Diana, i pellegrini dell'ultimo viaggio

Diana, i pellegrini dell'ultimo viaggio Parigi, inaugurato il tour che per 45 mila lire ripercorre il tragitto dell'incidente Diana, i pellegrini dell'ultimo viaggio Turisti in lacrime dal Ritz al tunnel dell'Alma SULLE ORME DI LADY D PARIGI DAL NOSTRO INVIATO «Ma la Mercedes non era nera?». Sì, ma aveva i freni guasti e l'autista ubriaco. Quella su cui salgono Florence Mercier, 30 anni, tecnico informatico a Quimper, Bretagna, e Lola Santander, 38 anni, insegnante di francese a Madrid, per inseguire un anno dopo le orme di Diana, è grigio antracite, ma fresca di revisione e con chauffeur in doppio petto blu e soprattutto astemio. Per ripetere, a velocità moderata, l'ultimo viaggio di Diana e Dodi, si sono prenotati turisti e giornalisti in egual numero. Davanti all'hotel Odèon ci sono troupe giapponesi, belghe, spagnole, tedesche, e ovviamente inglesi e francesi. Eravamo molti di meno, quella notte del 31 agosto, nell'atrio dell'ospedale della Pitié-Salpètrière, ad attendere che il ministro dell'Interno Jean-Pierre Chevénement, pallido e sfatto, annunciasse la notizia che tutti avevano intuito. Si rincuora il direttore dell'albergo, Emile Cacciari, costretto in un primo tempo a sospendere la sua iniziativa per eccesso di polemiche e penuria di richieste («colpa dei reporter che spaventano i clienti»). Da oggi si parte. Con Florence e Lola sale il corrispondente della «Foiha de San Paulo», Rodrigo Amarai: il rapporto di 1 a 1 tra giornalisti e turisti è rispettato. I primi pellegrini di lady Dhanno a disposizione un'altra Mercedes (blu) e tre minibus, inseguiti dalla teoria di taxi dei cronisti. L'ultimo viaggio di Diana costa 150 franchi, 45 mila lire, compreso il percorso (facoltativo) dal tunnel dell'Alma all'ospedale, sulle tracce non più della Mercedes guidata da Henri Paul ma dell'ambulanza. Prima tappa, place Venderne, hotel Ritz. Uova strapazzate con fungili prataioli, piinte di asparagi e lardo croccante, treccia di sogliola al curry, champagne Bcllinger «Grande Année» 1988: alla professoressa di Madrid non sarebbe bastato lo stipendio di due settimane per pagare il conto dell'ultima cena di Diana e Dodi. Che a lui, figlio del proprietario, era costata una stretta di mano allo chef Guy Legay. «Quanto viene una stanza?», chiede Lola, che è vestita, certo casualmente, come quella sera la principessa, pantaloni bianchi, maglietta e giacca blu. La suite sul giardino interno, dove i due amanti avevano passato la loro prima notte, all'inizio di luglio, 11.600 franchi, 3 milioni e mezzo di lire (ma la suite Prestige, dove avrebbero dormito il 31 agosto se Dodi non avesse voluto spostarsi nell'appartamento del XVI arrondissement, costa il triplo). L'insegnante è seccata, non le va di passare per voyeuse. «Ieri sono stata alla Conciergerie, a vedere le stanze abitate da Maria Antonietta prima di salire sulla ghigliottina. E nessuno mi ha considerata una guardona. Quello era un dramma del '700, questo di lady D è un dramma moderno». La Mercedes di al Fayed era schizzata via stridendo, da quest'uscita laterale su rue Cambon. Il nostro corteo avanza a passo d'uomo, cinture di sicurezza allacciate, contrariamente a quelle di Diana e Dodi. Qui, all'angolo con la rue de Rivoh, la muta dei paparazzi si è messa in caccia, chi in moto, chi in auto. Henri Paul li aveva sfidati: prendetemi, se ci riuscite. I semafori di place de la Concorde, bruciati a 100 chilometri l'ora. Il cours la Reine, imboccato ai 120. Al tunnel sotto il ponte Alexandre III, Flaurence ha già le lacrime agli occhi. Lo chauffeur la conforta: non è questo, ma il prossimo. All'uscita, la Mercedes della principessa aveva un buon vantaggio sugli inseguitori. Poi di nuovo giù, stavolta sotto il ponte dell'Alma. Sarà stata questa curva traditrice verso sinistra, o il lampo di un autovelox prontamente rimosso, o la Uno che per qualche folle mese gli inquirenti hanno cercato tra i garage e le fatture dei carrozzieri di tutta Francia. Saranno stati gli agenti dei servizi segreti britannici, come sospettano Lola e i tabloid di Londra, e tutti coloro che non si rassegnano all'idea che la Rosa d'Inghilterra sia stata recisa da un banale incidente del sabato sera, un autista pieno di alcol e antidepressivi e una Mercedes lanciata a 195 l'ora. «Siamo già a passo d'uomo. Non posso fermarmi». Lo chauffeur delude Flaurence, lo sguardo fisso alla colonna di cemento che più d'un giornale chiamò «pilone 13», come se qualcuno si fosse mai sognato di numerare i piloni di un tunnel. Cancellate le (brevi) tracce della frenata, rimosse le impronte dello schianto, sulla colonna non restano che il graffito di ima croce e una scritta, «Diana», in caratteri greci. Usciti dal sottopassaggio si sale all'imbocco del ponte. Una fiamma di metallo dorato, riproduzione di mi frammento della Statua della Libertà, deposto nell'87 come segno dell'amicizia tra Francia e America, è diventata per tutti il cenotafio di uniscono a decine di altri arriva Diana. Qui i pellegrini del tour si uniscono a decine di altri arrivati con mezzi propri. Ovunque foto della principessa con i figli, con Dodi, in chador, incoronata, a fianco di un'immagine della Madonna. Fiori, candele di cera ormai fusa, pettini, tessere del Ferrali club di Modena, messaggi in arabo, mandarino, swahili, polacco, hindu. Nella babele dei foglietti, delle cartoline, delle pergamene, distinguiamo: «Sarai sempre la nostra principessa preferita», firmato: tre coppie di Montevarchi. Da Ornella, Roberta e Dany «un gl'osso bacione da Novara». Jessica da Foggia: «Nell'alto dei cieli vi amerete in eterno». Paolo e Medina hanno attaccato con un cerotto un biglietto del metro: «Pregheremo per voi». Manuel di Lisbona traduce Blair: «Adieu princesa do povo». Versi da Marsiglia ricordano che non meritava di morire là sotto: «Sa vie s'est arrétée sous le pont. d'Alma/elle n'a pas mérité cela». Ma quale morte, quali lacrime? «Do not stand here and cry/I am not there, I did not die», firmato: Sarah da Kensington. Un'«anonima monarchica»: «Harry e William pleurent lemMère bien-amiée/sir Charles a perdu sa moitié». La sua metà? Teresa da Milano dissente e indica una nuova pista agli inquirenti: «L'incidente è solo colpa di Carlo. Abbasso lui e Camilla». Anche Lola ha un messaggio da posare: «In Spagna c'è chi ricorda te e la tua opera». Flaurence si commuove: «E questo sarebbe voyeurismo? Io la chiamo osmosi tra Diana e la gente che si riconosceva in lei, nel suo passaggio sereno e semplice nel mondo del potere e del denaro, e le voleva bene». L'insegnante e il tecnico sanno tutto dei duelli di questi giorni tra scrittori - Manuel Vàzquez Montalbàn che su «Le Monde» irride «Diana adultera, vergine e martire», il suo collega Gonzague Saint-Bris che attacca il sindaco Tiberi per non aver ancora ribattezzato «miai Princesse du Galles» la strada dell'incidente (come vorrebbero il 70% dei parigini) - e tra predicatori, che collocano Diana ora in paradiso, ora all'inferno. Una bambina italiana depone il biglietto che risolve ogni disputa teologica: «Credo che sarai un bellissimo angelo». Un ragazzino africano aggiunge: «Ndaku ya ba angelu na ye», e probabilmente è d'accordo con lei. Aldo Cazzullo Mercedes e autista, ma la velocità è ridotta Tappa facoltativa all'ospedale All'imbocco del ponte una sorta di monumento alla principessa Si lasciano foto e poesie ? :ì ' La principessa Diana in compagnia dell'amico Dodi al Fayed