La vendetta di Khartoum di Ibrahim Refat
La vendetta di Khartoum La vendetta di Khartoum Saccheggiata l'ambasciata Usa KARTHOUM. «Non abbandoneremo mai la linea islamica», ha giurato ieri in un infuocato discorso televisivo il presidente sudanese Omar Hassan Al-Bashir. Il bombardamento americano della fabbrica di medicinali non sembra aver scalfito la resistenza del regime integralista. Anzi, la giunta clerico-militare al potere a Karthoum lancia una nuova sfida all'America. Chiusura dello spazio aereo a tutti i voli statunitensi, richiamo in patria dei pochi funzionari rimasti nella missione diplomatica sudanese a Washington (i due Paesi non hanno relazioni diplomatiche), ricorso alle Nazioni Unite per verificare le accuse di Clinton riguardo alle attività illecite celate dietro la fabbrica di Al-Shefa Farmaceutical Corporation, rasa al suolo dai missili americani. Queste sono alcune delle deliberazioni del Consiglio nazionale della Difesa riunito d'urgenza nella notte dopo il raid. E' la risposta politica all'atto «criminale» compiuto dagli Stati Uniti. Intanto una folla inferocita prendeva d'assalto la sede dell'amba¬ sciata americana al grido «A morte l'America», «Guerra agli Stati Uniti», «Allah akbar, Dio è grande». Impassibili le guardie sudanesi di presidio all'edificio, una villetta deserta da un anno, da quando gli americani hanno rotto i ponti con Karthoum. Non hanno alzato nemmeno un dito contro la calca e la missione diplomatica in pochi minuti era stata saccheggiata e devastata. Poi la furia degli assalitori s'è placata soltanto con il rito dell'incendio della bandiera a stella e strisce che si è compiuto sotto i riflettori della televisione sudanese la quale aveva trasmesso tutto in diretta. Le telecamere alternavano queste scene d'odio con quelle delle squadre di soccorso al lavoro tra le macerie della fabbrica Al-Shefa. Resta soltanto lo scheletro di questa fabbrica che i sudanesi dicono di appartenere ad un privato. I feriti estratti dai detriti sono undici. Fortuna che l'edificio era deserto perché era giovedì sera; altrimenti sarebbe stata una tragedia di proporzioni ben maggiori. Ma il gover- natore di Karthoum dichiarerà più tardi che mancano ancora all'appello ben 300 persone. La fabbrica, infatti, è situata in un quartiere popolare affollato, nella parte settentrionale della capitale. Cosa produceva esattamente? Per il governo sudanese soltanto dei medicinali, per quello americano e per l'opposizione sudanese gas nervino che poi veniva utilizzato contro i guerriglieri separatisti nel Sudan meridionale. C'è però un particolare importante: Al-Shefa era di proprietà di Osama bin Laden, il miliardario saudita, la men¬ te dietro gli attentati di Nairobi e Dar es Saalam. «Dietro il proprietario attuale, Salah Iddris, un sudanese con passaporto saudita, si nasconde bin Laden che tra l'altro ha tanti altri investimenti in Sudan», assicura al Cairo, Farouk Ahmed Adam, portavoce dell'Alleanza nazionale democratica (And), il Fronte antifondamentalista cui aderiscono tutti i partiti dell'opposizione. Che Al-Shefa produca gas nervino è un'accusa di vecchia data lanciata dall'opposizione. La novità, invece, è che appartenga al miliardario saudita rifugiato in Afghanistan e i cui campi di addestramento di mujaheddin sono stati anch'essi duramente colpiti dai missili americani. Il che significa che il Pentagono voleva prendere due piccioni con una fava. Adesso il regime del generale Al-Bashir, pur brandendo la scimitarra dell'islam, nega di averlo mai conosciuto e frequentato. «Bin Laden, chi è costui?», ha esclamato ieri Ghazi Salali Eddin, il ministro delle Informazioni. Eppure Karthoum fu l'ultimo rifugio di bin Laden fino al 1994, prima dell'Afghanistan. E Karthoum sfida Clinton a fornire prove inequivocabui sulla conversione di quella fabbrica colpita per fini abbietti. «Deve dimostrarlo davanti all'Orni», insiste il ministro delle Informazioni. Ibrahim Refat La fabbrica distrutta aveva un contratto con l'Onu, secondo l'opposizione è di Bin Laden Sopra, la fabbrica distrutta dai missili Usa a Khartoum A sinistra, un ferito durante l'attacco
Persone citate: Bin Laden, Clinton, Farouk Ahmed Adam, Omar Hassan, Osama Bin Laden, Salah Iddris
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