprattutto tra i dilettanti, anche giovanissimi, meno soggetti ai controlli anti-doping. Ed è proprio su questo mondo, più che su atleti azzurri, che si concentra l'inchiesta di Spinosa, ribattezzato «il giudice ciclista» per le sue performance sulle due ruote (è stato anche campione nazionale di categoria): l'uomo adatto a indagare sui farmaci dannosi alla salute degli sportivi. Roberta Castellano