Il Palazzo delle accuse incrociate

Il Palazzo delle accuse incrociate IL TRIBUNALE NEL MIRINO Il Palazzo delle accuse incrociate E un magistrato denuncia: temo per la mia vita Ln CAGLIARI m AVEVANO liberato tre mesi dopo, una notte di gennaio. Aveva bussato alla caserma dei carabinieri: «Sono Murgia, il sequestrato», aveva urlato disperato. «Chiami il '112', è tardi e non posso aprire», gli aveva risposto il piantone di guardia. Sequestro di serie B, l'avevano bollato. Mezzo miliardo di riscatto. Gianni Murgia, imprenditore di Dolianova, era stato portato via la sera del 20 ottobre di otto anni fa. Rapimento apparentemente destinato a finire negli archivi dell'Anonima. E allora perché l'altra mattina proprio delle indagini del sequestro Murgia s'è parlato a Palermo? Dietro una scrivania tre uomini del pool (Ingroia, Di Leo, Sava), dall'altra parte il giovane pm cagliaritano Paolo De Angelis, convocato ufficialmente per discutere di un esposto scattato dopo un'aggressione di Luigi Lombardini nel garage del Palazzo di Giustizia. Cosa è affiorato? Punto primo: agli uomini di Caselli mancavano alcuni tasselli per avere la controprova che Lombardini, l'ex giudice antisequestri, aveva messo mano a tutti gli ultimi rapimenti avvenuti in Sardegna da quando lui era finito in esilio alla procura della pretura. Murgia ha smentito secco: «Lombardini? Non si occupò del mio sequestro». Eppure quel nome è venuto a galla due volte al processo-bis contro basista e gruppo di prelievo. Quanto contano questi ultimi elementi nell'economia dell'inchiesta? E quanto peserà il ritrovamento di un modem utilizzato da Lombardini? Ma a Palermo si lavora ancora per mettere a fuoco un altro aspetto di questo giallo: gli esperti stanno decifrando una Usta di nomi. Chi sono? Politici, imprenditori, confidenti. Davvero il pool è arrivato vicino a quella «rete» che appoggiava Lombardini nelle sue indagini parallele? E da quando esisteva questo gruppo di supporter? Il caso-Lombardini s'intreccia e si srotola lungo un fondale di scontri, denunce, veleni. Alcuni archiviati, altri ancora in discussione. Il Palazzo di Giustizia di Cagliari da vent'anni è una pentola a pressione pronta a esplodere. Primo capitolo nell'81 : scoppia il «caso Manuella», un civilista scomparso. Finiscono in galera, accusati a vario titolo, tra cui omicidio, quattro avvocati. Allora Lombardini è a capo dell'Ufficio Istruzione. Sbucano i pentiti, e giù particolari. La storia si chiude con una limpida assoluzione. Ma la ferita già sanguina. Il palazzo si spacca: all'allora giudice istruttore Ferdinando Bova, oggi pm e amico del giudice suicida, vengono rimproverati comportamenti poco corretti. Il pm Enrico Altieri (attualmente in Cassazione), che aveva lavorato in tandem con Bova, finisce davanti al Csm. In appello l'accusa viene sostenuta dal sostituto procuratore generale Franco Melis. Assoluzione per gli avvocati. E proprio Melis, qualche anno dopo, finisce a capo della Procura del tribunale, prende il posto di Giuseppe Villasanta, da sempre amico di Lombardini e diventa, negli ultimi anni, uno dei suoi accusatori. A Palermo (competente per territorio), al ministero e al Csm c'è una vasta letteratura. Finiscono agli atti anche una raffica di esposti, arrivati quando Francesco Pintus pre senta la sua candidatura come prò curatore generale a Milano e Lom bardini quella a successore di Melis (posto assegnato all'ex giudice Carlo Piana). Poi scontri, discussioni più che animate: Lombardini contesta più volte la conduzione di inchieste delicate, la Direzione distrettuale antimafia - secondo lui metteva a rischio la vita degli ostaggi. Sulla Dda si rompe anche il fragile rapporto tra Pintus e Melis. Il primo, in occasione dell'anno giudiziario, dice di non poter offrire dati sull'attività della Direzione antimafia, perché il legislatore l'aveva scollegata dalla Procura. Melis si risente. Ma in realtà il clima è già pe¬ sante, pesantissimo. E le denunce non si fanno attendere. Comincia il pm di Sassari, Giancarlo Cau, contro Lombardini, lo accusa di concorso in abuso d'ufficio, interferenza a un'indagine su un titolo di sette miliardi. Viene tirato in ballo anche Pintus. Finisce in una bolla di sapone. Ma è solo una parentesi, se ne apre un'altra subito: esposto di Melis contro Lombardini, ancora interferenze, stavolta per il sequestro di Miria Furlanetto. Poi le denunce volano via come fuochi artificiali: il pm De Angelis chiama in causa Lombardini per l'inchiesta su un tentativo di corruzione di un sindacalista (aveva tenuto una presunta mazzetta, poi distribuita clamorosamente in piazza, in cassaforte). Sparano anche le batterie dell'altra contraerea: il pm Bova accusa il suo capo Franco Melis di abuso d'ufficio. E Lombardini segue l'offensiva con un esposto sui corsi per aspiranti uditori giudiziari, tenuti, secondo lui, da magistrati senza autorizzazione del Csm, e, aspetto ben più grave con pagamenti in nero. Una storia complicatissima cui, ieri, si è aggiunto l'ennesimo capitolo. Alberto Bilia, magistrato dell'ufficio di sorveglianza del tribunale di Cagliari e grande estimatore di Lombardini, secondo quanto reso noto dall'avvocato Carlo Taormina, ha dichiarato di «temere per la sua incolumità» e gli ha chiesto di intervenire presso polizia e magistratura. Pochi i dettagli della denuncia. Si sa del riferimento a «un intreccio di magistratura e polizia1 deviata e massoneria». Mauro Spignesi PALERMO «La procura si è comportata in modo corretto, formalmente e sostanzialmente e rispettosa delle regole, dei doveri deontologici e professionali» CAGLIARI «Il rispetto per Lombardini non esime chi ne abbia il dovere e la competenza istituzionale da proseguire nell'accertamento di vicende ancora non chiarite» gazione del procugenerale attribuitato di depressiodottor Lombardia serie di iniziatiuoi danni, messe da tempo da parte di i degli giudizia¬ concernenti altre persofine di ripristinare il comento degli uffici giudCagliari e senza che ciòterferenze, insinuazionzioni». Palese riferimenintanto annuncia un'alpa. Questa volta assiemFciate ia vita D'Alpetto ben più grave in nero. omplicatissima cui, nto l'ennesimo capiilia, magistrato delveglianza del tribu e grande estimatore secondo quanto revvocato Carlo Taorarato di «temere per tà» e gli ha chiesto di esso polizia e magi i dettagli della deel riferimento a «un agistratura e polizia1 oneria». Mauro Spignesi «Mai ddi pieROMA. «dubbi sull'operato lermo, cone la storiasimo D'Allenzio chedo si troplaudire adiffonder«di solidaselli, da luIn questoteso mancol'imdalmidstro Flickdi indagadi Cagliaricusa il Gutimare il Francescopoco incliinquisitoriri». Alfreddella giuslusconi, ine di FlicmiessforDle anche