Dr Clinton e Mr Bill, due Presidenti in uno di Gabriele Romagnoli

Dr Clinton e Mr Bill, due Presidenti in uno Dalla Sala delle Mappe chiede scusa al Paese e dall'Ufficio Ovale sferza il terrorismo mondiale Dr Clinton e Mr Bill, due Presidenti in uno Tra amori e guerre: crisi d'immagine alla Casa Bianca NEW YORK DAL NOSTRO INVIATO Il punto è che mercoledì all'ora di pranzo, quando le televisioni hanno annunciato una comunicazione straordinaria del presidente Clinton e lui è apparso per dire che aveva dato ordine di bombardare in due Paesi lontani, assumendosi una tragica responsabilità, tutti abbiamo guardato la cravatta. Prendevamo nota della svolta nella risposta americana al terrorismo e ci chiedevamo se quella striscia di stoffa rossa e dorata, così simile all'altra, blu e dorata, indossata qualche giorno prima, mentre Monica Lewinsky deponeva, fosse un altro regalo della sua «non appropriata» amante, un altro presunto segnale in codice inviatole in contemporanea con la sua seconda testimonianza. Il punto è, allora, che quest'uomo, «Doctor Clinton e Mister Bill», come è stato opportunamente ribattezzato, ha reso la propria doppia identità (e il conseguente diverso livello di comportamento) una costante della sua persona. Parla dei suoi amorazzi e pensi: «Ma questo è il Presidente!»; dichiara una specie di guerra e ti chiedi: «Si può rischiare la vita agli ordini di uno che rischia la presidenza per cinque secondi di sollievo?». Continua a girare su se stesso, cambiare abiti ed espressioni come un Fregoli in fregola al potere, ma da ogni immagine traluce ormai il travestimento, l'ombra di quello che era prima, appena quaranta ore prima. L'uomo visto ieri nella doppia apparizione, prima a Marthà's Vineyard, poi alla Casa Bianca, era Doctor Clinton, di più: il perfetto, inappuntabile e amato President Clinton. Serio, con la voce un po' rotta, patriottico, consapevole del suo ruolo e delle responsabilità che andava assumendosi: reganiano nelle scelte, kennediano nel modo di esporle, il perfetto mix presidenziale desiderato dal popolo americano, senza neppure l'incidente della Baia dei Porci a sporcargli il vestito. Il lavoro degli sceneggiatori;, e scenografi che accompagnano le sue esibizioni è stato assai più preciso dei missili inviati in Afghanistan. «Doctor Clinton», a differenza di lunedì, ha parlato dall'Ovai Office della Casa Bianca. Anche lì, nessuno ha potuto fare a meno di pensare che proprio in quel posto... due anni fa... Monica... ma l'Ovai Office è «il» luogo ufficiale e familiare per il popolo che si attènde le comunicazioni presidenziali, molto più .della inedita Map Room da cui, appena lunedì scorso, aveva parlato «Mister Bill». Alle sue spalle, quelle del comandante in capo delle forze armate, c'erano due bandiere, alla sua destra meda¬ glie provenienti da basi americane all'estero. Lunedì sera, alle spalle del marito in cerca di riabilitazione, c'era un vaso di fiori dalle tinte stucchevoli i cui petali incoronavano JLa capigliatura dell'uomo che evitava di cospargersi il capo di cenere. La luce, mercoledì, era bianca e fredda. Lunedì, rosea e calda. «Doctor Clinton» era alla sua scrivania a spiegare come intende regolare i conti con chi minaccia la sicurezza della sua gente, ovunque nel mondo. «Mister Bill» era finito nella stanza sbagliata, spintoci dentro a forza per spiegare cosa aveva combinato nell'altra camera, mentre noi non guardavamo. Lunedì era un uomo ferito, mercoledì uno che ha ritrovato l'orgoglio. All'inizio della settimana non aveva avuto la forza di invocare la benedizione di Dio, alla fine del discorso (pur avendolo nominato invano verso la metà); due giorni fa gli ha chiesto, sentendosi legittimato a farlo, di benedire il suo popolo e la sua nazione (chiusa ben più alta del «buona notte» con cui rijuelee Bill» si era congedalo). C'è, in questo continuo valzer con se stesso del Presidente, il ritmo di un sabba che il pubblico americano sembra apprezzare e che con¬ fonde l'osservatore esterno. Bill Clinton uno e bino è una realtà irrinunciabile, ma anche imbarazzante. Tutta la sua vita è stata preludio a questo disvelamento. Chiunque l'abbia conosciuto bene, come il senatore McHale, unico democratico ad averne chieste le dimissioni, lo descrive come di uomo di «eccezionali doti e altrettanto straordinarie magagne». Un patto con il diavolo e con Hillary Rodham, gli ha consentito di creare un equilibrio tra le une e le altre e camminarci su, fino alla vetta. Fino a lunedì scorso, tuttavia, questo doppio livello non era ufficiale. Quella sera «Mister Bill» ha debuttato in pubblico e la sua maschera contrita e arrabbiata è rimasta sul fondo dello schermo, pronta a calarsi, in trasparenza, su ogni futuro Doctor Clinton. Di più, lunedì scorso Bill Clinton uno e bino ha definitivamente rotto il patto di fiducia che lo lega al suo popolo. Che un Presidente menta, per la ragion di Stato o «per non creare imbarazzo a se stesso e alla sua famiglia», è noto. Che lo ammetta pubblicamente, perché colto in fallo sul vestito, non era mai successo. Venendoci ora a dire che esistevano le prove della colpevolezza di Osama bin Laden, che gli obiettivi colpiti sono sicuramente terroristici, che ieri, se non fosse stato attuato il blitz, in quei luoghi ci sarebbe stato un summit di assassini, ci lascia perplessi. Potrebbe essere la verità o potrebbe essere che, come già in un recente passato, le sue parole ci stiano dando una «impressione errata». Bisognerebbe poter credere, poiché ci sono vite di mezzo, che la riaposta degli Stati Uniti al terrorismo e la scelta del momento per darla sono state «appropriate». E avere, per questo, la garanzia di un'unica persona. Gabriele Romagnoli

Luoghi citati: Afghanistan, Stati Uniti