«Guai in vista dalla Francia» di Alessandro Mondo

«Guai in vista dalla Francia» «Guai in vista dalla Francia» IIpericolo: la piena della Piccola Dora PIOVE furiosamente, e la montagna si sgretola come un biscotto: rilievi immutati a memoria d'uomo si deformano nel giro di qualche ora, a volte anche meno, migliaia di metri cubi di fango e sassi travolgono tutto quello che incontrano sulla loro strada. Gli smottamenti, le colate rovinose ci sono sempre stati - si obietterà -, la montagna non si è mai mostrata generosa con l'uomo. Ma la frequenza con cui i collassi si susseguono è un fenomeno nuovo da affrontare. «Alla fine contano solo la prevenzione e ii monitoraggio - commenta Domenico Tropeano, Consiglio nazionale delle ricerche -. Prendiamo la serie di ghiaioni fra Cesana e Claviere: il temporale li colpisce a caso e a caso possono muoversi. In molte zone bastano pochi millimetri di pioggia in poco tempo per creare un disastro. Le cause? Parecchie: l'accentuazione delle oscillazioni climatiche, la "maturazione" di terreni di copertura legati ad un ea^iilibrio che l'acqua può imprevedibilmente pregiudicare». Quando non sono le attività dell'uomo, unite alla perdita della memoria storica collettiva, a indispettire la montagna ferita e abbandonata. I cedimenti verificatesi domenica notte, invece, erano tutto sommato prevedibili. Almeno per l'esperto, che lancia altri avvertimenti: «Come dicevo, l'area è a rischio elevato. Gli scenari peggiori sono sostanzialmente due: in primavera, con molta neve, la valle rischia un'inondazione simile a quella che nel giugno del '57 provocò vari morti». Un'ipotesi, ma non troppo: «I movimenti geologici hanno tempi lunghissimi, talvolta si replicano a distanza di decemii. Dunque la zona potrebbe essere matura per un altro colpo». Secondo allarme: «Riguarda la Piccola Dora, di cui abbiamo risalito il corso. In territorio francese potrebbe prodursi una piena improvvisa: oltre Claviere, infatti, non esistono opere atte a contenere gli oltre 2 mila metri cubi di detriti accumulatisi negli anni. Lo so, toccherebbe ai francesi occuparsene, ma loro non lo fanno: le conseguenze sarebbero tutte nostre». Prevenzione e monitoraggio: parole-chiave suscettibili di interpretazioni diverse da paese a paese, le stesse che lunedì hanno spinto esperti giapponesi ad avventurarsi in alcune delle nostre valli per ima serie di sopralluoghi. L'obiettivo non era imparare, ma verificare, confrontare situazioni ed emergenze a cui loro rispondono in maniera diversa. Come? Affidandosi alla tecnologia, che nel caso specifico si traduce in una serie di sensori a ultrasuoni posizionati nelle aree critiche dopo uno studio accurato del territorio: non appena rilevano mia vibrazione, mi pur impercettibile fremito nel corpo roccioso o un'anomalia nel letto di un torrente, inviano automaticamente un segnale radio che attiva allarmi acustici ed ottici lungo le strade oppure attivano una linea telefonica collegata alle squadre di soccorso. Non è una garanzia definitiva, ma previa una manutenzione accurata aumentano sensibilmente il livello di sicurezza. E soprattutto, aggiunge Tropeano, «esistono imprese italiane capaci di installare questi apparecchi a prezzi concorrenziali». Quanto? «Dipende, parlerei di alcune decine di milioni». Altamente sofisticati, questi strumenti sono attivi da ima ventina d'anni all'estero: abbiamo citato il Giappone, ma anche Cina, Stati Uniti, le più vicine Austria e Svizzera li impiegano quotidianamente in prossimità di strade, ferrovie, centri abitati: «Ma da soli non basteranno mai. Ci vuole un salto culturale, ogni comunità va informata sui rischi che corre, sulle potenzialità distruttive delle aree che abita». E l'Italia? Indietro, come al solito: «In Piemonte esiste un progetto sperimentale. Si trova in Val Cenischia, vicino al bacino attrezzato del torrente Marderello. Quest'autunno piazzeremo per la prima volta un sensore sismico sulla strada provinciale per la Novalesa». Avanti piano, la sicurezza può attendere. Alessandro Mondo Domenico Tropeano del Cnr «A Claviere bastano pochi millimetri di pioggia per provocare un disastro»

Persone citate: Domenico Tropeano, Tropeano